Ma e' anche una storia divertente, che parla di un manipolo di gruppi capaci di scatenare disordine e allegria, di far piovere ettolitri di birra e di infiammare balli sfrenati e "poghi" esplosivi in ogni pista in cui si sono esibiti e, in qualche occasione, anche di sfornare pezzi incredibilmente ricchi di spunti originali.
Questa e' la storia di band che non ce l'hanno fatta, perche' non ci hanno mai provato e perche' di farcela a quasi nessuno di loro e' mai importato nulla. Questa e' la storia del flower-punk italiano.
I critici musicali piu' esigenti, i palati fini, gli intenditori, gli esteti, i puristi del "vero" punk, coloro che sono alla ricerca della chimera dell'"Arte" nella musica rock, quelli che inseguono testi poetici, raffinati intrecci armonici o originali composizioni, possono benissimo interrompere la lettura.
Noi invece partiamo dall'inizio.
Vent'anni di sconfitte
"E pensare che mio padre mi voleva calciatoreDopo l'esplosione punk settantasettina, dopo Ramones, Dead Boys, Voidoids, Sex Pistols, Clash, Damned e tutta quella che viene generalmente chiamata "prima ondata punk", il movimento si frammenta. Negli anni 80 i nuovi gruppi e quelli superstiti spostano gli orizzonti. Nasce da una parte la new wave, nelle sue molteplici sfaccettature, mentre l'hardcore, con sonorita' sempre piu' aggressive e veloci, diventa il genere imperante all'interno del movimento punk.
e pensare che mia madre mi vedeva gia' dottore
E invece sono qui a urlare a squarciagola...
L'hardcore non e' solo piu' ostico, meno orecchiabile e ulteriormente violento, ma si distingue anche per testi spesso feroci, nichilisti, maturi, politicamente orientati.
Anche in Italia si sviluppa una scena hardcore compatta e apprezzata perfino all'estero, come testimonia anche la vasta letteratura sorta ultimamente in relazione all'italian hardcore.
"Costretti a sanguinare", di Marco Philopat, racconta del Virus e della scena di Milano partendo della prima ondata punk, "I ragazzi del mucchio", di Silvio Bernelli (bassista dei Declino e degli Indigesti) descrive la storia del Mucchio Selvaggio e della collaborazione venutasi a creare negli anni 80 fra i gruppi italiani e quelli nord-europei, fino ad arrivare all'America e alla partecipazione a compilation in cui, oltre a complessi italiani come Negazione, Wretched, CCM, Peggio Punx, sono presenti band internazionali di peso come Dead Kennedys, Crass o Butthole Surfers.
E poi i Kina - gli Husker Du delle montagne - i Raw Power, i Nabat a Bologna, i Dioxina a Rimini, il Granducato Toscano, la frangia anarco-pacifista, la frangia nichilista, la frangia Oi! ecc. ecc.
Cio' che invece negli stessi anni 80, in Italia, non attecchisce e' quella scena piu' giocosa, incosciente e disimpegnata che fondamentalmente porta avanti il discorso iniziato dai Ramones: il pop-punk (teen-punk, surf-punk, skate-punk, parte del melodic hardcore ecc.).
Gia' all'inizio del decennio i Bad Religion, in America, avevano alleggerito le sonorita' e addolcito le linee melodiche, ma i testi continuavano a essere impegnati e riflessivi, incentrati su disagio, nichilismo e alienazione. Per rintracciare la spensieratezza, il lato piu' ludico, e le melodie piu' accessibili si deve guardare ai Queers, agli Screeching Weasel, ai Descendents e al punk melodico della Lookout! Records. Sono questi i padri delle sonorita' e del tipico approccio punk-rock anni 90, quello dei Rancid, NOFX, Offspring, Pennywise e infine dei Green Day, che con il loro album "Dookie" (1994) faranno finalmente esplodere il genere in Italia e, con esso, anche il sottoinsieme specifico di cui vogliamo parlare.
Il flower-punk italiano
"Suono forte e veloceI confini che delimitano il genere di cui ci occuperemo sono invero molto vaghi. Viene citato spesso, il fantomatico flower-punk, ma non e' facile fissare una vera e propria definizione riconosciuta.
Il nome evidentemente non ha nulla a che fare con la canzone di Frank Zappa presente nell'album "We're Only In It For The Money" del 1968, bensi' deriva da una raccolta uscita per la Mac Guffin Records nel 1995, che raccoglie brani di una ventina di gruppi punk-rock italiani del momento che si distaccano definitivamente dall'impegno e dalla severita' dell'hardcore, sia musicalmente sia a livello di testi.
La mia personalissima definizione, pero', e' ancora piu' restrittiva, tanto che parte delle band che sono racchiuse nella suddetta raccolta, in base ai miei parametri non rientrano nel flower-punk "puro".
Per fare chiarezza, provero' a tracciare delle linee di demarcazione basate su alcuni resoconti raccolti personalmente nel giro dei supporter e degli stessi musicisti:
"Le parole chiave per capire il pop-punk sono tre: disimpegno, divertimento e Ramones".
"Gente che dal palco si lancia tra le braccia del pubblico, anche perche' il pubblico e' parte integrante dello show".
"Musicisti che non si fanno problemi a cazzeggiare tra la gente che va a vederli, senza tirarsela come rockstar".
"Hanno creato un mondo alternativo che si muove quasi completamente al di fuori del mainstream e al di fuori delle regole del mercato".
"Un giro che si autosostiene con collaborazioni disinteressate e senza pretese".
"Hanno saputo creare una scena che, in barba a tutte le critiche e alle prese per i fondelli degli snob/critici musicali/dinosauri vari, volente o nolente, va avanti da piu' di 20 anni".
Si tratta per lo piu' di luoghi comuni che aiutano al massimo a fornire una prima vaga idea. Cerchero', quindi, di tratteggiare dei confini piu' tangibili:
- Palesi legami con i Ramones, passando attraverso Queers e Screeching Weasel, al pop-punk, al melodic hardcore, fino a tutto quel ventaglio di gruppi che parte dai Bad Religion e arriva ai Green Day.
- Ulteriore collegamento, ben preciso, con il bubblegum-pop, con il garage e con il surf-rock (come gia' i Ramones): chitarre super-effettate e cori coinvolgenti, intonati spesso da tutta la band, debitori del doo-wop degli anni 50.
