In Germania non si bestemmia. Si inveisce, con qualche parolaccia non troppo creativa, ma non si bestemmia. E' una delle prime cose che notano gli italiani che ci si trasferiscono. E' una delle prime cose che ho notato anch'io e, a tale proposito, ho interpellato un amico che ci vive da molto piu' tempo di me. Mi ha risposto: "Sono gia' protestanti, questa bestemmia non la possono superare!".
In effetti, i luoghi in cui si bestemmia di piu' al mondo sono cattolici: Italia, Spagna, Quebec.
I luoghi, quindi, in cui la religione ha stigmatizzato la blasfemia, anche verbale. Il secondo comandamento vieta di nominare invano il nome di Dio e, nell'Antico Testamento, questo e' un peccato che viene punito con la morte (Levitico 24, 16), ma il peccatore puo' essere risparmiato, causa ignoranza. Nel Nuovo Testamento, e' Gesu' Cristo stesso a essere accusato di essere blasfemo, per essersi equiparato a Dio. E per questo motivo, viene crocifisso. Da tale accusa e dalla successiva condanna nasce il cristianesimo, in cui la croce ha una parte essenziale.
Le prime testimonianze di ingiuria contro il divino giungono dal II-III millennio A.C., nell'Antico Egitto, dove fu sdoganato il turpiloquio e si bestemmiava con frequenza e fantasia. Secondo l'interpretazione di alcuni papiri e geroglifici, ad esempio, la dea dell'oltretomba, Nefti, veniva definita "femmina senza vulva", il dio della luna, Thot, "privo di madre" e il dio del Sole, Ra, un essere "con la cappella vuota".
Gli antichi Romani e Greci, invece, erano maestri di parolacce, ma non di insulti agli dei, per non attirare la loro ira ed evitare cosi' cataclismi punitivi. Mentre i primi preferivano prendersela con i nemici, ad esempio con gli "sporchi Sanniti", gli altri imprecavano contro l'aglio, il cane e la capra. E si racconta che Pitagora, durante i suoi attacchi d'ira, fosse solito gridare: "Per il numero quattro!". Un'esclamazione che ricorda il "porcodue" dei giorni nostri, sebbene la scelta del numero due nasca dall'assonanza con la parola Dio, come anche "perdinci" e "perdindirindina", espressioni eufemistiche che permettono di partire con la carica della bestemmia e di cambiare strada verso lidi non offensivi.
Nonostante nell'Antica Grecia non si scherzasse con l'Olimpo, l'etimologia della parola bestemmia viene proprio da li'. Per l'esattezza, dall'unione delle voci βλάπτειν (blaptein), che significa "ingiuriare", e φήμη o φάμα (pheme o phama), "fama", da cui βλασφημία (blasfemia). Che non e' altro, quindi, che la diffamazione della reputazione altrui.
Si distinguono tre forme di bestemmia contro l'essere divino: quella cordis (di pensiero), quella operis (dei gesti) e quella oris (verbale), che Sant'Agostino definisce "mala verba de Deo dicere", parlare male di Dio.
Dante Alighieri, invece, immaginava la blasfemia orale come una tempesta di fiamme lanciate dalla terra al cielo. E il contrappasso destinato ai bestemmiatori del III girone nel VII cerchio dell'Inferno, dove si trovano i violenti contro Dio, e' il flagello di una pioggia infuocata dall'alto che si scaglia su di loro, sdraiati su una sabbia ardente insieme agli usurai (che pero' sono seduti) e ai sodomiti (che camminano senza posa).
Se alle punizioni dell'aldila' ci ha pensato Satana, durante la vita terrena lo hanno fatto i legislatori. Nella repubblica di Venezia, ad esempio, la condanna consisteva nel taglio della mano o della lingua e della perdita degli occhi. Per i preti, che non erano immuni allo stesso peccato di cui si macchiava la maggioranza del popolo, era prevista la cheba: il condannato, dopo la gogna in piazza San Marco, veniva rinchiuso in una gabbia di legno appesa a un palo e sospesa a circa meta' del campanile per un periodo determinato in base alla gravita' del peccato. Un destino che i prelati colpevoli avevano in comune con i sodomiti, proprio come nell'Inferno dantesco. Nel 1537, nacque la magistratura degli "Esecutori contro la bestemmia", che si occupavano dei reati contro la religione e il buoncostume. Nei suoi Diari, il Doge Girolamo Priuli scrisse: "Due cose erano in Venezia molto difficili da disfare: la bestemmia usata da ogni grado di persone e li vestimenti alla francese". Guardaroba a parte, la situazione non sembra essere cambiata molto in Veneto, che resta una delle regioni italiane in cui si bestemmia di piu', insieme alla Toscana. Tuttavia, c'e' una precisazione da fare: in queste due aree, dare alla divinita' sembianze suine o canine e' diventato un intercalare, un modo di dire, una specie di "praticamente" ripetuto all'infinito a scuola durante le interrogazioni. Questo utilizzo si affianca a quello della bestemmia vera e propria, scatenata da un motivo reale piu' o meno grave. Come il traffico, a causa del quale, ad esempio, per le strade di Roma e sul Grande Raccordo Anulare vengono decantati calendari pieni di santi veri e presunti.
