La prima ipotesi fa derivare il nome da jolie rouge, usato dai francesi per definire il temuto vessillo rosso dei pirati inglesi nel XVII secolo: un simbolo che significava morte certa per chiunque lo avvistasse issato sull'albero. Una seconda corrente di pensiero invece vede nel termine Jolly Roger un'inglesizzazione di Ali Raja, il Re del mare, capitano di una banda di pirati dell'Asia. L'ultima, classica, fa risalire Jolly Roger all'Old Roger, il vecchio vagabondo, uno dei tanti soprannomi del diavolo.

Un tempo vessillo di predoni e briganti dei mari, il Jolly Roger con il passare degli anni diventa simbolo pop di anticonformismo e lotta al sistema. Deve aver pensato circa a questo il punk Doc Mabuse nell'estate del 1987: "Ho semplicemente preso una bandiera, l'ho legata al manico di scopa e sono andato allo stadio. La mia bandiera aveva un teschio dei pirati con una benda, in segno di liberta' e resistenza all'autorita'". Da quel semplice gesto dimostrativo, il Jolly Roger diventa simbolo di una squadra tedesca che da team con reputazione regionale, per dirla alla Football Manager, si trasforma in fenomeno kult mondiale, in cui calci al pallone e cori da stadio si intrecciano a lotte operaie e battaglie per i diritti: il Fußball-Club Sankt Pauli.

Il Sankt Pauli arranca oggi in mezzo alla Zweite Liga, la Serie B tedesca, ma ogni Domenica (o Sabato) al Millerntor Stadion ci sono 30mila persone a incitare i giocatori in maglia biancomarrone. Merito del modello tedesco - la Bundes ha un indice di riempimento superiore al 92%, contro il 55% italiano - ma anche dei milioni di persone rapite dal mito Sankt Pauli. All'ingresso in campo dei giocatori, salutato dalle note di "Hells Bells" degli AC/DC, sugli spalti si mescolano striscioni bianco-marroni a vessilli con il Jolly Roger, ma non di rado si vedono anche le bandiere iridate della pace. L'impegno politico dei sostenitori, dichiaratamente antifascisti, pacifisti, pro Lgbt (sono la prima squadra di calcio tedesca ad aver avuto un presidente dichiaratamente omosessuale) e contro il sistema, ha origine negli anni '80, quando ad Amburgo si scatenano grandi lotte operaie.

Tutto nasce da una decisione del governo tedesco di riappropriarsi delle case popolari degli operai del porto - uno dei principali d'Europa, situato proprio nel quartiere Sankt Pauli - e di ristrutturarle per darle alla borghesia. Le proteste dei lavoratori trovano valvole di sfogo e di aggregazione importanti nei pub, nei centri sociali e, ovviamente, nello stadio. Il Sankt Pauli, povero e poco vincente in confronto ai cugini borghesi dell'Hamburger Sport-Verein, semplicemente Amburgo Sv, vincitori tra l'altro di una Champions League (ai danni della Juventus), si consacra come squadra del popolo. E dopo la vittoria della classe operaia, che costringe i capitalisti a rivedere i progetti immobiliari, tutta Europa guarda a quel quartiere un tempo di marinai, prostitute e criminali come a un esempio di lotta al sistema.

Sono diversi i motivi che ci spingono a tifare una squadra: i colori, il palmares, un giocatore di cui ci innamoriamo. Nel caso del Sankt Pauli, seppur adesso stia un po' scemando, il legame tra politica e tifo e' vivo, e rimane una calamita importante. Contando anche che, tra l'altro, il Sankt Pauli non ha il palmares del Real Madrid.
"Ricordo la mia prima partita al Millerntor" - racconta Sergio Sorce, che del Sankt Pauli e' un grande esperto - "perdemmo 4-0 ma fu uno spettacolo comunque. Alla fine erano tutti al Pub Jolly Roger con la voglia di stare insieme e di ascoltare un po' di buona musica". Da un viaggio ad Amburgo con quella che poi sarebbe stata sua moglie nasce la passione per la squadra del porto: "Conoscevo un po' la storia del Sankt Pauli, ma quando andai in Germania mi piacque subito Amburgo, il quartiere del porto (un red light di Amsterdam ma piu' edulcorato, meno commerciale), e una volta allo stadio fu amore a prima vista con la maglia biancomarrone".

Sergio fa parte di una folta community online di appassionati: il St. Pauli Club Zena di Genova, nato per caso. Scrivono sul loro sito "in un gelido weekend tra amici del 2004. Il Sankt Pauli e' la squadra delle persone semplici, dei portuali, dei freak, delle signorine della zona a luci rosse. La squadra che va contro razzismo e neonazismo".
E non solo: "St.Pauli non e' un "Chievo di Germania", e' si' una squadra di quartiere, ma ha una lunga storia (fondato nel 1910) e, pur senza aver mai vinto nulla a livello nazionale, St.Pauli e' uno stile di vita". E cosi' i tre genovesi Michele Fontana, Carlo Ghio e Alessandro Sertore, innamoratisi di Amburgo anche per le sue somiglianze con il capoluogo ligure, hanno dato vita a un fan club virtuale (nel 2004 riconosciuto tra i gruppi ufficiali affiliati al "fanladen" del Sankt Pauli) in cui molte persone da tutta Italia commentano le partite e le vicende della squadra anseatica.