- Fascinazione per l'immaginario televisivo (trash e non) di fine anni 70 e inizio 80, periodo in cui verosimilmente la maggior parte dei rappresentanti della scena si trovava nella fase della giovinezza, come ad esempio i cartoni animati giapponesi - molto presenti nei testi delle canzoni - gli spot pubblicitari, i robot, telefilm e la fantascienza in genere.
- Velocita': si porta avanti la tradizione gia' consolidata dall'hardcore, ma allo stesso tempo ci si differenzia dalla stessa tramite facili, per quanto a volte accattivanti e appiccicose melodie, in contrasto, appunto, con l'asprezza e con la tecnica riscontrabile in moltissime esecuzioni della scuola hardcore.
- Semplificazione massima della struttura della canzone (i famosi tre accordi) alla ricerca del ritornello fulminante e irresistibile.
- Cantante che si distingue per una voce forzatamente sgraziata, una pronuncia carica di imperfezioni e una modalita' di esecuzione al limite dell'amatoriale. Siamo lontanissimi dai canoni del "bel canto". Ci si muove solitamente su due registri: da una parte il timbro sbarazzino dell'adolescente qualsiasi, una voce comune, quindi, la stessa che puo' avere il compagno di banco delle superiori o l'amico che si incontra la sera al pub, dall'altra la voce rotta e vissuta da scaricatore di porto o da lanciatore di cori in curva.
- Testi incentrati su temi "bassi", legati all'adolescenza: ragazze, amori improbabili, sesso, odio generalizzato nei confronti del potere, disagi esistenziali banali e comici, distacco generazionale, noia e rabbia diffusa tipiche della vita di provincia, beghe di lavoro, avventure scolastiche, fino ad arrivare a scurrilita' di ogni tipo esibite con la sensibilita' che puo' avere - appunto - un adolescente. A guardar bene, quindi, i temi sono piu' o meno sempre gli stessi; ma sono soprattutto l'approccio (piu' scanzonato, spontaneo e volontariamente meno maturo) e l'elemento melodico a marcare le differenze piu' importanti dall'hardcore e dal contemporaneo rock indipendente.
- Impegno politico sbandierato raramente, nel migliore dei casi solo accennato tramite l'ausilio di slogan ingenui, di provocazioni spicciole spesso piu' atte a scandalizzare che a manifestare reali prese di posizione, oppure trattando i temi con ironia, enfatizzandone il lato comico. Il concetto che sembra voler maggiormente emergere quando vengono affrontati temi legati alla politica o alla sfera sociale, quello che piu' interessa a questi ragazzi, e' quello di volersi distinguere da tutti: sottolineare la propria indipendenza e la propria diversita' dal resto del mondo, senza dare spiegazioni a nessuno ("Noi facciamo quel cazzo che vogliamo").
- Aperta ostilita' nei confronti della divisa. Il parallelismo con buona parte dell'hardcore e' evidente, ma anche in questo caso si assiste a uno slittamento verso il basso, infatti se nell'hardcore "lo sbirro" puo' essere contestato come simbolo di un qualcosa di piu' grande, come rappresentante anonimo del potere, del "Sistema", di quella "gabbia" contro la quale i giovani punk si scagliano, nel flower-punk il poliziotto/carabiniere/celerino diventa un soggetto come noi, che vive, si', in contrapposizione a noi, ma sul nostro stesso piano. Si fa umano, si fa "persona", non e' piu' un simbolo. La contestazione avviene perche' il tutore della legge si trova in conflitto con quegli obiettivi da adolescenti cui i flower-punkers ambiscono: fumare spinelli, sbronzarsi, stravolgersi, guidare irresponsabilmente, occupare spazi, suonare a tutto volume, supportare altre band, pogare ai concerti, combinare casini di ogni tipo... Lo "sbirro" non e' altro che l'ostacolo che si interpone fra il "tutto e subito" del bambino e la societa' adulta. Dal "Bastardo poliziotto, tu sei il re della citta'/ Ma quella tua divisa prima o dopo brucera'/ Col ferro e col fuoco ripuliremo le nostre citta'!" si passa a: "Come faro' a spiegare alla mia mamma questo occhio nero / Son caduto a terra lei mi dice 'non e' vero' / E queste impronte di scarpe belle nere? / e' stata una fibbiata di un carabiniere".
Le forze dell'ordine diventano quasi l'altra faccia dell'immaginario flower-punk, non arrivano a risultare addirittura simpatiche, ma ci vanno comunque vicino in quanto anch'esse macchiette comiche (i "cani blu"). Un po' lo stesso rapporto che c'e' fra l'ispettore Zenigata e Lupin, o - meglio ancora - tra il commissario Basettoni e la Banda Bassotti.
Un'ultima caratteristica, infatti, quella che in un certo senso riassume tutte le precedenti richiamando ancora una volta i Ramones, e' la regressione all'adolescenza. Il rifugio negli impulsi della giovinezza, nella leggerezza e nel disimpegno. Ritorna spesso, nel flower-punk, il parallelo con l'adolescenza, quell'esplosione di idee e sentimenti semplici ma genuini, diretti e impulsivi, quelli che tutti abbiamo provato almeno una volta nella vita. Ci si imbatte spesso nella ribellione di pancia, non riflettuta, nel gusto della provocazione fine a se stessa, nei problemi, sentimenti forti, eccitazioni autentiche e voglia di divertimento tipici dei giovani... Lo spirito della demenza adolescenziale.
Parlando di demenza, per certi versi viene da pensare perfino agli Skiantos - non a caso faro di riferimento di quasi tutti i gruppi flower-punk insieme a quell'Alberto Camerini che rivedremo piu' avanti - quando si parla di regressione all'infantilismo. Certo, la demenza di Freak Antoni era consapevole e ragionata, mentre qui ci troviamo dalle parti del capriccio e della leggerezza piu' superficiali, eppure le armi utilizzate sono le stesse: l'avvalersi di temi e contesti bassi, l'utilizzo di slang giovanili, l'impiego nei testi di oggetti comuni e banali, e (ancora in contrasto con la generazione punk precedente che affrontava argomenti di natura politico/sociale, cause importanti e sentimenti profondi) il ritorno ai confini stretti del proprio mondo senza tante pretese, il proprio cortile, il bar, il centro sociale, la propria cerchia di amici, conoscenti e di piccole per quanto divertenti esperienze, proprio come succede nel primo atto della fase Skiantos, ad esempio in "Permanent Flebo": "Ero a casa di mia zia / e' arrivata polizia / che volete andate via / mi faccio un permanent flebo".
