Dieci pezzi fluidi da spararsi a tutto volume aventi ritornelli ed assoli di chitarra che riescono a rimanere impressi nella mente, un buon senso nel songwritting dove si e' riuscito a bilanciare le parti a tutti birra con quelle lente, buttandoci dentro anche simpatiche soluzioni strumentali che rendono i pezzi ancora piu' fruibili, "What I Have" e' un ottimo esempio di cio' che ho scritto.
Tutto e' scandito (come nei lavori precedenti) dall'intonazione del cantante Paolo Merenda che dona alla musica qualcosa di particolare e ben gradito. Bisogna anche dire che i ragazzi posseggono anche una certa dimestichezza nel suonare i loro strumenti e questo e li aiuta a creare belle armonizzazioni e non far sembrare tutti i pezzi uno uguale all'altro (e non e' troppo facile nell'ambito punk-hc).
Aggiungiamo anche il muro di suono che si sprigiona quando si mette il vinile sul piatto del giradischi, e questo muro e' compatto ed i suoni sono distinguibili, quindi c'e' stato anche un lavoro ragionato dietro alla registrazione, mixing e cazzi vari.
Non serve aggiungere altro, anche se parliamo sempre un disco hardcore penso che i Deep Throat quest'anno siano riusciti ad incidere qualcosa di molto buono e di valore, magari un po' diverso dal calderone. L'unica cosa che mi dispiace e' stato l'utilizzo della lingua inglese che viene utilizzata per l'80% del lavoro, anche se capisco tale scelta che potrebbe aiutarli ad esportare meglio la loro proposta all'estero.
Comunque la mia top song rimane "Qualcosa Cambia" per la sua dinamicita', il suo mood abbastanza gioioso, il semplice solo delle sei corde con un retrogusto rock e, soprattutto, per il testo ed il cantato sentito di Merenda.
chrisplakkaggiohc
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