Poi a volerla vedere in senso piu' ampio e' un po' come se fosse una fotografia di quello che abbiamo fatto in questi ultimi anni e di quello che siamo diventati, crescendo collettivamente e come persone. Per noi credo di poter dire che si tratti di un pezzo di percorso che si chiude per aprire nuove strade. Una sorta di passo dovuto che per diversi motivi e' stato sempre procrastinato.
Ci auguriamo in questo senso che arrivi nel momento giusto e che soprattutto sia uno stimolo a portare avanti questo e altri progetti con ancora maggiore entusiasmo.

Gab (C.C.): Milano e' una citta' grande, ma forse molto frammentaria a livello di scena.
Cosa volete dire a proposito?
Vi sentite parte di qualcosa di unitario nella vostra citta' o preferite cercare "unita'" al di fuori del contesto cittadino?


RFT: Non ci siamo mai posti in maniera totalizzante la questione dell'appartenenza a una scena, intesa come scena prettamente musicale, anche se sicuramente, volenti o nolenti, ne facciamo parte; l'appartenenza che sentiamo di piu' e' quella alla dimensione dell'autogestione e all'autorganizzazione piu' in generale che, fortunatamente, ha molteplici connessioni con la cosiddetta scena hc DIY. Da questo punto di vista ci sentiamo di appartenere a un qualcosa che va molto oltre le "mura" della nostra merdosa citta' e che e' uno strumento fondamentale di diffusione di contenuti, non solo artistici, ma anche politici. Guarda, parlare di unita' e scena e' sempre un po' difficile, a Milano in particolare e' complicato parlare di "scena" nel senso piu' classico del termine. Crediamo che una definizione migliore sia dire che c'e' tanta gente che si sbatte e che ogni tanto ci sono le condizioni e i contesti in cui fare delle cose insieme.
Poi sicuramente tra i vari gruppi che suonano si e' mediamente in buoni rapporti, anche facendo cose molto diverse. Se dovessimo parlare di un senso di appartenenza (piu' che di "unita'") pensiamo che questo lo si possa sentire soprattutto rispetto al modo con cui si sceglie di muoversi in tutto quello che e' il circuito hc/punk piu' in generale: legare la musica a un bisogno di comunicare piu' ampio, costruire iniziativa dal basso, riempire le cose che si fanno di un senso piu' profondo dei 4 accordi e del tupa tupa.
Prima ancora di iniziare a suonare gia' ci sbattevamo all'interno delle situazioni occupate e autogestite e questo ha sicuramente contribuito a caratterizzare il nostro modo di vivere l'hc/punk in tutte le sue sfaccettature. Dentro a questa dimensione abbiamo imparato a comprendere che tutto quanto si basa sulla costruzione e sul consolidamento di rapporti e relazioni che si sviluppano e crescono nella condivisione degli stessi ideali e delle stesse pratiche. Le varie "scene" sono fatte di persone che condividono le stesse passioni e gli stessi progetti, e da questo punto di vista non pensiamo che Milano sia ne' peggio ne' meglio di tanti altri posti in Italia.
Poi sul fatto che Milano sia una citta' decisamente invivibile e mediamente piena di stronzi stiamo scoprendo l'acqua calda...

Gab (C.C.): Le vostre canzoni hanno testi molto personali, eppure e' impossibile non identificarvi come gruppo impegnato nel politico. Come riuscite a coniugare le due cose (secondo me) cosi' bene?
Ossia, come e' possibile fare testi che esplichino qualcosa di interiore ma avere un atteggiamento cosi' diretto nei confronti delle posizioni d'impegno che avete?
Generalmente, guardando in Italia, e' una cosa che riesce a ben pochi gruppi.


RFT: Beh intanto grazie... pensiamo comunque che sia qualcosa di abbastanza naturale, nel senso che alla fine se si riesce a percepire quello che hai appena constatato, significa che da quello che facciamo viene fuori quello che siamo.
Piu' che all'interno dei testi, che, come hai potuto notare parlano magari piu' di stati d'animo interiori che di tematiche politiche e sociali (come tanti dei nostri riferimenti maggiori, come ad esempio i Negazione o i Kina), cerchiamo di comportarci da compagni nel nostro modo di vivere l'hc/punk in generale, non solo la musica in senso stretto.
L'impegno politico fa parte della quotidianita' della maggior parte di noi e conseguentemente e' tutto molto naturale... I nostri testi cercano, proprio attraverso tematiche piu' personali ed intime, di trasmettere a chi ci ascolta una sofferenza di fondo, una sensazione di inadeguatezza che da sempre ci portiamo dentro; questa inadeguatezza nasce proprio da una presa di posizione politica, uno schierarsi dalla parte degli oppressi, contro gli oppressori, rappresenta il dolore di sentirci noi stessi oppressi da una societa' che ha valori vuoti e futili in cui non ci riconosciamo. Detto questo crediamo che sia il modo in cui vivi e ti comporti che va a fare la differenza, oltre alle cose che scrivi. E lo schierarsi oggi e' qualcosa di abbastanza inevitabile, vista la realta' in cui viviamo.
Poi le canzoni spesso nascono da sole, da un frammento di gioia, da una tensione, da un ferita interiore da bisogni a cui non corrispondono risposte. E queste sono le cose che sentiamo e viviamo e cosi' vengono fuori.
Naturalmente sono la fotografia di un vissuto che e' quello di noi 5, delle nostre vite e del nostro modo di viverle, e se le nostre vite sono sempre state caratterizzate da determinate scelte e prese di posizione, questo si percepira' anche nel modo in cui parliamo di qualcosa di piu' legato alla sfera interiore.