E' chiaro che i collegamenti rimangono solamente formali, estetici. Il "punk" in fondo e', prima di tutto, un'idea. E del contesto e delle condizioni che hanno fatto si' che quell'idea scaturisse, negli anni 90 non e' rimasto piu' nulla.
Si tratta semplicemente di un revival come tanti altri che abbiamo gia' vissuto e altri che continueremo a vivere in quel continuo vortice di corsi e ricorsi tipico della storia del rock.
La sensazione, pero', e' che questo revival sia, per una volta, esplicito, dichiarato, senza presunzioni. Una affermazione d'amore, una citazione, un grande richiamo a un genere che, oltre che nei suoni e nel look, si manifesta soprattutto nell'impulso a scandalizzare e nella contrapposizione con tutto il resto della musica contemporanea.
Prima del 1994: i pionieri
"Per essere sicuro di far male a qualcunoCome gia' accennato, il sottobosco di gruppi indipendenti che si pone come obiettivo principale non tanto quello di diventare famosi e di lasciare ai posteri album indimenticabili, quanto divertirsi e suonare ai concerti inanellando piu' date possibili in giro per la penisola esplode con forza nel 1994 - prima data importante di questa storia - anno in cui i Green Day entrano in tutte le classifiche mondiali con l'album "Dookie".
mi alleno contro un muro
per pogare un po' piu' duro
I Green Day sono gia' in pista dalla bellezza di 8 anni, hanno gia' pubblicato un paio di album di discreto successo e attirano l'attenzione delle major, in particolare della Reprise Records. E' con questa nuova etichetta che "Dookie" viene alla luce, diventa in breve tempo un successo commerciale da 16 milioni di copie vendute, anche grazie alla spinta dell'emittente televisiva Mtv.
Cosi' come era successo qualche anno prima con il grunge che, con il successo dei Nirvana, passa da fenomeno underground a genere di massa, cosi' "Dookie" entra nei piani alti delle classifiche riportando in auge il punk-rock, anche fra quelle generazioni che il punk originale non sanno neppure cosa sia.
Sull'onda del successo, negli anni successivi proliferano migliaia di nuovi gruppi e tornano alla ribalta anche quelli che gia' esistevano, come Offspring o NOFX, ad esempio.
Negli stessi anni, in Italia assistiamo all'esplosione della musica indipendente e, insieme ai vari Afterhours, Marlene Kuntz, Timoria e Bluvertigo, esplode anche il punk-rock piu' rozzo e guascone che condurra' al flower-punk.
Prima del 1994 e' necessario citare tra i "pionieri" un drappello di gruppi provenienti dagli ambienti piu' disparati che avranno il merito, ognuno a modo suo, di spargere i primi germi di una rivoluzione ancora da venire, contestualmente a un percorso personale diverso, figlio di altri background musicali e di repertori di altra natura. In primis la Paolino Paperino Band.
I modenesi sono attivi addirittura dal 1987 e il loro primo demo autoprodotto - "La Prima Paolino" - vede la luce l'anno successivo. Una seconda cassetta autoprodotta viene rilasciata nel 1988, dopodiche' verranno confezionati due mini-Lp e un Lp, fino alla data dello scioglimento che avviene proprio nel 1994.
Sarebbe riduttivo attribuire alla musica della Paolino Paperino Band la definizione "punk-rock" (a maggior ragione quella di flower-punk, che e' a tutti gli effetti un sottogenere). Il loro suono e' un crossover piuttosto atipico che abbraccia funk, reggae, ska, hardcore, perfino rap, e che solo in alcuni frangenti si incunea in ambienti decisamente punk, come nelle canzoni oramai passate alla storia "Fetta", "Alcool puro", o "Compagno cittadino". Brani che indubbiamente hanno fatto tendenza per tutti i futuri punk-rocker nostrani, tanto che la Paolino viene unanimemente considerata una delle band piu' importanti della scena, sia per l'approccio estremo e allo stesso tempo ironico, sia per la lungimiranza di alcuni testi, spesso cosi' intelligenti da risultare attuali, anche a distanza di anni. Con la canzone "Candy's", del 1988, il gruppo ripropone la sigla della famosa serie televisiva anime "Candy Candy" distorcendone il testo con allusioni al mondo della droga, al vandalismo e alla criminalita', inaugurando in questo modo una formula che fara' la fortuna del flower-punk.
A partire dai primi anni 90, da Latina, muovono i primi passi i Senzabenza, con il loro sound di chiara matrice Hard-Ons (band australiana che si contraddistingue per umorismo e liriche leggere a sostegno del tipico punk-rock melodico). Il primo album del 1991 ha un titolo che e' gia' un programma: "Suono forte e veloce".
Nella scena underground romana ci troviamo in anni di forte politicizzazione sviluppata soprattutto con lo straight edge. La proposta dei Senzabenza, quindi, si presenta da subito controcorrente, ma il gruppo ha talento e diviene ben presto punto di riferimento di quello che verra' chiamato "flower-punk", grazie anche a un notevole livello qualitativo, forse addirittura troppo alto per far parte di questa storia: la band, infatti, conquistera' eccellenti recensioni su riviste specializzate, verra' indicata dalla fanzine americana Maximum Rock'n'Roll come "nuova rivelazione punk", suonera' in tutta Europa, aprira' concerti ai Ramones nel loro tour italiano del 1993, ai NOFX a Bologna nel 1995, e addirittura registrera' il terzo album in co-produzione con Joey Ramone e Daniel Rey.
Considerati "il gruppo pop-punk italiano piu' famoso al mondo" sono a tutti gli effetti una realta' internazionale, aiutati in questo dal cantato in inglese, che permette loro di ampliare il bacino di ascolto e di potersi rivolgere a un pubblico piu' vasto possibile, una scelta che condivideranno anche altri gruppi come i milanesi Crummy Stuff, o i Manges e i Peawees da La Spezia, per nominarne alcuni dei piu' famosi. Molti dei gruppi che successivamente andranno a comporre questo bislacco sottobosco di cui ci stiamo occupando non avranno, invece, ambizioni di questo tipo, ne' alcun interesse ad ampliare il bacino di ascolto o a rendere il pubblico piu' vasto possibile, al contrario, cantano in italiano, spesso in gergo o nel proprio dialetto, e l'unica cosa che vogliono e' farsi capire dai loro amici, dalla loro tribu', dalla loro banda di affezionati.
