Eppure, per quanto possa sembrare strano, i piani dei gerarchi nazisti inizialmente erano ben diversi, e lo stesso Heinrich Himmler, tra i futuri organizzatori della cosiddetta "soluzione finale", ancora nel Maggio del 1940 si diceva contrario ad applicare "il metodo bolscevico dello sterminio fisico di un popolo". Il progetto tedesco in un primo tempo consisteva infatti non nel programmare la morte di tutta la popolazione di origine ebraica, bensi' nel suo forzoso trasferimento fuori dalla Germania e, se possibile, dell'intera Europa.

Paradossalmente Adolf Hitler in quel momento si era fatto fervente sostenitore delle istanze nazionaliste di quello stesso popolo che, pochi anni dopo, avrebbe provato a distruggere. Tali progetti portarono Eichmann, che per uno strano scherzo del destino finira' giustiziato per crimini contro l'umanita' proprio in Israele, a lavorare con il fine di incrementare l'emigrazione degli ebrei dalla Germania alla Palestina.

La situazione era percepita come un'occasione perfino da alcuni importanti membri della comunita' ebraica. Tra questi vi era Avraham Stern, fondatore del movimento Lehi il quale annoverava fra i suoi membri Yitzhak Shamir, futuro primo ministro di Israele, nonche' altri padri fondatori della futura Nazione. Nell'autunno del 1940 Stern arrivo' ad inviare un messaggio ad un importante diplomatico tedesco a Beirut dicendosi disposto addirittura ad affiancare la Germania in guerra se le istanze nazionaliste ebraiche fossero state riconosciute.

Il piano di Stern aveva una sua logica: "La guerra contro i britannici per liberare la patria comincera' qui. Gli ebrei otterranno uno Stato, e i tedeschi, incidentalmente, si libereranno di un'importante base britannica in Medio Oriente, e risolveranno anche la questione ebraica in Europa". Il freddo pragmatismo di Stern stava proponendo ai nazisti una collaborazione a meno di un anno dall'inizio del genocidio.

Quanto a Hitler, a lui non interessava particolarmente dove gli ebrei sarebbero stati spediti. La Palestina era un'opzione, ma non si trattava dell'unica meta considerata. La destinazione maggiormente gradita ai gerarchi nazisti sembrava anzi essere il Madagascar, tanto che, verso la fine degli anni Trenta, erano stati elaborati in maniera dettagliata piani per deportare tutti gli ebrei tedeschi sull'isola.

Il progetto affondava le proprie basi nella diffusa (e del tutto infondata) credenza che la popolazione malgascia avesse origini ebraiche. L'idea non era nata dal nulla: la proposta era partita da Paul de Lagarde nel 1885 e gia' i governi di Giappone e Polonia avevano seriamente preso in considerazione tale ipotesi. I Polacchi nel 1937 arrivarono persino ad istituire una commissione di inchiesta per valutare la fattibilita' del progetto. Mieczyslaw Lepecki, presidente della commissione, concluse che sarebbe stato possibile stanziare tra le 40 e le 60 mila persone sull'isola. Benche' il governo polacco reputasse le stime di Lepecki eccessivamente ottimiste (si consideri che Leon Alter e Shlomo Dyk, membri della stessa commissione, avessero calcolato che non sarebbe stato possibile trasferire in Madagascar piu' di 2000 persone), fino allo scoppio della guerra la Polonia avrebbe continuato a dialogare con la Francia sulla possibilita' di deportare la popolazione ebraica residente nel Paese nella sua colonia.

L'anno successivo all'istituzione della commissione polacca furono quindi i tedeschi a vagliare questa possibilita'. Fra le piu' entusiaste voci che si ergevano a sostegno dell'ipotesi spiccava quella di Hans Frank, capo del Governatorato generale in Polonia, che evidentemente vi vedeva l'occasione perfetta per liberarsi dei quasi due milioni di ebrei presenti nella sua zona di competenza: "Non appena le comunicazioni via mare permetteranno l'imbarco degli ebrei saranno imbarcati pezzo per pezzo, uomo per uomo, donna per donna, ragazza per ragazza. Spero signori che non avrete lamentele su questo conteggio".

Visto il benestare delle alte sfere naziste il ministro degli esteri Joachim von Ribbentrop ordino' a Franz Rademacher di preparare un progetto per mettere in pratica la deportazione. Rademacher compilo' quindi un memorandum sul tema, pensandolo come parte di un futuro trattato di pace con la Francia. Il piano era articolato nei seguenti termini: la Francia avrebbe dovuto cedere il Madagascar alla Germania facendo evacuare i 25 mila europei presenti sull'isola (per lo piu' francesi); i tedeschi vi avrebbero quindi deportato gli ebrei, pagando con i beni a loro confiscati le spese di trasferimento; a questi ultimi, sotto la sorveglianza tedesca, sarebbe stata quindi concessa la facolta' di attuare la maggior parte delle funzioni di governo, permettendo comunque alla Germania di installare basi militari (sia navali che aeree) sull'isola.

La realizzazione del progetto tuttavia si fondava su una condizione destinata a determinarne il fallimento: la rapida capitolazione non solo della Francia ma anche della Gran Bretagna, il cui incontrastato dominio navale avrebbe altrimenti reso impensabile la riuscita del piano. La resistenza britannica e le difficolta' incontrate durante la campagna di Russia indussero i tedeschi a cambiare i loro progetti. Questo mutamento e' ben riassunto da quanto Eichmann scriveva nel Luglio del 1941: "C'e' il pericolo che quest'inverno gli ebrei non possano piu' essere nutriti tutti. Si deve seriamente discutere se la soluzione piu' umana non possa essere quella di eliminare gli ebrei non in grado di lavorare mediante un qualche preparato ad azione rapida". Sul modo in cui gli eventi si sarebbero sviluppati da li' a poco e' tristemente noto.
Alberto Pellegrino

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Fonte: Piano Madagascar: Il Progetto Nazista Di Uno Stato Ebraico In Africa (di Vanilla Magazine)
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