Guy Fawkes, per l'appunto; non esattamente un simbolo sovversivo, ma piuttosto un'immagine - con relativa festivita' - creata dalla corona inglese all'inizio del diciassettesimo secolo per far vedere cosa succede a chi si oppone. Un nemico sconfitto, da mettere sul rogo e prendere in giro, per cementare l'allora precaria unita' nazionale britannica. Prototerrorista magari si', ma sicuramente non anarchico: la cattolica e fallimentare congiura delle polveri del 1605 mirava a uccidere il Re Giacomo I e relativo esecutivo, ovviamente protestanti, per sostituirlo al trono con la principessa, giustamente cattolica.
Eppur si muove. Anche dalla copertina della raccolta in volume di V per Vendetta si capisce che qualcosa di strano c'e'. La sorridente ed eburnea maschera-faccia di Guy e il titolo, pericolosamente simile allo slogan "V per Vittoria", come diceva un altrettanto sorridente Winston Churchill durante la seconda guerra mondiale. Diventa chiaro che gli autori vogliono giocare col codice interpretativo del sistema di rappresentazione; giocare con l'appropriazione per creare sovversivi significati, "detournarli", come si diceva una volta, appropriarsene in modo creativo come impone la cultura postmoderna. L'elenco delle illustri vittime uccise e ricomposte da Moore e Lloyd e' lungo: Orwell, Shakespeare (Macbeth su tutti), Pynchon, Dumas, Leroux, you name it. Anche la celeberrima A cerchiata viene ribaltata in una V.
V affascina perche' e' diverso, e' queer, prima intellettualmente che fisicamente; la sua diversita' e' di per se' una minaccia al discorso egemonico (maschilista e militarista) del fascismo. Un superuomo privato della propria umanita', restituita parodisticamente da una maschera dal sorriso agghiacciante. Combatte, fa la sua rivoluzione in solitaria; nel mentre addestra una giovane aiutante, la imprigiona e la tortura per affrancarla dalla costruzione sociale della propria identita' di genere: la piu' intrappolante delle gabbie, l'eteronormativita' spinta sostenuta dall'essenzialismo reazionario. Un'idea totalizzante di individuo perfetto, un modello d'obbedienza.
Normali e anormali, (anche) su questo fa leva il fascismo, estremizzare al massimo le pratiche di divisione che producono il soggetto nei moderni apparati. Scuole, caserme, ospedali, campi di concentramento. In nome della scienza e della sicurezza creare corpi docili da poter disciplinare. Il normale prima si rifugia nel Leviatano, mostro di uomini che ne assorbe la violenza e ancor piu' la liberta', e poi si convince che il proprio e' uno stato (e uno Stato) necessario: "I negri, le checche, e i beatnik... Era la nostra testa o la loro" dice Prothero, la voce radiofonica del Partito, per giustificare le aberrazioni compiute nel nome della stabilita'.
A meta' strada tra un vendicatore del teatro giacomiano, un supereroe e un rivoluzionario, V punisce e uccide, mentre il suo esplosivo spacca, taglia e fruga. Uno dopo l'altro detona il Palazzo di Westminster, il tribunale dell'Old Baley - con annessa statua della Giustizia, "Bugiarda, sgualdrina e puttana", il numero 10 di Downing street e altro ancora. Vendica se stesso, quanto subito, e rivendica per se' e per tutti l'accesso alla violenza e alla retribuzione, mentre mina la societa' autoritaria nei suoi simboli, nelle sue radici. Smantella il sistema di sorveglianza che ha fatto dimenticare il concetto di privacy: "Non saran guardati i vostri gesti, ne' ascoltate le vostre conversazioni, e 'Fa'-cio'-che-vuoi' sara' l'unica legge".
Ma V non vuole il caos, sa bene che il "Fa'-cio'-che-vuoi" e' solo una parte del processo, quasi un male necessario. Lui mira all'anarchia, che Moore definisce "una storia d'amore. Chiaramente il modo migliore e l'unico moralmente sensato per gestire il mondo" (2). V e' conscio che la passione per la distruzione e' anche una passione creativa, e che dopo una fase di confusione necessaria puo' emergere un nuovo ordine, senza potere ne' oppressioni. "Due facce indossa l'anarchia, il creatore e il distruttore" dice V alla sua discepola Evey. Destruam et aedificabo.