"Siamo un ristretto club, siamo una vera elite, e se tu vuoi diventare socio, devi cantare con noi questo coro: Psicopatico! Psicopatico!In ogni caso, nonostante questa lampante diversita', musicalmente il flower-punk nasce con i Senzabenza. E con i Punkreas. Similarmente a quello che succede nella scena romana, anche Milano e' ancora intrisa degli umori dell'ondata hardcore, quella antagonista, contro-culturale ed esistenziale che aveva il Virus come punto di riferimento. I Punkreas, nati ancora prima dei Senzabenza, nel 1989 a Parabiago, crescono in quell'ambiente per poi distaccarsene, ma piu' gradualmente. Del resto, il retroterra da cui fuoriescono e' lo stesso, quello dei centri sociali, degli squat, dell'autoproduzione indipendente, del passaparola e delle "cassettine". I Punkreas si impongono come una sorta di anello di congiunzione, con testi inizialmente piu' vicini all'esperienza del punk italiano anni Ottanta, ma che pian piano prendono una direzione piu' ironica e spensierata, mentre dal punto di vista musicale si confrontano con una impostazione sempre piu' curata, piu' contaminata, piu' figlia delle nuove generazioni.
Il primo demo autoprodotto nel 1990, "Isterico", ha un suono poco orecchiabile, ancora molto vicino all'hardcore, con rare sfumature melodiche, appena accennate. E' con il primo album ufficiale, "United Rumors Of Punkreas", del 1992, e in particolare con i pezzi "Occhi puntati" e "Disgusto totale" che i Punkreas diventeranno a tutti gli effetti i padrini dell'intero movimento.
Sempre nel milanese scorrazzano negli stessi anni i Blak Vomit, gruppo punk-rock che si fa rappresentante della sottocultura urbana, con testi aspri e realistici, musicalmente molto lontano dall'hardcore ma sicuramente non inseribile neppure nel calderone flower-punk. La band e' orientata verso un suono ancora new wave, post-punk che, col tempo, diviene piu' melodico e accessibile, ma nel farlo imbocca una strada completamente diversa da quella dei Punkreas, passando attraverso territori indie e certo rock tradizionale, tanto che Le Iene (successiva incarnazione del leader dei Blak Vomit, Gianluca Favero) apriranno il "Monza Rock Festival" del 1999, suonando con Aerosmith e Litfiba.
Un ulteriore contributo alla nascita della scena flower-punk viene ancora da Roma, da un gruppo irriducibilmente inserito nel contesto impegnato delle lotte di fabbrica, dei cantieri e dell'antifascismo militante. Partendo da queste basi, la Banda Bassotti sembrerebbe fuori contesto, piu' a suo agio con il contemporaneo pubblico dei Modena City Ramblers, dei Gang o dei 99 Posse, se non fosse per lo slancio che la band ha dato, gia' a partire dal 1991, a tutto il genere. Pur rimanendone consapevolmente "fuori", perche' fedeli alla loro attitudine redskin e ai loro ideali, e' indubbio che i rappresentanti del collettivo romano abbiano introdotto negli ambienti dei centri sociali almeno due aspetti che si riveleranno importanti nell'evoluzione a venire: l'invettiva sarcastica, riscontrabile in alcuni loro cavalli di battaglia (su tutti "Cararo sindaco" del 1992) e l'immissione dello ska-punk nelle sonorita', con un approccio piu' frontale rispetto, ad esempio, ai contemporanei Persiana Jones, precursori di questo filone specifico, rappresentato successivamente da gruppi come Matrioska, Vallanzaska o Meganoidi.
Prima del 1994 sono questi i pochi pionieri che movimentano la scena ponendo le basi di quello che si evolvera' nel flower-punk. Poi esce "Dookie".
1994: l'esplosione
"Gli Impossibili erano tre: Coil Man, Multi Man e Fluid Man. Noi siamo tutti e tre Fluid Man.Come tante altre manifestazioni, anche il flower punk nasce come "risposta", ed esplode in contrapposizione a un certo tipo di intellettualizzazione musicale che e' propria non solo del fratellastro maggiore - l'hardcore - ma anche di buona parte della musica indipendente che spopola negli stessi anni in Italia.
(Intervista agli Impossibili)
Come in territori anglosassoni ai tempi del garage-rock, o successivamente durante la prima ondata punk, anche in questo caso assistiamo a un ritorno alla dimensione casereccia, naive, anti-professionale e a quell'atteggiamento provocatorio e irrispettoso che nasce fondamentalmente dall'idea che i giovani debbano riappropriarsi di un'espressione (il rock) che, non a caso, nasce proprio dai giovani e per i giovani.
La convinzione, ancora una volta, e' che "tutti lo possiamo fare", e non importa se la perizia tecnica e' a livello rudimentale, se i testi non sono "poetici" o, in generale, se non si possiedono particolari velleita' artistiche, anzi, piu' il suono e' sporco, grezzo, grossolano, piu' il prodotto risultera' essere quello desiderato. Si torna a utilizzare le cantine e i garage come sale-prove, a creare piccole fanzine per diffondere informazioni, a suonare per platee di strada, nei locali piu' scalcinati e improbabili, ad affidarsi a modeste etichette indipendenti (che spesso nascono all'interno dello stesso giro da cui provengono i musicisti) o ad autoprodursi gli album in piena autonomia. L'obiettivo condiviso e' quello di divertire, far muovere la gente, scatenare il pubblico e contagiarlo con anthem simili a cori da stadio o a canzonacce da osteria da urlare in coro dopo ingorde libagioni. Dimenticate le denunce e le rabbiose invettive nei confronti dello stato, del governo e dei politici, archiviati alcuni termini ricorrenti come ipocrisia, disperazione, disagio, alienazione, ora i temi ruotano attorno alla maggiore facilita' di amare quando si e' sbronzi, al desiderio di migliorare nella pesca per diventare bravi come Sampei, al riuscire ad avere un appuntamento con una ragazza che indossa la maglietta dei Ramones, a fare amicizia con un marziano o impedire al tuo cane di rubarti la bici (!).
La stagione creativa alimenta la scena e accende gli entusiasmi e cosi', fra i primi che si presentano a cristallizzare le forme definitive, ecco comparire i Fichissimi, da Pinerolo (Torino). A loro bastano una decina di pezzi tra il 1993 e il 1996, oltretutto registrati malissimo, per lasciare una traccia indelebile nella storia del genere e definirne le linee-guida: "Mi sono innamorato di una tipa di una casa occupata" e' il verso che rimarra' per sempre in testa a tutti i futuri rappresentanti della scena.
