Ma suonare negli stadi e nei centri sociali, per dirla con Tarantino, "non e' lo stesso campo da gioco, non e' lo stesso campionato e non e' nemmeno lo stesso sport". La scena underground, quella che si muove nel circuito dei posti autogestiti, risponde a logiche completamente diverse e, idealmente, separate da quelle dell'industria musicale. L'underground non e' l'anticamera del mainstream: l'approccio Do It Yourself e' il mezzo per creare un mondo musicale il piu' possibile orizzontale, in cui tutti sono coinvolti e nessuno e' piu' importante. E' un circuito che ha un codice, una logica e delle modalita' comunicative tutte sue.

Questa premessa serve a due scopi: sfogare il mio morboso puntiglio nei confronti del povero Fedez che voleva solo festeggiare un anno di successi, e lamentarmi di come il mondo sotterraneo e quello mainstream si siano sempre piu' contaminati a vicenda negli ultimi anni. Il pretesto e' l'annunciata fine della versione cartacea di Maximum Rocknroll, la rivista punk piu' importante della storia del genere.

L'annuncio e' arrivato con un post sul sito ufficiale: "E' con grande rammarico che annunciamo la fine di Maximum Rocknroll nella forma di fanzine cartacea mensile. [...] Nel corso del 2019 cominceremo a pubblicare recensioni di dischi che accompagneranno il nostro programma radio settimanale. I lettori possono aspettarsi piu' contenuti online, aggiornamenti sul progetto archivistico iniziato nel 2016 e altri progetti che verranno annunciati piu' avanti, oltre a nuove maniere per coinvolgere i punk di tutto il mondo".

Per farvi capire le proporzioni di questo avvenimento, basti dire che il primo numero di MRR e' uscito nel 1982; che nei 37 anni di servizio la fanzine e' sempre stata gestita da un collettivo di volontari, prima capitanato dal fondatore Tim Yohannan, poi, dalla sua morte avvenuta nel 1998, da coordinatori selezionati dal nucleo interno di collaboratori; che l'ufficio di San Francisco, il mitico MRR Compound, oltre al coordinatore e i collaboratori (i cosiddetti shitworkers) ospita anche una delle collezioni punk piu' complete e impressionanti del mondo (oltre 50mila dischi); che la rete di distribuzione e di collaboratori della fanzine si estende su ogni continente abitato, dalle Filippine alla Scandinavia, dalla Siberia al Sudamerica; che non esiste una redazione, ma i punk di tutto il mondo hanno la possibilita' di contribuire alla pari alla rivista, scrivendo articoli, interviste, report.

Ma a cosa serve una fanzine cartacea, e cosa intendevo un paio di paragrafi piu' sopra dicendo che il mondo sotterraneo e quello mainstream si sono contaminati sempre di piu'? Il discorso e' questo. Quando a fine anni Settanta il movimento DIY e' emerso dagli scantinati il panorama musicale era completamente diverso: il movimento punk aveva portato sulle scene una musica, un'estetica e un linguaggio che erano per la prima volta completamente incompatibili con il circuito mainstream. Certo, Sex Pistols, Clash, Ramones, Blondie e compagnia erano su etichette major e riempivano le pagine della stampa giovanile, ma il messaggio di disprezzo, provocazione, anarchia e anticapitalismo che portavano avanti veniva preso mortalmente sul serio dal loro pubblico, come solo degli adolescenti nel pieno di una crisi economica e di valori possono fare. E' cosi' che le fanzine (contrazione di fan-magazine, una rivista creata da appassionati, non professionisti e senza scopo di lucro, di solito un bollettino che arrivava periodicamente agli iscritti al fan club di un determinato artista) si sono trasformate in una vera e propria forza controculturale: improvvisamente c'era un sottobosco di band che non volevano avere nulla a che fare con la stampa, le classifiche o Top Of The Pops, ma creare un universo parallelo in cui tutti sono protagonisti, in cui ognuno puo' contribuire a una fetta di cultura, in cui la competizione e' sostituita dalla mutua assistenza.

In parole povere: l'anglosassone obscurity (l'anonimato, riferito ai "non iniziati") non e' un ostacolo da superare sulla strada per il successo. E' un baluardo di indipendenza che garantisce di avere a che fare con una industria musicale autogestita da pubblico e artisti (anzi, senza artisti) con cui si condividono valori, identita' artistica e posizione politica; se io non ho potere su di te e tu non hai potere su di me, saremo entrambi liberi di esprimerci come preferiamo. Per questo Maximum Rocknroll ha sempre insistito su questo punto: non ti piace quello che stai leggendo? Scrivilo tu! Ed e' proprio cosi' che e' sempre andata. E cosi' non ha senso parlare, come succede spesso, di elitarismo della scena punk. Non e' un'elite, ma una galassia sotterranea con regole tutte sue.

Oggi, il sistema capitalista ha tutt'altro volto rispetto a quarant'anni fa. Grazie a Internet, lo spazio al suo interno non e' piu' limitato. Negli anni Settanta e Ottanta era costretto a escludere, a scontrarsi con una cultura che lo criticava; ora praticamente ogni cosa e' ospitata all'interno dei suoi server, dei suoi motori di ricerca e dei suoi social network, compresa l'opposizione al sistema stesso. Certo, grazie a YouTube ho libero accesso a ogni demo di ogni nuova band punk di adolescenti da ogni remoto angolo del pianeta, ma e' anche esattamente lo stesso posto che mi da' accesso al nuovo video di Fedez o a uno di quegli youtuber che mangiano venti chili di qualcosa davanti alla telecamera. In questo modo, non sono piu' costretto a prendere posizione. Una delle caratteristiche che il cartaceo MRR non ha mai perso nei suoi quasi quattro decenni di esistenza era di essere stampata con il ciclostile, con l'inchiostro che macchiava le mani. Si trattava di una questione economica, estetica, e di un inside joke; ma era anche un simbolo che significava "questa roba ti segna, ti separa dalla societa'".

Con questo non voglio dire che la chiusura della versione cartacea di MRR porti con se' una qualche "morte del punk" o cazzate del genere. Tanto per cominciare, esistono tantissime altre fanzine che utilizzano un metodo simile e che si rivolgono alla stessa comunita' (seppur a "fette" meno ampie). In secondo luogo, il fatto che continui a esistere il sito internet con radio annessa fara' si' che la cultura associata alla fanzine non andra' perduta.

La riflessione che tento di portare avanti e' quella su un metodo: Internet e' pieno di persone che sentono il bisogno di esprimere un disagio culturale e politico che dentro Internet non arriva a sfogarsi, perche' manca un codice condiviso, una cultura di fondo. E' il mare delle cose che non importano, delle fisse che durano una settimana, dello scorrere (browse e scroll sono i due verbi fondamentali qui) senza "entrare". Non e' del tutto vero che Internet rende tutto piu' semplice: rende complicato trovare la motivazione e la dedizione che servono per uscire dalla massa. Un'isoletta analogica ti costringe al coinvolgimento umano. E' un peccato vederla affondare.
Giacomo Stefanini

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Fonte: Addio Alla Fanzine Piu' Importante Della Storia Del Punk (di Noisey)
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