Aprile (di Qualcosa Del Genere)
Aprile (di Qualcosa Del Genere)
https://www.qualcosadelgenere.com/2011/04/20/aprile/
Qualcosa Del Genere
April is the cruelest month.
(T. S. Eliot)
Mio padre mi diceva sempre: "Ricorda, Qualcosa. Se c'e' una cosa peggiore dall'abusare di tuo padre per cominciare un pezzo, e' affondare il disincanto nel silenzio della primavera." Che chiaramente non vuol dire un cazzo, visto che andava avanti a diazepam e piangeva come un coglione.
Fondamentalmente non ho avuto un'infanzia felice. Colpa di una madre autoritaria e possessiva che sfogava nell'alcol le frustrazioni di un matrimonio fallito e che un giorno entro' in un ristorante e accoltello' mia madre.
Di solito evito questo genere di introduzioni perche' ti conferiscono, sapete, quell'aria pretenziosa e obsoleta da sfigato Woody Allen intellettuale nevrotico dei miei coglioni. Magari vi confido col cuore in mano che mio nonno sta facendo chemioterapia e voi mi immaginate mentre scorrazzo il mio pisello circonciso nei sushi-restaurant di Manhattan a strumentalizzare Kafka.
Tuttavia sto cercando di ridurre al minimo le battute a sfondo sessuale, nel vano tentativo di arrestare la torbida spirale di lettrici che ruotano rapaci e morbose attorno al mio uccello. Interesse dopotutto giustificato: il mio cazzo e' talmente lungo che per venirti in faccia devo digitare +39.
Qualche giorno fa una di voi mi ha scritto dicendomi che se la citavo in un mio pezzo mi mandava una sua foto porca. Mi sono detto "Perche' no? Dopotutto e' un modo come un altro per mantenermi in contatto con la realta' che descrivo; e' blogging d'inchiesta sul territorio, alla Vittorio Arrigoni."
La mia Gaza City e' la fica.
Consideratemi una sorta di sexy Flotilla della perversione che approda gloriosa e salvifica nelle vostre vite di studentesse annoiate con un carico di ironia sbarazzina e lubrificanti a pH neutro.
La cosa piu' frustrante dell'omicidio di Arrigoni e' che, per quanto mi sia sforzato, non sono riuscito ancora a trovare nessun concreto coinvolgimento da parte di Israele. E probabilmente non c'e' davvero. Del resto nemmeno io passerei le giornate ad ordire ingegnosi e sofisticati complotti per lo screditamento politico di Hamas, se avessi la bomba atomica.
"Comandante Tamir, stavo pensando che potremmo infiltrare alcuni tra i nostri piu' fidati uomini nelle frange salafite a torturare ed uccidere un pacifista palestrato della Bassa Brianza in modo da presentare ai lettori di Repubblica uno scenario complesso e contraddittorio che riscatti mediaticamente il cruento genocidio che da decenni stiamo perpetrando."
"Bah, facciamo invece che bombardiamo un asilo e domani mandiamo in tv Roberto Saviano."
E' da eventi luttuosi come questo che traspare la brutale insensatezza della questione mediorientale: trascorri gli anni migliori delle tua giovinezza a soccorrere una popolazione martoriata dai raid israeliani e finisci scannato dall'ultima sfigata cellula di teste di cazzo scopacammelli affiliati ad Al-Qaida. Nessun banchiere ebreo. Nessun fottuto Mossad. Ucciso da chi dovrebbe difenderti. E' come lottare contro i tagli alla scuola ed essere strangolati da Umberto Eco.
Quel genere di episodi irrazionali e stupidi che ti fottono il cervello. Tipo il rapimento della salma di Mike Bongiorno. Sono passati quattro mesi e non c'e' stata nessuna richiesta di riscatto, giusto? Continuiamo ad illuderci che ci sia dietro un qualche indecifrabile movente eversivo o ci rassegniamo serenamente all'idea che e' stato mollato in una discarica da quattro punkabbestia a rota di subutex?
Vedrete, lo ritroveranno tra qualche anno intrappolato nel muro portante di un istituto professionale di Caserta.
Ma probabilmente e' l'affrontare impavidi questo genere di situazioni che differenzia la vostra amorfa generazione di patetici invertebrati posta-stronzate-su-Facebook dai veri eroi contemporanei come Vittorio Arrigoni.
O come il sottoscritto.
Magari in questo momento sono qui che vi scrivo un pezzo politicamente impegnato sul conflitto israelo-palestinese e domattina mi risveglio a casa di una commessa di Campobasso con una telecamerina e cinque metri di nastro isolante, ostaggio dell'epatite B.
Cio' che con questa introduzione sto cercando di spiegare all'avvilente accozzaglia di disadattate teste di cazzo che mi ammorbano i coglioni lamentandosi via mail perche' scrivo poco, e' che sono fin troppo impegnato a portare avanti i miei ideali di emancipazione culturale scopandomi lettrici arrapate e reverenziali, per perdere anche un solo minuto a compilare sapide battutine di cortesia sull'ultima stronzata che avete letto su Repubblica.
La rete e' grande; muovete il vostro culo satirico da qualche altra parte.
"Stark amore, sono Martina StayHuman Colasanti, la tua ragazza. Il cui essere pleonastica nelle presentazioni e' meramente funzionale alla buona riuscita di questa battuta. Che ne dici se stasera vengo da te, tiriamo due grammi di coca e mi trapani il culo per una mezz'oretta buona?"
"Mi dispiace, tesoro. E' giovedi'. Mi sa che bevo due redbull e commento Annozero coi ragazzi di Spinoza".
Dieci anni fa quando dicevi alla tua ragazza che volevi passare una serata con gli amici ti ritrovavano dopo sedici ore sulla tangenziale fatto di ketamina con in mano il rene di una tredicenne; all'epoca certa gente era giustamente segregata nelle soffitte a leggere Tolkien, modificare Playstation ed esperire il disagio dell'eiaculazione precoce.
Al giorno d'oggi invece puo' capitarti che te ne stai per i cazzi tuoi in discoteca sfatto di negroni sbagliati mentre cerchi di infilare un dito nel culo di una cubista e senti alle tue spalle un frocetto sfigato che ti spia pavido ticchettando sul suo iPhone tweet ironici sugli hipster.
Tornatene nella tua cameretta a scaricare Uochi Toki, sarcastica e petulante testa di minchia.
Intendiamoci, ragazzino, non ce l'ho con te. Trovo persino tenero il tentativo di mascherare le tue frustrazioni da fallito ex-genietto-del-liceo dietro quest'immaginario di smaliziato nerd di controtendenza indie che fa satira antropologica giovanile. Ma vedi, rubicondo eunuco dell'umorismo pedante, io non sono il tuo Salone del Fottuto Mobile.
Io sono lo stereotipo culturale del figlio di puttana che ti spacca la faccia.
Corri su Facebook a postare l'ultima frase carpita a David Foster Wallace prima che lo ritrovassero appeso al soffitto come uno stronzo, e - visto che ci sei - accompagnala con la foto del noodlebox che hai scattato a Chicago nel 2007 per alimentare quell'aria da metropolitano disincantato che impressiona tanto le troiette.
Le troiette come te, Antonella.
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Fonte: Aprile (di Qualcosa Del Genere)
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