Sono passati dieci anni (nel tempo del racconto) da quando avevamo lasciato il protagonista senza nome di Fight Club, apparentemente liberatosi della pericolosa e imprevedibile presenza di Tyler Durden dalla sua mente affetta da un grave Disturbo Dissociativo dell'Identita'. Se nel film il Progetto Caos di Durden aveva preso una piega ben piu' apocalittica, nel romanzo questo aveva avuto un'iterazione altrettanto anarcoide ma dagli effetti meno catastrofici.

Nel corso di questo tempo, il protagonista, il fu Lupo che corre (e tantissimi altri nomi), si fa chiamare Sebastian e ha una vita sin troppo normale e monotona: lavora in ufficio, e' convolato a nozze con Marla Singer, e da questo matrimonio e' nato un bambino che, gia' dall'infanzia, dimostra di avere un profilo psicologico-attitudinale pericolosamente simile a quello del padre. Sebastian, inoltre, tiene a bada la sua patologica psicotica grazie a un pesante mix di farmaci che assume ogni giorno.

Solo che Tyler non e' mai davvero morto, e in questi dieci anni e' rimasto sopito e in attesa, venendo fuori di tanto in tanto e gettando le basi per una "Fase 2" del suo progetto, il quale, senza che nessuno se ne accorga, ha assunto una dimensione ben piu' drammatica e internazionale. Il momento della nuova ascesa di Durden e' vicino, e questa volta non e' detto che questa forza caotica possa essere davvero fermata.

Pur parlando un linguaggio diverso, ma non antitetico, rispetto al passato, la mitologia di Fight Club torna splendidamente alla vita in questo sequel a fumetti, degno prosieguo di una storia mai davvero conclusasi, ma che anzi nel tempo si e' arricchita di nuovi elementi e persino maggiore forza grazie alla sempre maggiore decadenza della societa' nella quale viviamo. Fight Club 2 possiede una potenza e originalita' narrative parimenti importanti al romanzo e al film da questo tratto, e rilancia, in chiave moderna e non rivisitata, una mitologia che ha fatto oggettivamente la storia e che e' divenuta immortale.

In questo sequel, Palahniuk riporta in scena tutto cio' che aveva reso il suo romanzo un grande successo, a partire da personaggi completamente fuori dagli schemi (non saranno solo i tre principali a fare ritorno, in Fight Club 2) e un contesto narrativo folle ma dotato di una peculiarita' e una caratterizzazione uniche. Ma sopra ogni cosa, lo scrittore dimostra ancora di avere delle idee dirompenti e vincenti, che si sono riplasmate da se' nel corso degli anni, assumendo nuovi e piu' agghiaccianti profili: tutto questo da' vita a una storia cattiva, amara, anarchica, e impregnata di quello humour unico che ti fa ridere dandoti contemporaneamente un brivido lungo la schiena. In Fight Club 2, Palahniuk e' ancora piu' agguerrito e disgustato di prima nei confronti del mondo e della maggioranza delle persone che lo abitano, nei confronti di una societa' fasulla eretta sulle ipocrisie e la violenza: l'autore ne ha un po' per tutti, dalla religione agli enti benefici, dagli uomini alle donne, dai bambini ai vecchi, in un racconto politicamente scorretto che non guarda in faccia nessuno, nemmeno allo stesso Palahniuk.

Inoltre, con questo fumetto (medium che, con budget notevolmente piu' basso rispetto al cinema permette di mettere in scena potenzialmente qualsiasi cosa) non solo va a espandere la mitologia da se stesso creata (scopriremo, per esempio, qualcosa di piu' sul passato del nostro protagonista senza nome), ma va anche a connotare in maniera piu' approfondita, e persino metafisica, quell'oscura presenza nota come Tyler Durden. Ancora, e' splendido notare come una grande mente che presta il suo talento alla scrittura, sia in grado di fare cose originali e incredibili anche se al lavoro su un medium nuovo: in quest'opera, Palahniuk va spesso e volentieri a rompere la cosiddetta quarta parete, inserendo elementi molto "reali" nella storia (assieme a gustose easter eggs), e riesce quasi a creare un meccanismo grafico che potremmo definire di "realta' aumentata" dove alcune pagine del fumetto assumono una specie di bidimensionalita', nella quale tra il contenuto delle vignette e gli occhi del lettore si frappone un altro piano dotato di un proprio preciso profilo. Difficile dirvi di piu' senza fare spoiler, ma vi assicuriamo che quella di questo volume e' un'opera che trascende in modo assurdo quanto glorioso i limiti classici del fumetto, donando al proprio pubblico un'esperienza di lettura in grado di frullargli la mente, piacevolmente.

Se tali soluzioni e l'intero compartimento grafico di Fight Club 2 sono un successo senza "se" e senza "ma", grande merito va anche all'artista Cameron Stewart, in grado di infondere con il suo personalissimo e mutevole stile grande prestigio a ogni pagina del volume. In quest'opera, il disegnatore opta per una linea pulita e marcata, che riesce a conferire grande realismo senza pero' rinunciare a giuste contaminazioni pop, e per uno storytelling lineare e sequenziale dal taglio volutamente cinematografico. Le copertine di Fight Club 2, inoltre, sono firmate da un talento dell'arte visiva fuori scala come David Mack, davvero stupende e che da sole valgono la spesa dell'acquisto del volume.

In conclusione, nonostante la legittima diffidenza che si puo' nutrire nei confronti di un sequel di un'opera cosi' unica e potenzialmente irripetibile, Fight Club 2 si dimostra essere una storia splendida e molto originale, dotata di un linguaggio potente, antipatico e scorretto che immancabilmente ammalia il lettore. Chuck Palahniuk torna a scrivere di Tyler, "Sebastian" e del loro folle mondo (che poi e' il nostro) con grande intelligenza e anche tanta rabbia, donandoci un secondo capitolo di una storia che aveva e continua ad avere grande attualita' e ben pochi rivali.
Raffaele Caporaso

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Fonte: Fight Club 2, La Recensione (di BadComics)
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