Da Vicenza irrompono i Derozer, il gruppo piu' amato dai fan del flower-punk nostrano. Diretti ma con l'orecchio sempre teso alla ricerca della melodia, rabbiosi ma accompagnati da massicce dosi di ironia a mitigare gli sfoghi, i Derozer sono gia' attivi da qualche anno quando, nel 1993, fanno uscire la loro prima cassetta autoprodotta. E' soprattutto con le canzoni "Nitroglicerina" (1994), "Bomba" (1994) e con il loro primo vero album "Bar" (1995) che arriva a superare le mille copie vendute, che il gruppo si fa conoscere e che conquista un posto in prima fila nell'olimpo del flower-punk italiano. A Varese sono attivi i Porno Riviste con il loro punk-rock smargiasso, volgare ed eccessivo che il piu' delle volte riesce, pero', a risultare simpatico proprio per l'approccio, talmente spaccone e buffonesco che finisce per fare tutto il giro e diventare accettabile e familiare, anche grazie a un'innata abilita' nel costruire ritornelli-killer.
Tra i principali iniziatori della scena, infine, e' d'obbligo citare gli Impossibili, da Milano, i romanticoni della comitiva. A parere di chi scrive, il gruppo guidato da Efrem Mezzanini detto "Araya" rappresenta la vetta piu' alta di tutto il flower-punk, l'archetipo: brani di due minuti sostenuti da giri di accordi elementari e da un'energia fuori dal comune, cori ispirati che si intrecciano e si rincorrono, ritornelli fulminanti, testi fra il comico e il demente volutamente rivolti agli adolescenti borderline di tutte le citta' italiane che, cresciuti sotto quella cappa mefitica che alimenta incubi di Guerra Fredda e di Cernobyl, si trovano a vivere la crescita economica e l'alba dell'era informatica, ma anche il dramma delle periferie, il prosciugamento dei contenuti politici e delle ideologie, Tangentopoli e le stragi di mafia. Il tutto, neanche a dirlo, sempre sotto il segno dei Ramones.
Con gli Impossibili assistiamo alla caduta definitiva verso il registro gergale e della chiacchierata da bar, riscontrabile poi in tanti gruppi successivi. L'abbattimento conclusivo di ogni raffinatezza lirica che si manifesta, ad esempio, con la perdita del congiuntivo:
"Penso che lei e' una ragazza okSotto la guida delle avanguardie appena citate e sull'onda del successo del punk-rock a livello mondiale, nella seconda meta' degli anni 90 assistiamo a un'invasione massiccia di complessi spuntati dal nulla, molto spesso formati da incapaci, analfabeti senza velleita' che torturano le loro chitarre cercando in quei famosi tre accordi il senso profondo che ogni adolescente vorrebbe rintracciare nella propria esistenza: centinaia di gruppetti analoghi, tutti furiosi e orgogliosamente incompetenti, affiorano dalle cantine e travolgono i locali, molti dei quali aprono i battenti proprio in quel periodo, per dare spazio a queste realta' circoscritte, a queste band cittadine emergenti con il loro seguito di scalmanati festaioli, ognuna con il proprio carico di energia, sfrontatezza e, in alcuni casi, anche di innegabile originalita'.
Cosa vuoi che me ne importa se ha il cervello in tilt questa notte lei mi porta a vedere i Queers
E sua sorella pensa che e' del tutto pazza
Lei sbatte e chiude a chiave la porta della stanza.
Fra i piu' ispirati ricordiamo: i Monelli, da Torino, con le loro melodie accattivanti e il classico suono di matrice Queers/Screeching Weasel che li consegnera' ai fan come i piu' ortodossi rappresentanti del genere. I Gambe di Burro, da Monza, si concentrano sull'immaginario dell'adolescente sfigato con tutti i piccoli incidenti che ruotano attorno al mondo della scuola e delle prime esperienze con le ragazze. Sparano le loro indimenticabili cartucce attraverso un'intensa avventura che si consuma nel giro di neanche 4 anni, due album e una serie di concerti che spingera' il gruppo in tutta la Brianza fino ad arrivare alle estremita' piu' remote della... Lombardia!
I Melt, da Vicenza, portano avanti con dedizione il discorso iniziato qualche anno prima dai Fichissimi. I Bom Pro', tanto volgari e ributtanti da un lato quanto genuini e divertenti dall'altro, riescono a lasciare il segno miscelando armoniosamente l'immaginario fumettistico dei Ramones con lo spirito provinciale e goliardico di una localita' balneare bizzarra come Rosignano Solvay, da dove provengono.
I Latte Piu', da Empoli, esponenti dell'ala piu' aggressiva, si rendono interpreti di pezzi-anthem tipici del flower-punk, come ad esempio l'immortale "Guerriglia urbana", che sembra concepita appositamente per essere intonata in coro da bande di teppistelli durante i loro week-end di bagordi. Ma soprattutto gli Ignoranti, da Genova, titolari dell'album "Vent'anni di sconfitte" - che e' anche il titolo di questo articolo - i quali, oltre a numerose buone canzoni incise fra il 1998 e il 2001, hanno depositato ai posteri "Non piangi mai", una commossa (e perfetta) interpretazione in versione flower-punk del brano "It's Cold Outside" dei Choir (mitica band garage anni 60) che rappresenta non solo il loro capolavoro, ma anche uno dei vertici piu' significativi di tutta la scena.
E' curioso notare come la maggior parte dei gruppi provenga dal Nord Italia, esattamente come succedeva un decennio prima con l'hardcore. Entrambi i fenomeni (fatte le inevitabili eccezioni) hanno trovato terreno poco fertile nei paesi posizionati sotto la capitale. Una caratteristica che, al contrario, differenzia nettamente il punk italiano anni 90 dal punk della decade precedente e' il senso di appartenenza alla scena: se negli anni 80 la "scena" era qualcosa di sacrale, una seconda famiglia, uno spazio importante in cui riconoscersi e maturare (approccio rilevabile dalle tante interviste, dai documentari o dai romanzi gia' citati precedentemente), questo non succede coi nuovi protagonisti. Se prima vi era coesione fra i gruppi, cooperazione, solidarieta', negli anni 90 l'approccio cambia:
"Sinceramente non conosco la scena di cui parli e non conosco nemmeno altri gruppi che si possano definire punk.Come gia' accennato, l'impressione e' quella che ora interessi non piu', o non tanto, il movimento, quanto il distinguersi, l'isolamento, la tribu', quindi l'esatto contrario: il non riconoscersi in alcuna scena, se non quella rappresentata da una stretta cerchia di eletti.