Si bestemmia soprattutto per rabbia, per un imprevisto che proprio non ci voleva, per rafforzare un concetto (negativo o positivo). Si bestemmia per spavento, per gioia, per entusiasmo, per dolore. Non dimentichero' mai il messaggio con cui, anni fa, mi e' stata comunicata la morte di un mio amico. Conteneva solo due parole e la prima era porco.
Oltre ai "classici", ispirati al mondo animale, e al mannaggia (piu' usato nelle regioni meridionali), gli epiteti scagliati contro il divino nella vita quotidiana sono spesso dettati da una fantasia senza limiti. Un ex studente dell'Universita' di Bologna, Isacco Turini, nella sua tesi di laurea, ne ha elencati 127, concentrandosi soprattutto sul nord-est italiano.
Ma perche' in Veneto e Toscana si bestemmia di piu'? Una delle risposte plausibili rimanda al concetto di secolarizzazione. La repubblica di Venezia, pur non essendosi mai posta in contrasto con la chiesa cattolica, ribadi' la sua indipendenza temporale, arrivando a finanziare anche altri culti, come quello della chiesa greco-ortodossa. La citta' lagunare rimase laicissima anche nei secoli successivi, ma l'area circostante era rurale e molto cattolica. Eppure, si bestemmiava e si bestemmia tanto anche li'. Il direttore del Corriere del Veneto, Alessandro Russello, lo spiega cosi': "Detto con un ossimoro, per i veneti la bestemmia e' sacra. Non tanto o non solo perche' pronunciare il nome di Dio invano e' affermare la sua esistenza, ma perche' quella sconcezza semantica che e' la bestemmia e' nel DNA di questa terra. Non come apologia dell'indicibile, piuttosto come emergenza antropologica, congiunzione lessicale che sgorga dalla realta' e dal subconscio della fatica, da quel paganesimo tutto cristiano di guardare al cielo per garantirsi il pane e la vita, la salute e la non punizione. Una pratica che seppur ancestrale si coniuga alla perfezione alla storia della civilta' contadina, stretta fra la religiosita' popolare e l'impotenza sociale, l'ossequio al credo e l'incapacita' di riscatto del popolo della poverta'". In sintesi, se avere un buon raccolto e la pancia piena dipende da Dio, e' con lui che ce la si deve prendere.
La Toscana e' storicamente la regione piu' secolarizzata d'Italia. L'invettiva contro il sacro proviene da un tradizione laica, anticlericale, con tendenze anche anarchiche. Ma questo popolo se la prende con Dio per prendersela con il suo fan club, il clero e i devoti. "I toscani hanno il cielo negli occhi e l'inferno in bocca" scrive Curzio Malaparte in Maledetti toscani. Quando Marcello Lippi, nel 1998, viene espulso a Udine per un'imprecazione blasfema in campo, si giustifica dicendo: "noi toscani ne tiriamo tremila al giorno". Stessa scusa per Massimo Ceccherini, quando viene cacciato per lo stesso motivo da L'Isola dei Famosi, reality che non perdona l'offesa con lo sguardo rivolto al cielo. Tuttavia, l'attore fiorentino ha recuperato i soldi persi (tra multa, eventuale vincita e sponsor) con le successive serate nelle discoteche di tutta Italia: doveva solo salire sul palco e bestemmiare. Tempi lontani dal Settembre del 1983, quando fu avviato un procedimento giudiziario contro Roberto Benigni, a causa del suo intervento durante la festa nazionale dell'Unita' a Reggio Emilia. Il suo show satirico, che aveva preso di mira i dieci comandamenti, gli costo' un'iniziale condanna per bestemmia e turpiloquio (per cui pago' un'ammenda), ma fu infine assolto in appello.
Il vizio di scagliare proteste colorite verso l'alto dei cieli e' diffuso in tutta la Penisola. A ben guardare, sembra che il comune denominatore sia, andando indietro nei secoli, la presenza o la minaccia del potere temporale del papa. Un'ipotesi che spiegherebbe perche' i protestanti, che non credono nel papa quale vicario del suo superiore, non sentano la stessa necessita' di bestemmiare, ma si accontentino di qualche parolaccia. Ma c'e' anche il fascino, da non sottovalutare, della trasgressione. Come scrisse Ovidio: "Cio' che e' lecito non da' piacere, quello che e' proibito infiamma".
