Resto' qualche istante fermo, immobile come un giustiziere, poi fece un segno d'intesa ai suoi soldati e entro' da solo nel castello.
La baronessa gli venne incontro:

"Signuri patri chi vinisti a fari?"
"Signura figghia, vi vinni ammazzari"

Con un'aria quasi cortese il padre le annunciava la decisione di ucciderla.
Cinque anni prima le aveva annunciato allo stesso modo la sua volonta' di maritarla.

"Balia, hai saputo, mi vogliono maritare."
"Tutti si maritano, figlia, e tu hai gia' quattordici anni. Non puoi piu' venire a raccogliere babalucci con me nei campi."
Gli uccelli di Gesu' becchettavano nel prato non piu' impregnato d'acqua e non ancora duro e secco come in agosto, la balia prese il bracciale che la ragazza le porgeva, lo tenne nel palmo della mano, lo soppeso', lo rigiro' come fosse un pesce prelibato che non aveva ancora deciso come cucinare.
"E' di gran valore questo bracciale, almeno due onze, un gioiello degno della futura baronessa di Carini."
"Si' balia, ma lui, il mio futuro marito, a te come sembra?"
"Gli uomini sono tutti uguali, figlia, quasi tutti, puzzano di stalla e di cavalli e nelle vene hanno per meta' sangue, per meta' vino."
Tutti uguali. E penso' al padre e al fratello del padre, il signor zio, e al marchese cugino che abitava a Palermo. Avevano uno sguardo cosi' deciso che quando parlavano nessuno si permetteva di verificare se dicevano cose sensate o no.
La moglie del signor zio era morta in circostanze sospette, schiacciata sotto una trave. Lei l'aveva vista composta sul letto, paziente, esangue: anche da morta sembrava chiedere scusa per il disturbo.
Con il bracciale in mano la balia guardava l'albero di carrubo pieno di carrube e di uccelli che cantavano, un canto bellicoso a minaccia degli invasori della privata proprieta'.
Anche lei, la balia, sapeva di carrube ed era grande e serena, dava sicurezza...
Balia, avrebbe voluto dirle, non voglio sposarmi, andiamo via, io e te, andiamo a Licunisi.
Invece disse: "Balia, ricordi quando siamo stati a Licunisi? Io giravo con un vecchio cappello da mietitore sulla testa, e tu ti toglievi le scarpe per non sciuparle sui sassi, le legavi e te le appendevi alla cintura. Cercavamo babalucci. Niesci niesci babalucci, chi l'acquata listiu e lu suli riluci."
L'aveva davanti agli occhi quei campi con alberi in piena fioritura malgrado dai rami pendessero ancora baccelli dell'anno prima, e la casa della balia. La stalla era crollata e nello spazio vuoto crescevano papaveri rossi e ortiche gigantesche.
"Abbiamo anche ballato una sera..."
Si festeggiava non sapeva piu' cosa, ma ricordava le sottane della balia che roteavano sull'aia liscia e dura come fosse di marmo.
"Com'era bello quel posto, balia!"

C'era nata e si era maritata in quel posto maledetto, casupole e carrubi, vespe e capre, gli uomini nei campi con la zappa, le donne al fiume a lavare, tutti con il loro diavolo. E le estati senza un filo d'acqua nei torrenti, non un'ombra per miglia e miglia, la terra spaccata dal sole, le vespe, le mosche, il pane che non bastava mai e il bastone.
Ma l'aveva preso lei quel giorno il bastone e al primo colpo gli aveva spezzato il naso, al bastardo, doveva sopportarsi le corna, la fame e le botte, secondo lui.
Il marito era rimasto imbesuito, col naso che penzolava, senza muoversi, senza nemmeno gridare, e lei si era messa a cantare mentre faceva un fagotto dei suoi pochi stracci.

"Balia, oh balia, cosa fai, canti?"
Aveva alzato gli occhi mostrando di non sapere che stava cantando e si era diretta verso la grande cucina con le Madonne e i Sacri cuori di Gesu' alle pareti.
Doveva raccomandare loro la bambina che andava sposa.

"Signuri patri chi vinisti a fari?"
"Signura figghia, vi vinni ammazzari."