All'inizio degli anni 2000 il Sankt Pauli e' in terza serie e le finanze del club sono tutt'altro che buone: a farla breve, il fallimento e' dietro l'angolo. In questa situazione di emergenza viene esaltato lo spirito associativo dei tifosi, che di fatto detengono il 51 per cento del club, i quali mettono in atto una vera e propria campagna di refunding (Retteraktion). Si pubblicizza il merchandising ufficiale, si mette una sorta di "tassa" sulle birre e su tutte le attivita' commerciali del quartiere, fino a raccogliere qualche milione di euro necessario a risanare i debiti del club e a far iscrivere la squadra al campionato.

Un altro caso che mostra il peso dei tifosi nelle decisioni della squadra risale al 2010, quando la squadra torna finalmente in Bundesliga. La societa' decide di inspessire le reti dietro alle porte e di pitturare altri sponsor a bordocampo, quasi un affronto per uno dei pochi team ad avere ancora i cartelloni fissi con le pubblicita', anni '80, invece che quelli elettronici. Per altro, al Millerntor, a un quarto d'ora dall'inizio della partita cessano gli annunci pubblicitari anche con l'altoparlante, per concentrarsi esclusivamente sul tifo e sul calcio giocato. Inutile dire che l'iniziativa delle reti spesse non ha lunga vita, al pari di un'altra: quella di costruire in tribuna vip dei palchetti per lap dance, con annesso striptease della ragazza di turno per festeggiare il gol. Una pratica sessista che non passa inosservata alla tifoseria, sempre attiva nella tutela dei diritti: dopo qualche partita, via i palchi e via le ragazze da uno dei pochi stadi in Germania che non e' ancora stato venduto a un brand.
Una pratica troppo commerciale per il fanladen: meglio avere meno soldi ma un'identita' solida.

Anche se negli ultimi tempi qualcuno di influente a quelle latitudini ha detto che l'autenticita' del Sankt Pauli e' andata ormai persa. Quel qualcuno e' Volker Ippig, storico portiere anseatico nato e cresciuto nel quartiere e divenuto simbolo della squadra con il vessillo pirata.

Anarchico, squatter, punk, con una chioma bionda un po' pazza e tanta voglia di andare controcorrente. Uno che a fine partita si sbronzava con i tifosi in quei pub dove si son fatti le ossa quattro ragazzini venuti da Liverpool che avrebbero sconvolto il mondo della musica negli anni '60.

L'analisi di cosa sia adesso la sua ex squadra e' la sentenza di chi non si riconosce piu' nel movimento: "Millerntor e' stato un laboratorio all'aria aperta per il calcio tedesco, e lo stretto rapporto venutosi a formare tra giocatori, allenatori e tifosi era gia' di per se' un fantastico successo. In quel momento era tutto reale. Oggi il Sankt Pauli e' qualcosa di orchestrato, artificiale. Rimane solo il mito. E' tutto un mare di nebbia".

Mito che qualche volta diventa realta' sportiva, come nella Coppa di Germania 2005/6, quando da squadra di terza serie il Sankt Pauli cavalca fino alla semifinale, battendo nei quarti del Millerntor, il Werder Brema 3-1. Vittoria tanto clamorosa quanto importante per il bilancio, con il milione di introiti che permette di sistemare i conti. La data che ogni tifoso del Jolly Roger non dimentichera' mai e' pero' il 16 Febbraio 2011. Un gol di Gerald Asamoah, attaccante ghanese naturalizzato tedesco, consente al Sankt Pauli di espugnare il Volksparkstadion per la seconda volta nella storia. Non uno stadio qualunque, ma quello degli odiati, vincenti, borghesi cugini dell'Amburgo Sv. E pazienza se dopo quella vittoria arriva solo un punto in undici gare, con conseguente retrocessione in Zweite liga: lo scalpo dell'Amburgo bene e' qualcosa da mostrare ai nipoti. Quella sara' di fatto anche l'ultima stagione delle maglie bianco-marroni in prima serie.

Al netto di ideali forse passati di moda, o comunque non forti come un tempo, il Sankt Pauli resta una societa' unica nel suo genere. Il Millerntor Stadium, con le sue tribune variopinte (dove si possono anche prenotare dei posti in piedi) e con un'area giochi dove i genitori possono lasciare i bimbi durante la partita, e' un tempio in cui sport e impegno sociale viaggiano a braccetto, l'anima del quartiere. Dove un tempo c'erano marinai, prostitute e criminali, oggi sono bannati fascisti, omofobi e razzisti. Se invece pensate che il calcio sia solo un gioco, lasciate perdere il Sankt Pauli. Qui si fa la storia.
Gianluca Cedolin

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Fonte: Sankt Pauli, Quartiere Di Marinai E Puttane (di Yanez)
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