Antitetico al suo rivale per eccellenza, l'immenso Dino Zoff, ha coniugato tra i pali stile e bellezza, stravolto canoni tradizionali, legato all'intervento delle mani quello coi piedi e spostato in avanti la posizione, spesso fino al dischetto del rigore. Un rivoluzionario anche nel liberare la figura del portiere dalla luttuosa divisa nera per indossare smaglianti maglie rosse (al Cagliari) e gialle (al Milan). Ma Ricky il ribelle e' stato, soprattutto, l'estremo difensore che con plasticita' svolazzava da un legno all'altro anche per grazia di un fisico slanciato e leggerissimo.
Dei veri e propri capolavori di acrobazia erano quei suoi stacchi di reni che, tra l'elevazione dal terreno e l'arco disegnato in sospensione dalla schiera, andavano a intercettare la sfera dove nessun altro collega sarebbe arrivato. Spettacoli d'artista regalava al pubblico Ricky, che Manlio Scopigno, al tempo del fortissimo Cagliari "scudettato" di Gigi Riva, Domenghini, Nene', Cera, lo scavo' nel fondo dell'anima fino a considerarlo un Platone.
A questo anarchico e straordinario James Dean dell'arte pedatoria anni sessanta-settanta e' stato dedicato, per la casa editrice Urbone Publishing, Ricky Albertosi: romanzo popolare di un portiere (Praga - Repubblica Ceca, pp.135, € 13,00), un volume con cui per la prima volta si presenta ai lettori il "Collettivo Soriano", schierato con lo scrittore Cosimo Argentina, il critico Massimo Raffaeli, l'ex-portiere del Cesena dalle sette vite Lamberto Boranga, i cronisti Massimiliano Castellani, Darwin Pastorin, Sergio Taccone, Emanuele Dotto e Furio Zara. Tutti bracconieri di "storie altre" dello sport, uniti inoltre da una sconfinata passione per la scrittura della "vedette" argentina Osvaldo Soriano (1943-1997).
Sarebbe qui superfluo aggiungere che la carriera di Albertosi e' stata costellata da grandi soddisfazioni, ma e' bene ricordare ancora una volta che gia' poco piu' che ventenne alla Fiorentina supero' il maestro Giuliano Sarti e conquisto' la maglia numero uno della nazionale, vinse una Coppa Italia e una Coppa Mitropa sempre con la Viola, due scudetti, il primo storico col Cagliari e l'altro a quarant'anni alla corte del Milan, partecipo' a quattro mondiali e mentre si preparava per il quinto (quello del 1978 in Argentina) venne chiamato da Enzo Bearzot che gli comunico' con qualche imbarazzo: "Ricky scusa, ma Zoff mi ha detto che se vieni tu come secondo non si sente tranquillo. Mi spiace". Chiudera' la carriera a 44 anni con l'Elpidiense in C/2 elargendo ancora acrobazie e spettacolo. Come in un Matera-Elpidiense del campionato 1982-83. 1-1 il risultato finale, ma per un telecronista lucano "la partita sarebbe dovuta finire 11-2 per i biancazzurri di casa". Il vecchio Ricky (sempre in maglia gialla) anche in quell'occasione fece il fenomeno e all'uscita dal campo gli applausi furono soltanto per lui, mentre un pugno di ragazzini lo accerchiava per strappagli l'autografo.
Una carriera da primo della classe in tutti i sensi che, purtroppo, si macchiera' una Domenica di Marzo del 1980, quando verra' prelevato dalle forze dell'ordine sulla tribuna di San Siro e accompagnato in questura. Il suo nome comparira' tra i tredici calciatori fermati per storie di partite truccate. Albertosi finira' a Regina Coeli dove, dira', "ho mangiato i migliori bucatini della mia vita, li aveva cucinati un compagno di cella". Verra' squalificato dal giudice sportivo per due anni, ma nel Dicembre del 1980 la giustizia riabilitera' tutti gli imputati per non aver commesso il fatto. La vicenda delle scommesse rimarra' una ferita aperta, dolorosa, un cruccio che lo sfrontato Ricky non e' riuscito ancora a scrollarsi.
La carriera e la vita di questa icona del nostro calcio sono un autentico romanzo popolare, narrate nelle pagine del "Collettivo Soriano" con slancio, calore umano e, persino, con un delizioso racconto di fantasia di Massimiliano Castellani, il quale immagina che quell'altro incallito scommettitore e viveur che fu Beppe Viola ritorni fra gli uomini per intervistare l'amico Ricky che si trova in un letto di ospedale a lottare tra la vita e la morte.
In realta' Albertosi in coma ci e' finito veramente quando aveva sessantaquattro anni, a causa di un infarto, ma poi si e' ripreso. In un'intervista ha detto che risvegliarsi dal coma e' stata la piu' bella parata della sua vita. E' volato dal legno della morte al legno della vita, soprattutto per la forza dell'amore che lo lega alla sua inseparabile Betty e ai nipoti.
Mimmo Mastrangelo

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Fonte: L'Anarchia Tra I Pali - Ricky Albertosi, Il Portiere Irriverente (di A Rivista Anarchica)
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