Senti' come un pugno alla bocca dello stomaco e comincio' a correre sulle assi di legno del corridoio quasi buio, malgrado il vestito lungo l'impacciasse, le cordelle del busto la stringessero. Il corridoio sembrava interminabile, la porta della foresteria cosi' lontana, mentre l'uomo era sempre piu' vicino, piu' vicino, con il suo puzzo di stalla e di sudore.
Stridi di uccelli notturni trafissero l'aria all'improvviso, affondarono nel crepuscolo, lo lacerarono, e il fiato dell'inseguitore le fu sul collo, le mani quasi l'afferrarono.
Terrorizzata urlo'.
E l'uomo inciampo', perse l'equilibrio, grido' a sua volta, di collera e di scorno.
La baronessa continuo' a correre, raggiunse la foresteria, spinse la porta, la richiuse facendola sbattere con forza alle sue spalle.
"Carinisi, gente di Carini...!"
Affacciata alla finestra chiedeva aiuto, e altre finestre si aprirono, porte di casupole, la gente venne fuori armata di bastoni ma davanti al castello trovo' i soldati con le spade.
"Gente di Carini, aiutatemi..."
Il rumore della porta che cedeva, lo schianto, un grido acuto subito strozzato.

Lu primu colpu la donna cariu
l'appressu colpu la donna muriu

E poi piu' niente. L'uomo usci' dalla stanza, ripercorse il corridoio buio, attraverso' un piccolo cortile dove i resti di un'armatura sanguinavano ruggine in una pozzanghera.

Ciumi, muntagni, arburi, cianciti
Pi la bella barunissa chi pirditi
Chianci Palermu, chianci Siracusa
A Carini c'e' lu luttu in ogni casa

Seduti davanti il porticciolo i pescatori cantavano per i villeggianti come avevano sentito fare ai cantastorie.
"Una notte" disse il piu' vecchio "c'era la luna, luna piena, e io ho visto la baronessa passeggiare sulla spiaggia. Era uscita dall'acqua e aveva i vestiti asciutti, e anche un ombrellino, il parasole."
Il Vecchio amava raccontare ma amava anche la bottiglia, si sapeva, e a quell'ora doveva averne scolate piu' di una. Tutti sapevano pero' che la storia della baronessa era una storia vera, esistevano ancora i documenti, e il castello, a pochi chilometri, nel borgo di Carini. La' era stata uccisa Laura Lanza, il 5 dicembre del 1563.
E l'assassinio non era mai stato punito, delitto d'onore, la figlia tradiva il marito, aveva spiegato il padre in tribunale.
I pescatori ora tacevano. C'era la luna, luna piena, e non sembrava impossibile che la baronessa potesse uscire dal mare e passeggiare sulla spiaggia.
Anche i villeggianti tacevano, qualcuno pensava alla madre della baronessa costretta a vivere accanto all'assassino di sua figlia.
Di lei nessuno aveva mai parlato, nemmeno i cantastorie.
Olga Foti

.INTRO DELL'AUTRICE.
In Italia l'abrogazione del delitto d'onore e' solo del 1981: 5 agosto 1981. La mala accoppiata delitto-onore ha resistito per secoli, e mariti-fratelli-padri padroni hanno potuto ammazzare sicuri della quasi completa impunita'.
Un passato che non passa, e i maschi di famiglia si arrogano ancora il diritto di decidere come devono vivere le "loro" donne e di punirle. Una globale sottocultura che si perpetua e aggiunge ai delitti di ieri quelli di oggi: la ragazza pachistana uccisa dal padre, la donna di Messina accoltellata dal fratello, mogli ed ex mogli, fidanzate ed ex fidanzate ammazzate quasi giornalmente.
Certo questa sottocultura tanti assurdi parrucconi della Corte di Cassazione l'hanno ben alimentata affermando, in barba alla Costituzione che sancisce la parita' fra i due sessi, che l'adulterio della moglie e' ben piu' grave di quello del marito (1961), che "le botte maritali non raffigurano maltrattamenti" (1996), per non parlare della jus corrigendi che regna fino all'approvazione del Nuovo diritto di famiglia (1975).
Gli stessi assurdi parrucconi, o i loro figliolini, ancora oggi assolvono stupratori in nome della verginita' o dei jeans. Ma, per fortuna, tutto il mondo ride di loro.