Gli ascoltatori piu' attenti si stanno lentamente rendendo conto sempre piu' chiaramente che soprattutto nell'ambito di un certo tipo di indie di matrice statunitense c'e' sempre piu' voglia, tra i gruppi, di sperimentare, di innovare la scena dall'interno, di parlare in italiano, di staccarsi dai modelli. Fanno riflettere ad esempio progetti validissimi come Il Teatro Degli Orrori di Giorgio Canali (mente dei One Dimensional Man) o, su scala piu' piccola, Le Luci della Centrale Elettrica, giovane realta' ferrarese molto promettente.
Nello stoner (visto che e' proprio questo suono il punto di partenza -e, come vedremo, di arrivo- dei Pater Nembrot) c'e' indubbiamente piu' stasi. La ragione principale e' che il genere e' poco commerciabile, quasi di nicchia; culturalmente e storicamente come stile e' poi fortemente ancorato agli USA. Per questo genere, a mio avviso, sarebbe importante creare un nuovo linguaggio, sarebbe interessante dare al suono un'impronta italiana. Certe band (Supernaturals, Lento) si stanno impegnando in questo senso; altre, tipo Ufomammut o El Thule, continuano invece a ricalcare chi lo sludge, chi il doom (peraltro dimostrando grande abilita'), ma sempre e comunque esplicitando influenze, maniere e modelli.
Una cosa dei Pater Nembrot, formazione cesenate attiva dal 2002, che mi ha benpreso a pelle e' l'uso massiccio dell'italiano. Anzi, in questo "Hombre Scarlatte" del 2005 si cantano esclusivamente testi in lingua madre. E' chiara la volonta' di sottolineare l'appartenenza ad una realta' che non e' quella dei caldi deserti nordamericani ma quella della provincia romagnola. E le liriche sono anche stese bene: a tratti visionarie, a tratti semplicemente introspettive, sempre criptiche, sempre problematiche e ansiogene. Ma scorrendo i miei appunti sull'ascolto mi accorgo di quante volte compaiano le parole "banale" e "scontato". E in effetti e' proprio attraverso il sound che il disco rivela la sua vera natura. Non fraintendetemi, la produzione e' molto buona e le scelte tecniche si rivelano giuste: tanto overdrive e ancora piu' fuzz per un chitarrista che sa muoversi in questi scenari, sia nelle parti piu' quiete ("Ti Sento Come Fossi un Brivido", "Magnuga"), sia quando l'acidismo e la violenza prendono piu' spazio ("Criptotermiti", "Se un Giorno e' Grigio il Mondo"); il missaggio finale non nasconde il basso e non lo sacrifica, mentre la batteria si dimostra aggressiva e piacevolmente scarcassona.
Il punto debole qua sono proprio i pezzi. Il riffing e' ripetitivo e fiacco, gia' sentito. Manca la voglia di sperimentare, l'audacia, l'orginalita', caratteristiche che non per tutti gli ascoltatori sono fondamentali ma che qui sono sotto lo zero. Il gruppo cerca di fondere il tipico stoner abrasivo anni '90 (per intenderci Slo Burn, Fu Manchu, 7 Zuma 7, Hermano, Abeueda) con atmosfere italiche che mi ricordano un po'gli ultimi Timoria o gli Afterhours e, di fatto, e' proprio nella classica forma-canzone rock italica che rimangono incastrati, proponendo pezzi mosci e prevedibili come "Elettrica, Noia" o la succitata "Magnuga" e alternandoli a composizioni piu' convincenti che presentano spunti interessanti e lasciano spazio a miglioramenti, tipo "Criptotermiti", tipico giro stoner incalzante con distorsioni toniche ed efficaci o l'ottava ed ultima traccia "Se un Giorno e' Grigio il Mondo", con forti reminescenze sludge e che dopo un'introduzione ipnotica a basse frequenze si lancia subito in un bel riffone cadenzato da headbanging. Peccato invece per l'inutile "Fastidi Danzanti", intermezzo chitarristico poco digeribile e per (mi duole dirlo) "Ti Sento Come Fossi un Brivido", una ballatona '70s che parte bene con un leggero overdrive di arpeggi bluesati ma che stanca quasi subito, complice una voce un po'forzata; una voce che per l'intera durata dell'album tende a ricordare un po' troppo da vicino Chris Cornell, timbro scimmiottato da molte rock-band da parrocchia della penisola con risultati da vomito. Qui a dire il vero ci siamo anche, ma allora perche' non tentare un approccio piu' singolare? Infine, nota di demerito per la pur buona intro "E Ven Miseria" che tra voci effettate e rintocchi di campane sullo sfondo trasporta l'ascoltatore in una dimensione psichedelica che poi si rivela non appartenere al resto dell'opera.
Aspettiamoli al varco a maggio 2008 all'uscita di "Mandria" (questo il titolo del prossimo album) su Go Down Records. I nuovi pezzi sul MySpace della band fanno ben sperare.
ginopino

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