I signori in questione sono i The Limit di Palermo, sui palchi gia' da quattro anni circa.
Finalmente ho avuto modo di sentire questo primo sette pollici, registrato, aggiungerei in maniera soddisfacente, a Giugno 2009 e uscito da poco grazie alla Hanged Man Rec., etichetta diy di cui ho gia' parlato in questa occasione.
La line-up e' formata da ragazzi che hanno anche suonato in altri gruppi della Palermo Hardcore (Sonny Corleone e Values Intact giusto per ricordarne un paio) e nello specifico sono Turi (batteria), Merlino e Gaspare (chitarre), Tancredi (basso) e Giovanni (voce).
La tracklist comprende dodici tracce per una durata complessiva di una decina di minuti, i pezzi filano via in un batter d'occhio e nell'insieme riescono a tenere sempre alta l'attenzione.
Trenta secondi sono piu' che sufficienti per urlare, all'interno dell'intro, che il nostro fottuto limite e' non aver niente all'interno della capoccia.
Gia' con "Keep off!" e' possibile definire lo stile che contraddistingue il gruppo, testi in inglese con una voce precisa e ben udibile, nonostante qualche volta la frenesia della velocita' ovviamente abbia la meglio, e riff di chitarra molto accattivanti.
"You rule, ok?" e' la terza traccia e mi colpisce ancora una volta per la partitura strumentale, mai ripetitiva e sempre molto dinamica soprattutto per il cambio di ritmo a meta' canzone.
"Get the hate" e' una scheggiaccia hardcore di trenta secondi, batteria martellante e voce sempre a tempo, il tutto condito da un bel "fuck!" alla fine.
"Oh my fucking God, life is a tragedy!" riesce subito ad entrare in testa, almeno con me c'e' riuscita, forse per via della struttura del testo, schematica ma funzionale per la memorizzazione delle strofe.
Un inno a resistere e a lottare contro lo stato di cose, ecco l'invito di "Part 12", altro pezzo con un testo semplice ma decisamente efficace, caratteristica che ho sempre riscontrato nelle canzoni dei The Limit.
"Strike on the net" viaggia su velocita' maggiori rispetto alle precedenti, il ritmo e' incessante fino alla fine accompagnato da una batteria sempre puntuale.
L'anticlericalismo, e in genere il rifiuto di un credo religioso, e' sempre stato un caposaldo tra le convinzioni espresse dal gruppo e viene ribadito in "Old superstitions". Poco meno di un minuto per gridare il proprio dissenso verso le odierne superstizioni e le imposizioni che queste comportano da millenni.
"Little Big Horn" e' un titolo che fa riferimento all'omonima battaglia combattuta, e clamorosamente vinta, da alcune tribu' native americane, guidate da Cavallo Pazzo e Toro Seduto, contro l'esercito statunitense. Un minuto e mezzo colmo di rabbia e di voglia di affermare la propria indipendenza anche a prezzo della propria vita.
Ancora piu' manifesta e' la voglia di reagire alla miseria del nostro esistente e ai suoi compromessi in "Smash it!", dove viene messa a nudo una vita di dolore e odio, in guerra contro chi ci vuole addomesticare.
Chiude la tracklist "Chased", ancora un'altra invettiva contro tutto un processo di annientamento, culturale ma non solo, operato dai poteri forti tramite i mass media. Alla fine "Fuck the system!" non puo' che entrare in testa e rimanerci come una presenza distruttiva.
Dal mio punto di vista questo banco di prova, se cosi' possiamo definirlo, e' stato ampiamente superato con merito, grazie alla voglia dei picciotti in questione e di chi da anni li supporta in giro per la Sicilia e non solo.
E' quindi scontato il mio invito ad acquistare il disco, in piu' versioni colorate, e darlo subito in pasto al giradischi!
Sghigno

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