Limitarsi a celebrare il 25 Aprile significa mentire a se' stessi, cullandosi su una liberazione che venne tradita a tempo di record, lo testimonio' l'immediato venir meno senza scrupolo agli ideali alla base della liberazione partigiana stessa.
Se questo giorno c'interessa ancora, e' perche' crediamo che all'alba di quel 25 aprile fossero in molti a non pensare esclusivamente di scacciare un padrone, ormai diventato intollerabile, ma si aspettavano un radicale cambiamento che avrebbe scosso le fondamenta di questa vecchia societa' e fatto tremare tutti gli sgherri che la sorreggono. Ma adesso che quasi tutti hanno relegato ogni istanza di cambiamento al mondo dei sogni e che, smaliziati, hanno appoggiato il pragmatismo del "meno peggio", e' un dovere prendere atto della sconfitta.
Quel nemico che i nostri padri e nonni credevano di aver definitivamente debellato e' ancora qui tra noi, e' ovunque, ci circonda, ci sovrasta. Ha solo indossato una nuova maschera senza venire meno ai suoi dogmi decisamente autoritari. Il sistema disumano del profitto e l'utopia della democrazia si sono rivelati un incubo senza risveglio. Oltre a permettere contiguita' al fascismo ne ha riprodotto le aberranti forme in una miscela ancora piu' viscida e totalizzante. L'illusione della sovranita' popolare ha riprodotto le leggi discriminatorie e razziali (es. reato d'immigrazione clandestina), i suoi osceni campi di concentramento nascosti sotto l'elegante veste di Centri d'Identificazione ed Espulsione (CIE). Lo squadrismo viene incoraggiato sotto il nome di ronda mentre il clima militaresco si diffonde fuori e dentro i confini dispiegando eserciti per le strade, giustificati da pretese di sicurezza e aiuto umanitario. Miseria e poverta' aumentano mentre una classe dirigente abietta e senza scrupoli prospera nella piu' ipocrita e arrogante opulenza. Rispetto alla dittatura il sistema democratico in piu' ci ha donato la competizione e l'indifferenza per renderci tutti complici.
Proprio come nei momenti peggiori, il pericolo e' talmente reale che la maggior parte non ne ha coscienza, osservarlo da tanto vicino impedisce di comprenderne forma ed estensioni.
Quel nemico non e' una sola persona fisica ma un contesto, non un corpo ben definito ma un sentimento, non una classe o un partito ma un intero sistema di produzione e gestione del potere.
Come anarchici, disprezziamo senza remora i capisaldi dei regimi totalitari: il culto della personalita', noi che vogliamo l'autodeterminazione di ogni individuo; il nazionalismo e il razzismo che ne consegue, noi che vogliamo l'abbattimento di ogni confine; il militarismo e la repressione, noi che crediamo nella liberta'; la difesa degli interessi economici da parte di chi detiene il potere politico e religioso, noi che pensiamo che tutto debba appartenere a tutti.
Se di celebrazione si deve dunque parlare, preferiamo ricordare tutti coloro che spontaneamente, come gli Anarchici e gli Arditi del Popolo tra il 1919 e il 1921, decidendo di non delegare a nessun altro se non a se stessi anticiparono l'esigenza di combattere contro il fascismo. Intuendo la natura violenta e antipopolare del movimento dei fasci, risposero alle armi con le armi mentre i partiti cosiddetti operai rimanevano fermi a guardare, quando i loro militanti venivano massacrati, dispersi e imprigionati.
"Fino a quando i fascisti continueranno a bruciare le Case del Popolo, case sacre ai lavoratori, fino a quando i fascisti assassineranno i fratelli operai, fino a quando continueranno la guerra fratricida gli Arditi d'Italia non potranno con loro aver nulla di comune. Un solco profondo di sangue e di macerie fumanti divide fascisti e Arditi."
Argo Secondari.
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Fonte: Ne' Dittatura Ne' Democrazia (Cenere)
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