(Porno Riviste)
Con gli altri gruppi della zona i nostri rapporti sono di profonda ed eterna indifferenza.
(Blak Vomit)
Non abbiamo mai fatto parte di nessuna scena.
(Senzabenza)
Come vedo la scena punk e ska italiana? Secondo me, la scena non c'e'.
(Punkreas)
Non crediamo in nessuna scena.
(Gerson)
Scena? Quale scena? Quella che c'era era una scena per modo di dire. C'era tanta gente che suonava, quello si', ma molte volte dietro ai sorrisi di facciata c'era tanta, troppa ipocrisia. Invidie, cattiverie gratuite, c'erano gruppi con i quali si stringevano amicizie, ma erano pochi.
(Persiana Jones)
Non so risponderti, non mi sono mai occupato della cosiddetta scena, o meglio, non mi ci sono mai voluto identificare. La storia della scena punk in Italia e' un po' come la storia dello Yeti, tutti ne parlano ma nessuno l'ha mai visto.
(ancora i Porno Riviste)
Alle soglie dei 2000: la crisi
"Ma finira', come un temporaleTra la fine dei 90 e l'inizio dei 2000, il morbo si propaga a macchia d'olio e innumerevoli band dai nomi piu' improbabili spuntano in ogni dove. Sembra di essere tornati ai tempi della British Invasion, quando anche in tutta Italia fiorivano schiere di complessi e complessini beat che emulavano gli originali inglesi e americani. Come allora, non esiste citta' che non abbia un suo gruppetto punk, non c'e' persona nata tra i primi anni 70 e i primi anni 80 che non abbia almeno un amico che suona in un complessino punk in qualche centro sociale o in qualche pub della zona.
Come un acido che ha preso male
Come un film di cui so gia' il finale
So che finira'
Anche la stampa e le radio cominciano ad interessarsi (Radio Lupo Solitario, Radio Onda d'Urto, Radio Popolare, Radio Sherwood, Radio Black Out, Controradio, Radio Onda Rossa...).
Fioccano le collaborazioni, ritornano di moda gli split, emergono dalle cantine fitte colonne di gruppi impetuosi e irriverenti, introdotti da nomignoli da barzelletta e pronti a esibirsi in ogni angolo dello stivale: i Supereroi, i Guerrieri, i Wedra, i Messymale, i Semprefreski, i Bombardini, i Ramoni, gli Stoopids, i Torquemada, i Peter Punk, i Vigliacchi, le Mele Marce, i 16 Valvole, gli Skruigners, i Razzi Totali, i Lazy Bones, i Durango 95, Pensione Libano, Gozzilla & le tre bambine coi baffi... Impossibile, infine, non citare - se non altro per l'ironica quanto illuminante scelta del nome della band - i Nel 77 avevo 3 anni.
Alcuni gruppi della vecchia guardia, addirittura, passano dall'altra parte della barricata, ad esempio i Rappresaglia (nome di punta della scena hardcore anni 80) licenziano nel 1999 un album composto da slogan da battaglia e cori da stadio su una base musicale decisamente piu' orecchiabile rispetto ai loro antichi standard.
Ma per molti e' anche un primo segnale di crisi. E' il primo passo verso moda e omologazione. Il giochino sembra essersi rotto. Nell'arco di pochissimi anni l'onda si increspa fino a diventare un enorme muro per poi disperdersi in mille rivoli perdendo forza e incisivita', e sono soprattutto i gruppi di punta a dare l'idea di smarrirsi, lasciando al buio i tanti seguaci in cerca di guide da seguire.
I Porno Riviste induriscono le sonorita' e spostano i testi su territori piu' impegnati nel sociale, come a cercare un'altra strada ai loro occhi forse piu' dignitosa.
I Derozer evolvono scegliendo anche loro la soluzione dell'impegno sociale, attraversando periodi di riflessione, cambi di formazione, incidenti di percorso, progetti alternativi, fino alla scissione che portera' Mendez, uno dei fondatori, ad allontanarsi dal gruppo con l'idea di tornare al suono sporco e grezzo delle origini. La scissione e' dovuta molto probabilmente a differenze "culturali" talmente importanti da fuoriuscire perfino dai testi delle canzoni dei Dogs, il nuovo gruppo di Mendez:
"Ma io 'sto piscio giallo non lo voglio piu'I Punkreas, fra i pochi ad aver raggiunto una certa notorieta', ammiccano sempre piu' al grande pubblico e si normalizzano attorno a un rock piu' mainstream, rimanendo incagliati, a livello di testi, su posizioni forse scontate e un po' ripetitive.
Mica son diventato scemo
'sto beverone succhiatevelo voi
Io bevo solo il vino.
Lo spirito iniziale si e' perso, i tempi in cui vigeva la regola della leggerezza quando, per rimanere "puri", molti dei gruppi avevano quasi paura di diventare troppo noti, e' stata violata.
I Fichissimi se ne accorgono gia' anni prima, in occasione del loro scioglimento, e rilasciano un violento comunicato ai loro fan che, a mio avviso, e' anche un commovente manifesto dell'intero movimento:
"Noi Fichissimi non suoneremo oggi e non suoneremo piu'. Se del punk ti interessa solo la musica puoi guardarti Mtv, comprarti i dischi da Rock & Folk o da Zapping e cacciare fuori trentamila lire per il gruppo punk in concerto. Di noi non hai bisogno, anzi noi non ti vogliamo. I Fichissimi non erano qui per portare il loro messaggio a piu' persone possibili. Non erano qui per intrattenere nessuno, non siamo profeti e nemmeno musicisti.
[...] I Fichissimi non vogliono piu' preparare prodotti da far smerciare a infami e riviste musicali alternative. Troppi tra voi hanno comprato il nostro disco come un qualunque altro prodotto, senza capire che prodotto non voleva e non doveva essere.
[...] Questa sera non vi siete divertiti, non avete consumato i pochi attimi di liberta' che avevate come volevate, avete sprecato il vostro tempo libero. E domani torneremo tutti alla nostra vita di merda.
