Bhe non capita spesso di ascoltare questo tipo di sonorita' in questi ultimi anni qui in italia; nel passato mi vengono in mente gli italiani Deraglio (R.I.P. anche se con sonorita' piu' hardcore) ed attualmente, anche se con caratteristiche molto diverse, i nostrani Cripple Bastrards (in alcuni passaggi), i finlandesi Impaled Nazarene e gli storici inglesi Disharge.
Detto questo i Kompost hanno la passione, la produzione Do It Yourself, un attitudine old-school e cio' che ne consegue e' un suono proprio personale e riconducibile.
A partire fin dalla marcissima cover dell'album in bianco e nero che raffigura una nichilista creatura multiforme abbastanza inquietante dietro una gabbia, come se fosse un malato spettacolo per bambini allibiti di fronte a questa scena. Sicuramente di notevole impatto che ci da un attimo l'idea di quello che andremo ad ascoltare.
Album che arriva nel 2016, dopo un demo del 2012, numerosi cambi di line-up, fino ad arrivare alla formazione attuale a 5 Bre, Ivan, Nicolo', Pozze e Sarco. I miglioramenti rispetto al primo demo son abbastanza netti a partire dall'artwork, proseguendo per la produzione e fino alla composizione e stesura delle varie song.
Quello che ci viene vomitato fuori dal gruppo veneto e' un marcio crust-punk, con qualche influenza d-beat e alcune parti trash in qualche rallentamento e riffs di chitarre.
Con temi che si attestano nello stile proposto dal genere che vanno dal pessimismo e rifiuto dell'odierna societa', dell'uomo in generale e della religione. Testi che piu' malati e marci non si puo' che variano dalle persone infette, liquami vari, morbi e corpi mutilati fino a momenti piu' introspettivi riguardo a una vita in gabbia, industrie, tecnologie, persone potenti e distacco dalla massa; il tutto scandito da una voce che scaturisce fuori, con un growl rauco, urlato, tirato e rabbioso, tutta l'inadeguatezza, la rabbia, l'odio e il rifiuto di tutto questo.
Album che inizia con un intro strumentale dove delle chitarre, con una sorta di cantilena malata melodica, ci lasciano presagire il seguito. Inizio che ci lancia dentro un turbinio, di mezz'ora scarsa, di violenza sonora, accelerazioni in puro stile hc, intervallati da breakdown volutamente pesanti, lenti e aggressivi, suoni delle chitarre molto rozzi e ignoranti e sezione ritmica che si attesta su standard abbastanza buoni.
I nostri quattro ragazzi veneti riescono nell'intento di farci immaginare la loro visione depravata odierna del mondo, tramite questo suono potente e volgare e dei testi, come abbiamo detto, nichilisti. Aggiungiamo il fatto che l'album è tutto in italiano e quindi poter seguire le tracce mentre si ascolta la loro musica rende il tutto piu' d'impatto.
Nota davvero importante è nella produzione che con un suono volutamente grezzo, ma non troppo, riesce a rendere appieno efficace la violenza sonora voluta. In Crust We Trust diceva una compilation tedesca uscita negli anni '90. I Kompost ci credono e lo sanno fare nella maniera che gli riesce meglio: violenza sonora, odio, attitudine old-school e disco 100% D.I.Y.
Nene
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