"Scandalizzare gli scandalizzatori": forse, l'ultimo tratto della parabola evolutiva dell'ex leader dei CCCP Fedeli alla linea, dei CSI (Consorzio Suonatori Indipendenti) e dei PGR (Per Grazia Ricevuta) potrebbe essere riassunto cosi', con la precisazione che il complemento oggetto dello slogan necessita di una riformulazione. "Finti scandalizzatori", ovvero nuovi conformisti. Leggere le mutazioni di Giovanni Lindo Ferretti significa leggere (almeno) gli ultimi trent'anni di storia italiana: se, negli Ottanta, si andava affermando una generazione progressista filo-occidentale, sulla scorta della nascita del quotidiano "la Repubblica" e della scelta di campo atlantica del Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer, al punk Ferretti non restava che appartenere a una sinistra radicalmente alternativa, densa di riferimenti vintage e addirittura kitsch, filo-sovietica e addirittura filo-islamica, tracciare un curioso meridiano che unisse l'Appennino tosco-emiliano e gli Urali.

L'obiettivo polemico di riferimento, insomma, non era tanto o soltanto la destra nuova di Reagan e Thatcher, che si era recentemente impossessata del potere negli Stati Uniti e nel Regno Unito, quanto un certo ceto medio e medio-progressista. (Si perdoni la dizione fantozziana, ma e' cosi' che si presentava il Megadirettore Galattico in persona, replicando al Ragioniere che, trasfigurato in agitatore rosso e rannicchiato sull'inginocchiatoio, avanzava rischiose ipotesi ideologiche: "Be', proprio comunista no... Vede, io sono un medio-progressista"). Non sara' facile, allora, assistere alla glorificazione di Giovanni Lindo Ferretti presso certi ambienti - peraltro gli unici, oggi, in grado di allestire una glorificazione come si deve -, dominati da un'elite culturale che si e' affermata e ha scalato posizioni sull'onda delle parole d'ordine di ogni e qualsiasi micro-rivolta sia divampata in Italia: comodamente adagiata sugli stilemi auto-promozionali e comunicativi che sono entrati in voga nel Sessantotto e dai quali, mezzo secolo dopo, non riusciamo ancora a liberarci, quest'umanita' diffusa di simil-antagonisti influenti ha incontrato lungo la propria traiettoria un osso duro, un punk con tutti i crismi che ha deciso che non avrebbe mollato la presa.

Si ricorda un servizio pubblicato sull'Espresso sul fenomeno musicale che stava interessando l'underground italiano degli Ottanta, i CCCP Fedeli alla linea: un caso di incomunicabilita' estrema. Infatti, pur restando all'interno dello stesso campo politico, a separare i due mondi correva la distanza di una Transiberiana, su per giu': una testata che aveva ottenuto influenza e rispettabilita' promettendo di essere il luogo d'incubazione di una New Left all'italiana, risolutamente democratica e (quasi) liberale, e una comunita' ideologica truce e premoderna, malata e (di)sgraziata, adeguatamente rappresentata dalle movenze sghembe del ballerino piu' improbabile che sia stato visto calcare un palcoscenico, quel Fatur che accompagnava il salmodiare di Ferretti con sguardo vitreo, scatti muscolari, crisi di nervi.