Gab (C.C.): Secondo voi, di cosa avrebbe bisogno il circuito DIY per migliorarsi?
Parlo sia a livello di concerti che a livello di produzioni discografiche...ma potete anche toccare altri argomenti!


RFT: Un limite del circuito DIY potrebbe essere, a nostro avviso, l'essere circoscritto quasi all'interno di un unico genere, l'hardcore punk, ed essere meno diffuso in altri generi che hanno tanto da dire e sono capaci di proporre contenuti e tematiche altrettanto radicali e anticonformiste.
Basti pensare alle posse o all'hip hop piu' in generale, passando per il reggae e la musica cosiddetta sperimentale. In tanti altri contesti musicali l'autoproduzione viene vissuto come un passaggio necessario per ambire a un successivo "salto di qualita'", e questo comporta che non vi sia un vero e proprio circuito capace di sostenere il DIY come scelta e non come ripiego momentaneo.
Da questo punto di vista il punk/hc rappresenta una specie di oasi, dove si puo' vivere senza la mercificazione della musica, e questo grazie allo sbattimento di un sacco di gente che nemmeno si conosce magari, ma condivide la stessa attitudine.
Ci sono stati tanto tentativi di darsi un minimo di coordinamento in piu' tra le varie realta' che si muovono a livello nazionale, pensiamo che sia un buon punto di partenza. Mettere insieme energie ed esperienze e' qualcosa che ti permette di sopperire con la condivisione alla mancanza di grandi mezzi economici, come ci dimostrano le coproduzioni. In questo senso sta a noi costruire i presupposti per cui si faccia sempre un passo in avanti... in ogni caso una vera scena hardcore non esisterebbe senza il do it yourself, anzi l'hardcore per antonomasia e', storicamente e culturalmente, DIY.

Gab (C.C.): Milano e i suoi spazi sociali stanno vivendo un periodo difficile: repressione e ridimensionamento da parte delle autorita' (che in vista dell'Expo si stanno dando da fare) e uno sdoganamento dell'attivismo di destra dall'altra.
Vi porgo una domanda particolare, ma che spero potra' essere meno generica rispetto a quanto ci si possa aspettare sull'argomento: cosa puo' fare l'hardcore in questa situazione?
Puo' essere veicolo di idee costruttive e nuova spinta per il movimento?


RFT: L'HC sicuramente, e la sua tradizione in Italia lo conferma, e' sempre stato veicolo di contenuti radicali e di impegno politico e sociale e pensiamo lo sia ancora; il problema e' che, a differenza di cio' che succede in altri paesi europei (nord Europa soprattutto), l'HC in Italia e' un genere di nicchia.
Nel nostro paese di merda la musica dal vivo, in generale, vede un declino inarrestabile da ormai una quindicina d'anni a questa parte: la gente preferisce andare in discoteca o a un rave a ballare e strafarsi piuttosto che andare ad ascoltare una band suonare live, e non ci riferiamo solo alla gente "normale" ma anche a chi sta nel movimento.
L'HC e' diventato roba per intenditori e per questo non puo' essere un veicolo tanto potente da diffondere contenuti a grandi masse di persone. Forse in questo senso legare il mondo dell'hc/punk ai percorsi di liberazione reali e tangibili (occupazioni, autogestioni, TAZ, iniziative e cortei...) puo' essere un modo con cui avvicinare la gente a un circuito che da sempre e' portatore di valori positivi.
Poi purtroppo i grandi equilibri che si muovono sopra le nostre teste non sono semplici da abbattere... Quello che si puo' fare e' utilizzare la musica come uno strumento di comunicazione che risvegli un pochino lo spirito critico delle persone.
Insomma con l'HC e i suoi contenuti non cambieremo il mondo magari, ma qualche testa si, e gia' questo e' un buon passo in avanti...e siamo abbastanza sicuri che un buon effetto a cascata possa fare il suo, insomma una valanga parte sempre da un sasso, o no?

Gab (C.C.): Legata a voi c'e' Basura DIY Prod, un'etichetta che opera nel campo delle autoproduzioni hardcore. Come funziona, con che criterio scegliete i gruppi da aiutare e cosa riserva il futuro?

