Sono passati poco piu' di dieci anni, Ratzinger e' ancora vivo ma c'e' un altro papa, i politici continuano a chiedere nuove leggi elettorali, il Pd nel frattempo e' nato ma forse sarebbe stato meglio di no, e in USA continuano ad avere la pistola facile, ma noi ci ricordiamo ogni singola battuta di Boris.

Boris nasce da un soggetto di Luca Manzi e Carlo Mazzotta e trova la sua dimensione tra le mani dei tre sceneggiatori Mattia Torre, Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo. Si tratta di una metaserie che ridicolizza il mondo della televisione italiana e, di conseguenza, l'Italia stessa. Lo spettatore assiste alla realizzazione di una sitcom di basso livello, Gli occhi del cuore, attraverso gli usi e le manie di una troupe smandrappata, nevrotica e assolutamente irresistibile. All'interno c'e' di tutto: lo stagista schiavizzato, l'attrice "cagna", il narcisista patologico, il regista in continuo conflitto tra qualita' e merda. Si', perche' Boris fondamentalmente parla di questo: ti sbatte in faccia la realta' dicendoti che la televisione italiana e' merda purissima, senza alcun rispetto per lo spettatore.

Il paradosso di Boris e' che alla messa in onda e' stato un mezzo flop. Lo spiega bene Marta Bertolini di Fox: "Diciamocelo, Boris su Fox lo guardava pochissima gente ed e' diventato un culto grazie al passaparola e alla pirateria". La sua fruizione ha anticipato i tempi: in un'epoca in cui non esisteva Netflix e il concetto di tv on demand era ancora nebuloso, gli spettatori hanno deciso di seguire la serie quando e come volevavo. Principalmente raccattando illegalmente le puntate su Internet. Boris e' arrivata in chiaro, su Cielo e in seguito su Rai 3, soltanto due anni e mezzo dopo la messa in onda del primo episodio. Nel mentre sono state realizzate tre stagioni che hanno avvalorato le tesi sulla filter bubble: nella tua cerchia lo seguivano tutti, mentre al di fuori era praticamente un prodotto sconosciuto.

L'arma vincente di Boris e' stata fin dall'esordio l'intenzione di destrutturare l'universo della televisione italiana, per mostrare lo sporco nascosto sotto il tappeto. Per farlo era necessario evitare di usare i mezzi "un po' troppo italiani", e dunque retorica e moralismo spicciolo, aggrappandosi invece a un realismo irriverente figlio della genialita' del trio di sceneggiatori. Tutto questo facendo ridere parecchio. E qui entra in gioco un cast perfetto, messo nelle condizioni migliori per regalare a quasi tutti gli attori che lo componevano il ruolo della vita. Francesco Pannofino ha dimostrato che oltre alla voce c'e' molto di piu', Pietro Sermonti si e' liberato del marchio di Un medico in famiglia sprigionando un istrionismo insuperabile, Caterina Guzzanti ha superato il complesso del facce ride con un'interpretazione diametralmente opposta ai suoi canoni abituali, Alessandro Tiberi si e' palesato al grande pubblico e Carolina Crescentini ha superato una delle prove piu' difficili per un attore - recitare la parte di chi recita male - portandosi a casa anche un Nastro d'argento per la trasposizione cinematografica. Ma e' anche il sottobosco di personaggi secondari a rendere Boris un'opera iconica.

A livello di qualita' certamente non e' l'unica serie nostrana a rappresentare un'eccezione. Abbiamo Romanzo Criminale e Gomorra, per non parlare del visionario The Young Pope. Ma se i primi due rappresentano una novita' soprattutto per le innovazioni narrative - il tocco di Sollima e l'avvicinamento alla serialita' americana - che per i temi trattati, e l'opera di Sorrentino e' una produzione HBO e Canal+, con l'unico sprazzo di italianita' rappresentato da Sky, Boris e' invece originale sotto tutti i punti di vista. Si pensava - o si sperava - che il suo avvento potesse lasciare in eredita' un nuovo tipo di prodotto televisivo, che avrebbe permesso all'Italia di avere i suoi The Office o The Newsroom, ma cosi' non e' stato. Boris e' rimasto un unicum, e il motivo e' il seguente: per fare satira sulla societa' non basta far ridere, bisogna in qualche modo prevederne il futuro. Ed evidentemente non e' cosi' facile.

A livello televisivo l'autoprofezia di Boris e' arrivata direttamente in una delle sue puntate: "In Italia una fiction diversa, oggi, non solo non e' possibile, ma non e' neanche augurabile. Non la vuole nessuno una fiction diversa. Ma tu ti rendi conto di cosa succederebbe se veramente qualcuno facesse una fiction piu' moderna? Ben scritta, ben recitata, ben girata. Tutto un intero sistema industriale, fondamentale per il nostro Paese, dovrebbe chiudere. Caput! Ma la domanda e' un'altra: perche' rivoluzionare un sistema che funziona gia'?".

La riflessione si articola su un pensiero inquietante: il sistema funziona proprio perche' la "monnezza" televisiva che ci invade genera introiti e nessuno vuole prendersi rischi, pena l'espulsione.