Anche se alcuni commentatori vedono nel personaggio e nella vicenda delle tracce di vetusto e sgradevole materialismo dialettico (3), e' innegabile il carattere genuinamente sovversivo e consapevolmente rivoluzionario, nonche' la volonta' di rigettare la classica associazione popolare tra anarchia e caos. V riesce infine nel suo intento? Anche se Moore suggerisce una prassi ideale (cosa che non fara' nel successivo e ancor piu' cupo Watchmen), decide di chiudere la vicenda prima della risoluzione, lasciando aperta ogni possibilita'; V, coerentemente con il suo pensiero, si fa da parte per non influenzare il corso degli eventi: "Via i nostri distruttori! Non c'e' posto per loro nel nostro nuovo mondo".
Un simbolo multiuso
E' il 2005. I cinema di tutto il mondo proiettano la trasposizione cinematografica di V per Vendetta. Il film cavalca la rinascita del cinema fumettistico-supereroistico ed e' voluto e finanziato dalla Warner Bros, proprietaria della Dc Comics, casa che detiene in toto i diritti del graphic novel; alla sceneggiatura e regia troviamo rispettivamente gli ex fratelli Wachowski e il loro pupillo James McTeigue, tutti gia' noti al grande pubblico per l'ottovolante baudrillardiano Matrix.
Per quanto indubbiamente suggestivo ed emozionante, il film risente in maniera violenta del sistema produttivo che lo ha reso possibile, la fabbrica dei sogni hollywoodiana. Una versione riveduta e (politicamente) corretta, americanizzata quanto basta e spogliata di ogni ambiguita' narrativa e concettuale. Via quindi con il post-apocalittico, e soprattutto via con anarchia e fascismo, poco attuali e appetibili per il grande pubblico. Ovviamente, i due termini non vengono mai pronunciati nel film, se non per una breve scena in cui un delinquente, con indosso la maschera di Guy Fawkes, approfitta dei riot per rapinare un negozio al grido di "Anarchy in the Uk" - una scelta molto eloquente. Nel film V combatte quindi per un generico concetto di liberta' contro un governo autoritario, corrotto, cospiratore (vai con la dietrologia post 11 Settembre) e colluso con le multinazionali. Alan Moore, come prevedibile, la prende poco bene (4).
Se c'e' un grosso merito da riconoscere al film, e' quello di aver giocato (consciamente?) a livello meta-cinematografico con le carriere degli attori che interpretano due personaggi principali, al fine di generare ironicamente (postmodernismo mon amour) ambiguita'. Sotto la maschera di V c'e' infatti Hugo Weaving, l'agente Smith della trilogia di Matrix, mentre John Hurt, il cancelliere malvagio Adam Sutler (cambiato dal Susan del fumetto per risuonare nazista) fu Winston Smith nel film Orwell 1984. Coincidenze a parte, il film e' da ricordare sopratutto per aver fatto conoscere V al grandissimo pubblico e, grazie anche al nuovo finale, un'orgia timidamente oclocratica, aver reso la maschera un simbolo virale, nonche' un vero e proprio meme (5).
Il circolo di appropriazione e riuso si rimette in moto. Dopo Hollywood, e' la volta di un'articolata galassia di movimenti, gruppi sociali e sottoculture. Immerso nel fluido della rete, il segno diventa ancora piu' scivoloso, il significato perennemente differito in senso derridiano, "una specie di simbolo multiuso", come commenta profeticamente nel fumetto Mr. Finch.
Strano ma vero, il primo uso politicamente consapevole (6) dell'iconografia legata di V e' quello del Movimento 5 stelle, precisamente nell'annuncio del V-Day dell'8 Settembre 2007 (7); qui sono presenti, in forma seminale, molti degli elementi che hanno fatto la fortuna di Grillo: il populismo autoritario e volgarizzato (V per Vaffanculo), l'illusione della tecnodemocrazia diretta, il sentimento di rivalsa contro un nemico invisibile, l'anti-ideologia contraddittoria e reazionaria. La V cerchiata originale e' rimasta anche nel simbolo del movimento, cosi' come il richiamo al numero 5. E se i 5stelle vedono nel loro comico un nuovo Fawkes, e' facile trovarci anche un po' del fumettistico Adam Susan, un lider maximo grigio e isolato, intento a fissare con gnostica fiducia lo schermo di un computer. Il Movimento prevalga.