Che tristezza, vero?"
.
Uno dei membri dei Fichissimi e' Andrea Pomini che, dopo lo scioglimento del gruppo, ha fondato l'etichetta indipendente Love Boat Records & Buttons, ha poi militato nei Disco Drive ed e' oggi un apprezzato giornalista musicale. Il cantante, Mr. Occhio, suona ancora ma da solo, come one man band.
2001: Odissea nel cyberspazio
"E quel tipo sognatore, un po' buffo, visionario, quel tipo cosi' strano che veniva da lontano, col suo segreto antico di maschere e di trucchi, di giochi e di risate, di sogni e di canzoni. Arrivo' un giorno caldo con il sole ad Occidente, in una casa dove ballava tanta gente...C'era una volta un geniale cantautore.
Nella seconda meta' degli anni 70, ancora giovanissimo e dopo aver suonato come chitarrista per artisti gia' affermati, inizia a meravigliare il paese con pezzi di straordinaria originalita' e innegabile ispirazione tanto da vincere, al suo debutto discografico, il premio come migliore opera prima. Pubblica altri due album mantenendo sempre livelli di scrittura eccezionali prima che avvenga la metamorfosi: il cantautore si infatua dell'elettronica, diventa Arlecchino e inizia a costruire un mondo fantastico, misterioso e coloratissimo, popolato da modelli della televisione, extra-terrestri, supereroi dei fumetti, sostanze allucinogene, cibo, dolci e maschere della Commedia dell'Arte.
Da questo momento in avanti il successo lo travolge e, inizialmente, cavalca l'onda come il piu' scafato surfista della California, arrivando a toccare vette inimmaginabili. Poi qualcosa si rompe. La fortuna gli volta le spalle e Arlecchino, troppo orgoglioso e troppo fuori dalle righe, non riesce piu' a tornare in sella. Stecca il Festivalbar nel 1983, stecca Sanremo nel 1984, prima di scomparire dalle scene insieme ai suoi fantasmi e alle sue ossessioni. Quando rientra, e' una persona matura, ancora piu' colta e preparata musicalmente, piena di idee ed entusiasmo, ma alla fine degli anni 80 i tempi sono cambiati e negli anni 90, rimasto solo e incompreso, finisce per perdere anche idee ed entusiasmo. Non riesce piu' a parlare ai giovani con naturalezza, ne' riesce a guardare nel futuro come sempre aveva fatto e come fanno i supereroi di cui aveva cantato le imprese. E nel presente, purtroppo, i giovani sono attratti dai Jovanotti o dagli 883 i quali, a pensarci bene, non fanno altro che rileggere le sue intuizioni, l'immaginario fumettistico, la saga metropolitana e adolescenziale, le maschere e la chimera del digitale, ma senza la sua poesia.
In questo periodo di sbandamento e delusione, Arlecchino trova rifugio fra gli emarginati e gli sconfitti che bazzicano i centri sociali, come gia' aveva fatto all'inizio della sua carriera, ed e' li' che probabilmente si imbatte nel variegato sottobosco di punkettoni che popolano quelle scene e che, oltretutto, lo ammirano e lo rispettano come un "padre", anche solo per il fatto che in Italia fu lui, fra i primi, a scrivere pezzi punk fatti e finiti come "Divo Divo" o "Poliziotto per favore".
Cosi' al nostro cantautore si accende una lampadina e, col volto dipinto di bianco, un'enorme cresta in testa e aggrovigliato tra luci al led e cavi elettrici colorati, mette in piedi la sua ultima trasformazione: dopo l'Arlecchino Metropolitano degli esordi, e dopo l'Arlecchino Elettronico del grande successo, e' arrivato il momento di tramutarsi nell'Arlecchino Cyberclown.
Si identifica con i proletari, con i disoccupati, coi dispersi e i perdenti e rintraccia, nella maschera di Arlecchino, una genuina anima punk: anche il servo, infatti, e' nato in un contesto sociale basso, popolare, sotterraneo (le divinita' demoniache ctonie da cui forse la maschera deriva), e' in fondo un immigrato, sempre affamato, e' povero e antagonista nei confronti del padrone.
Ma soprattutto la musica: riascoltando le canzoni che compongono i suoi album, dal primo "Cenerentola e il pane quotidiano" fino a "Rockmantico" del 1982, viene semplicissimo rinvenire molti degli elementi che saranno alla base del flower-punk, come il contesto giovanilistico, i giri armonici che riecheggiano il doo-wop e il bubblegum, i ritornelli zuccherosi e seducenti, la manifesta auto-ironia, i fumetti, i robot, la fantascienza, la televisione, la pubblicita'... C'e' gia' tutto. E poi, chi meglio dell'Arlecchino Elettronico ha utilizzato cori a'-la Beach Boys, gli oh-oh-oh, gli yeh-yeh, i wow-wow, cosi' tipici del flower-punk?
Utilizzando strumentazione elettrica, accelerando il ritmo e distorcendo tutto il possibile, quelle di Alberto Camerini sono gia' canzoni flower-punk con vent'anni di anticipo!
Non e' neppure il solo ad accorgersene: nel 1998, infatti, i Manges presentano una versione punk-rock del brano di Camerini "Fanatico di rock'n'roll", gli Impossibili, poco piu' tardi, inseriranno nell'album "Contro tutti" l'immortale "Rock'n'Roll Robot" riletta a modo loro e, nel 2001, i Semprefreski faranno lo stesso con "Non devi piangere".
Il terreno e' fertile e al Cyberclown basta poco piu' di un lustro per rinvigorire tutto il movimento agguantando con autorevolezza il timone di una barca ultimamente manovrata da mani incerte e confuse. E' come Ulisse che torna a Itaca per riprendersi il suo regno, anche lui dopo vent'anni di successi e di travagli, anche lui travestito da reietto, anche lui pronto a tutto.
Nel 1998 ritorna in televisione partecipando a una trasmissione - "Meteore" - operazione che per chiunque altro puzzerebbe di patetico e lacrimevole, ma il suo spettacolo non ha nulla di patetico ne' di lacrimevole, anzi, sembra servirgli come cassa di risonanza per urlare a tutti quanto Arlecchino sia ancora vivo. Folle e pericoloso.