Il sottotesto di Boris non puo' che toccare anche la sfera politica, seppur con diversi livelli di interpretazione. Il primo riguarda l'usanza delle raccomandazioni, ed e' esilarante la scena in cui la troupe si sganascia dalle risate di fronte all'irrilevanza del figlio di un deputato dei Verdi. E se i toscani non hanno "devastato il nostro Paese", forse hanno almeno fatto a pezzi il centrosinistra. Il secondo, piu' profondo e radicato nella nostra contemporaneita', e' il modo in cui la politica plasma i cittadini attraverso mezzi di propaganda di costume, mutando le proprie vesti per avvicinarsi al pubblico e trasformarlo. Nella terza stagione viene mostrato il tentativo di transizione del regista Rene' Ferretti verso una tv di qualita'. L'inevitabile epilogo, in seguito agli scleri di Ferretti sulla "qualita' che ha rotto il cazzo", e' il monologo di uno degli sceneggiatori fittizi, che traccia la sua idea per conquistare l'italiano medio: "Rene', la locura. La pazzia, che cazzo Rene', la cerveza, la tradizione, o merda, come la chiami tu, ma con una bella spruzzata di pazzia: il peggior conservatorismo che pero' si tinge di simpatia, di colore, di paillettes. In una parola: Platinette. Perche' Platinette, hai capito, ci assolve da tutti i nostri mali. Sono cattolico, ma sono giovane e vitale perche' mi divertono le minchiate del Sabato sera. Ci fa sentire la coscienza a posto Platinette, questa e' l'Italia del futuro: un Paese di musichette, mentre fuori c'e' la morte". E' questo il riassunto di quel periodo in cui il berlusconismo batteva i suoi ultimi colpi di coda, lasciando il posto a quel che abbiamo ora, con quel conservatorismo ancor piu' nascosto negli anfratti della simpatia del finto uomo semplice, della malizia di chi pretende di avvicinarsi al popolo con una "locura" virtuale, un nonsense che a forza di essere sfruttato lobotomizza le menti. D'altronde oggi Platinette e' tra i sovranisti che difendono Libero e tuonano su La Verita' che "la normalizzazione gay e' un orrore". Tutto torna.

E' pero' riduttivo associare Boris alla preveggenza dei suoi messaggi, soprattutto perche' ha voluto fare una caricatura di diversi compartimenti della societa', anche fini a se stessi. Quindi l'antitormentonismo diventa involontariamente fucina di tormentoni: se oggi facciamo le cose "a cazzo di cane" o ridiamo urlando "bucio de culo" come Martellone, e' perche' il lessico di Boris si e' insinuato in noi: "Cosi', de botto, senza senso". La vittoria degli sceneggiatori e' quella di aver infranto il muro della finzione, distrutto la quarta parete che separa gli spettatori dagli attori. Cosi' anche i camei di Paolo Sorrentino, Corrado Guzzanti o Giorgio Tirabassi non sono state delle apparizioni pleonastiche, ma un'incursione nell'universo borisiano prendendo spunto dalla realta' che ci circonda. Sorrentino, nella serie, viene scambiato per Matteo Garrone, e gli vengono poste domande su Gomorra. Poco dopo l'uscita di quella puntata, l'allora ministro dei Beni culturali, il "poeta" Sandro Bondi, e' incappato nella stessa gaffe, a dimostrare che talvolta la realta' e la finzione hanno dei confini cosi' risicati da scomparire.

Boris ha poi tentato il grande salto al cinema. Il risultato e' stato piacevole, ottima l'idea di giocare su La casta e la visione che ne hanno gli italiani, ma forse ci si e' concentrati troppo sulle esigenze degli spettatori che non avevano mai visto la serie. Inoltre sono stati messi in secondo piano alcuni personaggi fondamentali, come Stanis La Rochelle. Probabilmente il formato ideale di Boris resta quello della serie, con brevi episodi da buttar giu' tutti d'un fiato. Si parla da anni di una possibile quarta stagione, ma gli interrogativi sono molti. La prematura scomparsa dello sceneggiatore Mattia Torre e' un macigno, e il ritorno di Boris senza di lui sarebbe una creatura zoppa. Inoltre sono cambiati i codici della televisione, non tanto per quel che riguarda la qualita' - la merda continua a regnare sovrana con qualche piccola interruzione - bensi' i metodi di accesso ai contenuti, la comicita', la societa' civile (che si e' avvicinata sempre piu' alla locura anticipata da Boris). Di materiale ce ne sarebbe: i mostri si rigenerano e la satira per questo riesce a sopravvivere, ma le tre stagioni sono perfette cosi', e forse non vale la pena rischiare un epilogo piu' debole.

Quello che resta oggi di Boris e' la memoria del piu' riuscito esperimento tra tutte le serie tv italiane, l'unico capace di deviare dai binari degli stereotipi sulla "commedia all'italiana", del continuo riciclare idee trite e ritrite che non appagano il pubblico ma lo fanno sentire a casa, al sicuro. Boris e' l'uscita dalla comfort zone e nessun prodotto che lo ha seguito e' ancora riuscito a fare altrettanto.
Mattia Madonia

.LINKS.
Fonte: Dieci Anni Dopo La Sua Fine Boris Rimane La Migliore Serie Italiana Di Sempre (di The Vision)
Home Page The Vision: https://thevision.com/
Facebook The Vision: https://www.facebook.com/thevisioncom
Twitter The Vision: https://twitter.com/thevisioncom
E-mail The Vision: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Wikipedia Boris: https://it.wikipedia.org/wiki/Boris_(serie_televisiva)
IMDB Boris: https://www.imdb.com/title/tt1020116/