RFT: Basura e' nata alla fine in modo abbastanza casuale e naturale, diciamo che e' un po' la diretta conseguenza delle cose che abbiamo portato avanti per anni.
Possiamo dire che e' uno strumento in piu' di cui ci siamo dotati per sostenere il circuito DIY e dare il nostro piccolo contributo.
Inizialmente abbiamo cercato di dare una mano un po' a tutti quelli che ce lo chiedevano, e viste le spese al momento siamo in una sorta di pausa di assestamento. I criteri con cui scegliamo i gruppi o le situazioni sono molteplici: innazitutto si parte da un'affinita' umana e personale quando ci si conosce, altrimenti ci interessa vedere uno cos'ha da dire e come lo dice, e non in ultima istanza se un gruppo ci piace musicalmente o meno.
Nell'arco di circa un anno abbondante di attivita' abbiamo fatto parecchie produzioni, e di tutte siamo molto contenti. Spesso e' stata anche un'occasione per costruire nuove relazioni e amicizie (immagino capirai a chi ci riferiamo caro Gab...) e questo e' quello che da' senso al far vivere una piccola etichetta, oltre a quello di suonare piu' in generale.
Speriamo che in futuro si sia in grado di crescere, nella qualita' e nella quantita' di produzioni, e nell'organizzazione di iniziative legate al circuito punk/hc.
Abbiamo una compila benefit anticarceraria su DVD e CD, BelloComeUnaPrigioneCheBrucia, nata da una serie di festival organizzati negli ultimi anni in ballo da un bel po' di tempo, speriamo che riesca a vedere presto la luce!

Gab (C.C.): Avete mai intrapreso esperienze fuori dai confini italiani? Se no, dove vi piacerebbe suonare e cosa vi aspettate di trovarci?

RFT: Fino ad oggi non abbiamo mai suonato all'estero, per un motivo o per l'altro. Di sicuro riuscire a fare un tour in tempi non biblici e' uno degli obbiettivi che ci siamo posti con l'uscita del disco.
Non abbiamo una preferenza particolare, vi sono piuttosto un sacco di posti di cui gli amici ci hanno parlato estremamente bene. Dalla Germania ai Paesi Baschi fino all'est Europa saremmo felici suonare ovunque.
Ogni posto ha una sua cultura specifica e anche il circuito hc/punk vivra' di differenti situazioni...insomma come si suol dire c'e' un mondo da scoprire la' fuori...

Gab (C.C.): Suonate sempre in contesti politicizzati o comunque legati ad un concetto di autogestione, di attivismo dal basso.
Se vi fosse proposto di partecipare ad un grosso festival per cosi' dire "mainstream" (i vari Rock In Idro et similia) pensate di riuscire ad esprimervi allo stesso modo?


RFT: Abbiamo da sempre suonato nelle dimensioni autogestite, un po' perche' e' da li' che arriviamo, e quindi ci sentiamo completamente a nostro agio, un po' perche' quella e' la dimensione dove vive e respira l'hc/punk.
Detto questo crediamo che suonare significhi innanzitutto comunicare, dire delle cose. Per questo pensiamo che valga la pena non andare a porsi preclusioni totalizzanti rispetto al dove andare a suonare, entro ovvi limiti...
Suonare, in contesti magari differenti da quelle che sono le nostre dimensioni abituali, essendo completamente noi stessi, con la nostra musica, i nostri contenuti, puo' essere paradossalmente anche un modo per creare nuove contraddizioni, raggiungere anche persone lontane dai nostri circuiti e diffondere i nostri messaggi dove altrimenti difficilmente arriverebbero. Poi chiaramente dipende da situazione a situazione, ma crediamo che la cosa fondamentale sia mantenere chiara la consapevolezza di qual'e' la nostra strada e di quello che siamo, senza bisogno di etichette.
Anni di autogestione ci hanno insegnato che contano le cose che fai, non la spilla o la maglietta che indossi...

Gab (C.C.): Qui e' Germano Mosconi, che vi saluta.
Grazie per averci seguito con...cortesia...simpatia...Insomma, a voi l'ultima parola!


RFT: Dio porco Gab, se vieni avanti ancora ti do' un pugno!!!!
Un abbraccio a tutte le persone che ci hanno fatto crescere condividendo momenti piu' e meno importanti con noi nell'arco di questi anni.
In alto i calici all'amore e alla rivoluzione!

.NOTA.
Grazie davvero di cuore a Gab della punkzine Clear Choice che mi ha permesso di pubblicare anche su puNk4free questa sborata d'intervista (ed in futuro, forse, anche altre).
Veramente un bel gesto di solidarieta', in culo alla vecchia concezione di copyright, tanto caro alla carta stampata, ed anche alle invidie puerili che spesso caratterizzano la "scena punk", anche nelle sue manifestazioni in rete.
Andate a dare un'occhiata a Clear Choice ed al resto del lavoro di Gab: troverete un po' di altre interviste di spessore e parecchie recensioni di disconi di incontrastabile bellezza, oltre ai collegamenti alla sua etichetta/distro DIY, la Epidemic Records.

.CONTATTI.
MySpace: https://www.myspace.com/rfthc
Etichetta: https://www.cospirazionediy.org/
Email: Martin Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.