Nei due anni successivi compare come ospite nei programmi "Roxy Bar" e "Help". Intanto sta lavorando al suo album reclutando musicisti nel giro del punk-rock dei centri sociali. La prima esibizione e' al Leoncavallo, nel 1999, ed e' li' che si assiste alla metamorfosi definitiva che lo portera' a registrare, nel 2001, l'album "Cyberclown" con gli Skidsoplastix, band formata da musicisti provenienti dai Punkreas e dai Porno Riviste.
Da questo momento inizia l'avventura vera e propria collezionando concerti in tutto il Nord Italia (e non solo). Inaugura l'etichetta indipendente 316 Records, vince premi come miglior artista indipendente, si toglie la soddisfazione di scrivere una nuova canzone a Viola Valentino e arriva, infine, a pubblicare un secondo album, ancora piu' ruvido, ancora piu' punk: "Kids Wanna Rock".
Nel Settembre del 2004, insieme ai Gerson e ai Kalashnikov Collective, si esibisce al Centro Sociale Garibaldi, sempre a Milano, in favore dell'orto botanico adiacente spazzato via per lasciare spazio ad altro cemento. La sala, larga perfino piu' di venti metri quadrati, e' completamente gremita, con decine e decine di persone in vibrante attesa. Solo tre giorni prima era morto un certo John William Cummings, meglio noto come Johnny Ramone, cosi' il nuovo Alberto - versione Exploited - abbraccia la chitarra, stravolge la scaletta, invita sul palco il cantante dei Senzabenza che si trova tra il pubblico e da' il via, durante una serata indimenticabile, a un sentito omaggio a uno dei chitarristi piu' importanti della storia.
Il cerchio si e' chiuso.
Oggi. La fine?
"La scena punk oggi e' straordinariamente piena di ottime band: il problema e' che ai concerti non ci va un cazzo di nessuno. Ti parlo del Nord, che e' la scena che conosco meglio. Negli anni 90 anche a un concerto di band non molto note non c'erano mai meno di un centinaio di persone. Oggi cento persone sono un traguardo difficile per chiunque...Tra la fine degli anni 00 e la seconda decade del nuovo millennio, molti dei gruppi storici si ritirano dalle scene, si perdono, scivolano via dalle memorie, si sciolgono, si dividono e si scompongono in complessi sempre piu' settoriali e di nicchia, dando la sensazione di essere giunti alla fine di questo lungo ciclo.
(Intervista ai Senzabenza)
In realta' e' vero che il punk-rock cantato in italiano non e' piu' in pieno fermento, ma e' comunque ben lontano dall'essere finito: a una certa ricorsivita', dovuta anche alla natura della formula (che, limitata dalle sue convenzioni, sembra non permettere grandissime trasgressioni e aggiornamenti significativi), emerge anche una maggiore consapevolezza e una rinata determinazione da parte dei sopravvissuti e delle nuove leve che, ora, non evocano piu' soltanto i Ramones, ma anche il punk italiano di primissima generazione, quello precedente all'hardcore, emancipandosi ancora una volta da quest'ultimo.
Del resto, gia' tra la fine degli anni 90 e i primi anni del decennio successivo, salivano alla ribalta i Prozac + di Gianmaria Accusani, discendenti diretti di quel fenomeno nostrano e squisitamente punk conosciuto come Great Complotto, cosi' come i Tre Allegri Ragazzi Morti di Davide Toffolo.
I PAY, complesso varesino della prima ondata anni 90, nel 2015 ri-pubblica in edizione di lusso la punk-rock-opera "Federico III e il Destino Infausto", registrata originariamente nel 2005. Tra gli ospiti d'onore che partecipano al concept svettano, fra gli altri, i soliti guru: Freak Antoni e Alberto Camerini.
Nel 2008 il disco "200 Bullets & Friends" dei 200 Bullets, gruppo milanese nato nel 2002, esce con una particolarita': un ospite per ogni brano. Tra i tanti, vediamo ad esempio comparire Dani dei Porno Riviste, Araya degli Impossibili, e ancora una volta Camerini, che rilegge uno dei suoi grandi capolavori - "Computer Capriccio" - in versione punk-rock.
Anche gli Shandon, che gia' nel 2002 avevano riproposto "Sei in banana dura" dei Windopen (band bolognese, sempre di area Cramps, attiva dal 1976), nel 2016 si cimentano in un altro importante omaggio coverizzando niente meno che "Eptadone" degli Skiantos (1978), che personalmente ritengo il piu' grande pezzo punk mai scritto in Italia.
Nel 2017 a Caiolo, nei pressi di Sondrio, di fronte a una impressionante arena di oltre duecento persone (qualche testimone parla addirittura di duecentoquaranta!), si e' tenuto il "Maledetta Primavera Beer Festival".
Dopo una raffinata cena a base di polenta e salsiccette in una notte memorabile, hanno suonato diversi gruppi punk tra cui gli ottimi Pessimi Elementi come "padroni di casa", subito prima del gran finale, lasciato di diritto agli Impossibili di Efrem "Araya" Mezzanini.
Per qualche ora fiumi di birra hanno ricominciato a scorrere tra giovani e tra i non piu' tanto giovani commossi dai ricordi, le gambe hanno ricominciato a saltellare in mezzo a poghi amichevoli e meno amichevoli, gli sbirri sono tornati a essere i terribili "cani blu" e, tra gli indimenticabili riff di "Sul sedile con te" e di "Punk Girl", tra l'irresistibile refrain della cover "Rock'n'Roll Robot" eseguita a velocita' doppia e una serie infinita di "One, two, three, four!", hanno calcato il palco anche i giovani e talentuosissimi Bad Frog, da Codogno (Lodi), con brani al fulmicotone della durata massima di un minuto e mezzo, uno dei quali e' dedicato a una fanciulla.
Mi piace pensare, pero', che la fanciulla rappresenti solo una metafora, che il tempo sia passato ma non la voglia di fare casino, di divertire e di divertirsi, e che il destinatario di queste parole sia, in realta', la musica. Il punk. Il flower-punk italiano.
"Son finiti i tempi delle medieL'onda si e' infranta, ma forse siamo solo noi, che siamo stati giovani negli anni 90, a essere cresciuti, ad aver perso l'innocenza e la stupida voglia di demenza. Ma solo noi, perche' tra le nuove generazioni il morbo e' ancora in circolo.
Son finiti i tempi dei NOFX
Ho cambiato la pettinatura
ma mi piaci ancora te
E il flower-punk e' ancora vivo e vegeto.
Raffaele Pirroni
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Fonte: Il Flower-Punk Italiano (di Onda Rock)
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