Schifati, i nuovi progressisti che stavano colonizzando la sinistra italiana osservavano il Ferretti di allora; schifati, i progressisti di oggi, a colonizzazione avvenuta, osservano il Ferretti destrorso e born-again Christian all'italiana - anzi, all'emiliana - che ha traslocato sul lato opposto della barricata, per continuare a porsi contro un establishment che, nella sua visione, ha cambiato di segno. Se, infatti, gli anni Ottanta si ricordano come l'epoca del reaganismo e del thatcherismo, o del craxismo in Italia, Ronnie & Margaret hanno finito per incarnare, specialmente nell'ultimo decennio, i bersagli preferiti di buona parte della sinistra, che ha fatto del mitologico neoliberismo la radice di ogni male, il capro espiatorio universale, almeno a partire dalla crisi del 2008. Il fatto interessante e' che entrambi gli schieramenti in campo continuino ad auto-rappresentarsi come alternativi, rispetto alla posizione che sarebbe quella dominante: cioe', essere punk dipende da chi si preferisca vedere ai posti di comando. Un altro che sembra posizionarsi all'opposizione, oggi come allora, tanto per dire del punk piu' ortodosso e originario, e' John Lydon, meglio conosciuto come "Johnny Rotten": se i suoi Sex Pistols, piu' aggressivi e tetragoni rispetto ai guasconi - e quasi reggae! - Clash, godevano nello sberleffo anti-thatcheriano, e' stato proprio lui, voce del gruppo, a scendere in campo piu' volte in difesa della Lady di Ferro, negli ultimi anni.

Giovanni Lindo Ferretti, dal canto suo, ha rappresentato una pietra di paragone per piu' generazioni di giovani italiani: per quella di chi scrive, per un'altra piu' recente e per i piu' anziani, cioe' per chi ha vissuto live i tempi gloriosi dei CCCP Fedeli alla linea, per chi ha attraversato i Novanta accompagnato dai piu' mistici CSI e per chi ha potuto apprezzare soltanto l'estrema propaggine del Ferretti non ancora solista, cioe' i PGR degli anni Zero. Pietra di paragone o banderuola? La sua figura sembra in grado di dirci molto sui mutamenti ideologici internazionali e della nostra stessa societa', e suggerirci che l'elite culturale e politica del nuovo progressismo e' il solo e vero establishment, oggi: se le posizioni di Ferretti ci disturbano, ci disgustano, ci paiono orripilanti, in cio' consiste la sua vittoria e ci dovremo rassegnare a essere noi i perbenisti, i benpensanti, i nemici di ogni punkitudine. Non ha alcun senso, infatti, opporsi astrattamente al capitalismo o al liberismo vecchio e nuovo, se lo si fa all'interno di un habitat confortevole e fortemente solidale con noi: per essere punk, bisogna rivoltarsi proprio contro chi ci e' piu' vicino e, da questo punto di vista, la vicenda dell'ex-idolo dei giovani dell'estrema sinistra e' esemplare. Si parva licet, qualcosa di simile a quel mutamento ciclico della fazione cui appartenere che proponeva Simone Weil, secondo la quale la giustizia era un'"eterna fuggiasca dal campo dei vincitori".

Distinguere i punk dai simil-punk, da chi e' cresciuto nella certezza di essere rivoluzionario e non si e' accorto che stava lentamente scivolando verso le dorate stanze dei bottoni: molto piu' civilizzati di un cantore reazionario che e' andato a rifugiarsi a Cerreto Alpi, i simil-punk urbani di successo vengono riconosciuti socialmente e omaggiati, tanto che il loro cursus honorum di simil-antagonismo si conclude solitamente con una mirabile laurea honoris causa in Scienze della Comunicazione, con tanto di prolusione davanti agli studenti... A Giovanni Lindo Ferretti, invece, difficile che possa andare a finir cosi', e c'e' da credere che il primo a lanciargli il calamaio, qualora egli provasse a varcare il portone di una facolta' universitaria italiana, sarebbe proprio quel professore ordinario che, seduto comodamente sulla propria poltrona, preferisce continuare a sentirsi risolutamente anti-Sistema, cresciuto com'e' con le note di "Io sto bene" e "Curami": in due titoli cosi' antinomici sta molto di Ferretti, del Ferretti di oggi e di sempre, ma questa e' ancora un'altra storia.
Paolo Bonari

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Fonte: Essere Punk E Sentirsi Punk: Giovanni Lindo Ferretti E Noi (di Minima&Moralia)
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