Secondo uno studio condotto presso la Keele University bestemmiare fa anche bene alla salute. Innanzitutto, aiuta nella gestione del dolore. Prendiamo ad esempio il frequente caso del mignolo del piede che va a sbattere contro uno spigolo. Dopo aver ruggito maledizioni, ci sentiamo miracolosamente meglio. In secondo luogo, migliora le performance sportive. La ricerca ha rivelato che, tra i soggetti studiati, coloro che imprecavano ad alta voce deviavano l'attenzione dalla fatica e riuscivano a fare meglio (con un aumento della prestazione del 2-4%) rispetto a chi soffriva in silenzio. Infine, liberiamo lo stress, perche' lasciamo andare il controllo e coinvolgiamo tutto il corpo e le emozioni. "Per secoli - spiega il ricercatore Richard Stephens - abbiamo pensato che le bestemmie fossero un semplice fenomeno linguistico. Quest'azione, invece, si inserisce nei centri emotivi del cervello presenti nell'area destra del cranio, mentre il linguaggio e' nell'emisfero opposto". La bestemmia vale anche come compenso. C'e' una scena ormai diventata cult nella serie tv Boris, in cui l'attore Mariano Giusti (neo fanatico religioso interpretato da Corrado Guzzanti) coglie in flagrante il capo elettricista Biascica, mentre tira giu' una sfilza di bestemmioni (nella serie tutti bippati). "Hai bestemmiato, Biascica?" gli chiede con tono calmo, prima di sfasciare il camerino. Interviene la produzione, che annuncia una multa per chiunque bestemmi sul set. Biascica da' in anticipo i soldi per le sue bestemmie, perche' sa gia' che gli serviranno. E lo spiega con queste parole: "Tu non me paghi? Armeno famme bestemmia'!".
Per chi, invece, vuole smettere di bestemmiare, nel 2019 e' uscito un libro che aiuta ad affrontare la sfida con un metodo "testato e sperimentato dall'autore prima su se' stesso e poi su una cerchia di persone sempre piu' ampia". Il titolo del volume e' "Come smettere di bestemmiare", un manuale pratico-teorico a cura di tale Padre Alfonso Maria Tava e nato da un'idea di Jack Hristov. E' dichiaratamente, e visibilmente, un'opera ironica, che insegna a sbattere il mignolo sullo spigolo senza imprecare, grazie alle tabelle di esercizio, e anche a farsi quattro risate sull'argomento.
Nell'ordinamento giuridico italiano, la blasfemia verbale e' rimasta reato penale per molto tempo. L'articolo 724 del codice Rocco del 1930 prevedeva che si trattasse di reato solo se riferito alla religione cattolica, che ai tempi e fino al 1984, era religione di Stato. Le offese alle divinita' altrui erano considerate solo turpiloquio. Bisogna aspettare il 1999 perche' il reato venga depenalizzato e diventi illecito amministrativo, per cui si rischiano dai 51 ai 309 Euro di sanzione. Da allora e' considerato illegale imprecare pubblicamente contro il dio cattolico e le divinita' di altre religioni, ma anche l'oltraggio contro i defunti. Il divieto riguarda solo i luoghi pubblici o aperti al pubblico (anche i social network), mentre a casa propria e' legale. Inoltre, non e' reato bestemmiare la Madonna ne' le sante e i santi, indipendentemente dal luogo e dai testimoni.
A prescindere dalle leggi, la societa' italiana nel frattempo e' diventata molto piu' tollerante, si scandalizza di meno. Ad esempio, qualche anno fa sarebbe stato, se non impensabile, alquanto complicato diffondere "La Passione di Mannaggia", parodia a opera dei Prophilax del film "La Passione di Cristo" di Mel Gibson, che oggi e' su internet e puo' essere vista da tutti (previo avviso alla persone sensibili).
Le democrazie occidentali, tranne Italia e Irlanda, tendono ad abrogare o ammorbidire le leggi sulla blasfemia, come raccomandato dalle Nazioni Unite, in quanto sono in contraddizione con la liberta' di espressione e religione individuale, ma anche con il diritto internazionale. Sono 72 oggi i Paesi che ancora puniscono l'apostasia. E i bestemmiatori islamici spesso non se la cavano solo con una multa. Secondo il Rapporto sulla liberta' di pensiero nel mondo (2018), la pena di morte per questo reato e' prevista in 12 Paesi (Afghanistan, Iran, Emirati Arabi Uniti, Malesia, Maldive, Mauritania, Sudan, Nigeria, Qatar e Yemen). Non e' una condanna riservata solo a chi impreca contro Allah, ma anche a chi osa criticarlo apertamente. In questo contesto si inserisce anche l'attentato alla redazione parigina di Charlie Hebdo nel 2015, rivendicato da una branca yemenita di Al-Qaeda. La rivista satirica aveva attirato l'attenzione dei fondamentalisti, in seguito alla pubblicazione di vignette che prendevano in giro Maometto e la Shari'a. Quella stessa vignetta, pochi giorni fa, ha segnato il destino di Samuel Paty, insegnante di storia e geografia in una scuola francese. Il professor Paty aveva mostrato le caricature ai suoi alunni, durante una lezione sulla liberta' di espressione. E' stato decapitato, dieci giorni dopo, da un diciottenne ceceno, cugino di uno dei suoi alunni. Eppure, "non nominare invano" non dovrebbe essere altro che un monito contro questi crimini. Perche' le vere bestemmie sono gli attentati, le crociate, le violenze, le torture, le condanne e l'odio, mascherati da fede e con in bocca il nome di un dio.
Domenica Morabito
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Fonte: Storia Della Bestemmia (di Yanez)
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