Poco dopo e' la volta di Anonymous, gruppo "hacktivista" nato sull'imageboard 4chan, che nel Gennaio 2008 organizza un rally di protesta contro Scientology, durante il quale per la prima volta viene fatto pubblico uso della maschera di Guy Fawkes. Da allora e' diventata il principale simbolo di questa non-organizzazione senza confini, senza riti di ingresso o di uscita, senza luoghi fisici, in cui convivono diverse sensibilita' piu' o meno politiche, spesso in contraddizione fra loro. Una sorta di Fight Club cyberpunk in cui tutti possono indossare una maschera e giocare (il divertimento deviato o lulz e' una componente ineliminabile) a fare la guerra al sistema tramite attacchi DDoS. Non vale nemmeno la pena chiedersi se Anonymous possa essere definito un movimento anarchico, poiche' si compie l'errore di reificarlo in qualcosa di definibile. La natura fluida e impalpabile di Anonymous, la totale assenza di linee guida e di forme di affiliazione - tolto l'impiego di un certo linguaggio e di certi simboli - ne fanno un soggetto imperscrutabile anche in ottica post-strutturalista. La deriva e' implacabile quando chiunque puo' micro-appropriarsi del simbolo e detournarlo secondo le proprie esigenze.
Verso nuovi significati
Le fascinazioni dell'anonimato, dell'appartenenza segreta e della lotta simbolica si mischiano con un sentimento di frustrazione piccoloborghese e una certa casualita' internettiana: cio' ha fatto transitare gradualmente gli Anon dalla ricerca del lulz verso un attivismo comunque politicizzato salito piu' volte agli onori della cronaca, come nel caso dell'Operation Payback di sostegno ad Assange e Wikileaks. Tuttavia, il volto piu' riconoscibile della maschera di Fawkes (perdonando il gioco di parole) e' quello del movimento Occupy, declinazione piu' nota del piu' ampio movimento di protesta globale che ha conquistato l'opinione pubblica negli ultimi anni; una serie di manifestazioni piu' o meno pacifiste, democratiche, allegramente anticapitaliste. Un movimento piu' inclusivista e aperto di Anoymous (non bisogna essere hacker per entrarci), ma anche un modo in cui la stessa Anonymous ha potuto allacciarsi a forme di protesta piu' convenzionali per fornire un approccio determinante, come nel tristemente noto caso dell'agente Pike e del "pepper spray". Un movimento caratterizzato ovunque dallo stesso volto bianco e sorridente. Alan Moore e' contento, la Warner Bros, che vende le maschere, pure.
Le varie articolazioni post-cinematografiche della maschera di Guy Fawkes hanno pertanto obliterato la componente anarchica (o anarcoide, per i piu' critici) del fumetto originale, per abbracciare varie declinazioni di un intento pseudo-rivoluzionario che va genericamente "contro": contro le ingiustizie sociali, contro la casta dei metabaroni, contro di "loro, il patronato e le multinazionali", come diceva Fantozzi. Ma poco male, il processo di appropriazione e controappropriazione e' inarrestabile e sempre portatore di nuovi significati, che in un vortice sempre piu' compresso si sovrappongono alla ricerca di visibilita'. Non esiste un Fawkes vero o un Fawkes originale, ma solo infinite rappresentazioni. Il significante cannibalizza il significato, la maschera semplicemente e'. Il medium e' il messaggio, come diceva McLuhan.
Non importa, quindi, se la carica potenzialmente esplosiva di Anonymous va quasi sempre a disperdersi nella fluida e intangibile casualita' che ne e', da una parte, il punto di forza. Se la voglia di cambiare si sgretola nella spettacolarizzazione e nelle contraddizioni irrisolvibili dell'antipolitica. Se la coscienza di classe senza classe e' impossibilitata a trovare una linea d'azione coerente e pertanto efficace. Come dice V nell'inquietante intermezzo musicale del fumetto, "vi danno panni e maschere e un abbozzo della storia... poi dovete improvvisare".
Daniele Croci
.NOTA.
- 1. Dal saggio di Alan Moore "Behind the painted smile", pubblicato in appendice alle versioni paperback dell'opera.
- 2. Da un'intervista rilasciata alla alla BBC, visibile su https://www.youtube.com/watch?v=QX7ehbE1vc0.
- 3. In particolare nella genesi di V, articolata come frutto della contraddizione in seno al potere stesso, nonche' in un certa teleologia positivista che affiora in alcuni snodi. Si veda a tal proposito il saggio di L. Call "A is for Anarchy, V is for Vendetta" (2008) del numero 16.2 della rivista Anarchist Studies.
- 4. Moore spiega il suo disappunto in un'intervista rilasciata a MTV News (!) e leggibile qui https://www.mtv.com/shared/movies/interviews/m/moore_alan_060315/.
- 5. Da intendersi nel senso originale Dawkinsiano del termine, piuttosto che nell'accezione popolarizzata da imageboard e social network.
- 6. Escludendo quindi apparizioni sporadiche e irrintracciabili sulle imageboard tipo 4chan, col nome di Epic Fail Guy.
- 7. https://www.beppegrillo.it/2007/06/vaffanculoday.html.
.LINKS.
Fonte: Come Imparai Ad Amare Guy Fawkes (di A Rivista Anarchica)
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