I Blame It On The Ocean (Michael - voce, Max - chitarra, Ketto - basso, Stiff - batteria) formatisi in quel di Udine nel 2008 propongono un sound hardcore veloce ed energico al cui interno risuonano echi ed atmosfere dalle tinte cupe e oscure.
Un "Intro" di appena ventidue secondi apre l'ep; suoni stridenti e distorti indicano la strada verso la seconda traccia, "I End Where You Begin". Il pezzo parte con decisione spinto dalla forza del cantato urlato e dai colpi secchi e potenti di batteria che rendono il brano molto coinvolgente e ben strutturato. "What really matter is in your heart, it's something more than acting a part, release the shit inside your head, it's your fault if the "scene" is dead". Sono queste le parole gridate con rabbia e intensita' che chiudono il pezzo.
Il sound della band non risente della mancanza di un'altra chitarra, presente nella line up con cinque componenti; anzi vi e' un notevole passo avanti per quanto riguarda l'incisivita' e l'originalita' dei riff, che ben si fondono con la voce e la sezione ritmica.
Piu' veloce e dal sound piu' duro e aggressivo e' la successiva "Halos Bent And Rusted Nails" che prosegue senza interruzioni sotto la guida di una chitarra tagliente e dello screaming rude e spigoloso di Michael. La maggiore maturita' compositiva raggiunta dalla giovane band viene confermata nella strumentale title track dove la chitarra di Max risulta protagonista creando un'atmosfera suggestiva dai tratti intimi e onirici. Soprattutto in questo brano ma anche in altri momenti, tra i vari pezzi, la band esprime una maggiore personalita' e originalita' musicale; e' pero' ancora evidente lo stretto legame con le sonorita' di parecchi gruppi hardcore della scena musicale statunitense.
Sempre la chitarra apre il penultimo brano dell'ep, "Graves", che a differenza dei precedenti risulta un po' piu' statica e meno intensa, anche se mostra comunque il buon affiatamento fra tutti i componenti e delle soluzioni ritmiche ben decise e cadenzate.
Dalle sfuriate che superano di poco il minuto e mezzo di durata dei pezzi fino a qui citati, si passa ai tre minuti di "Runaway", ultima traccia di questo secondo lavoro firmato Blame It On The Ocean. Il cantato si fa sempre piu' intenso e duro, il basso si ritaglia uno spazio maggiore entrando con forza nei meandri oscuri del pezzo, che invaso da suoni irruenti e distorti pone fine al cd, cosi' come era stato introdotto. Anche qui una maggiore consapevolezza delle proprie capacita' e la giusta dose di rabbia e cattiveria rendono "Runaway" una delle migliori prove del suddetto ep.
E' certamente un notevole passo avanti quello che compie la giovane band di Udine, che conferma le aspettative sorte dopo l'uscita della demo. Sono poche le parti un po' confusionarie e dalla struttura musicale esile, migliore e' la capacita' nello scrivere i testi, che non risultano per nulla banali e scontati.
Un altro lavoro che fa quindi ben sperare ed evidenzia nuovamente le ottime capacita' della band, che sapra' ritagliarsi un ottimo spazio nella variegata scena hardcore, continuando con costanza e determinazione.
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