Emigrato tempo prima a Paterson (New Jersey, USA), l'anarchico era rientrato appositamente nel suo paese natale con il preciso intento di uccidere Umberto I: intendeva così vendicare la strage avvenuta a Milano nel 1898, quando l'esercitò guidato dal generale Bava-Beccaris sparò su una folla di manifestanti (il totale dei morti non è mai stato accertato, ma superò sicuramente il centinaio).

Bresci, difeso dall'avvocato Francesco Saverio Merlino, dopo il rifiuto di Filippo Turati, fu processato per regicidio e condannato a morte, con pena poi commutata in lavori forzati a vita da re Vittorio Emanuele III (fu l'ultimo caso che si ricordi in cui un re d'Italia commutò una pena). Per poterlo controllare a vista venne edificata per lui una speciale cella di tre metri per tre, priva di suppellettili, nel penitenziario di Santo Stefano, presso Ventotene (Isole Ponziane).

Morì il 22 maggio 1901, dopo essersi impiccato, secondo il racconto delle guardie carcerarie, con un lenzuolo o, più probabilmente, con un asciugamani; tuttavia le circostanze della sua morte hanno sempre destato perplessità. Così come incertezza vi è anche sul luogo della sua sepoltura: secondo alcune fonti, fu seppellito assieme ai suoi effetti personali nel cimitero di S. Stefano; secondo altre, il suo corpo venne gettato in mare. Le sole cose rimaste di lui sono il suo cappello da ergastolano (andato distrutto durante una rivolta di carcerati nel dopoguerra) e la rivoltella con cui compì il regicidio.

Molti sono quindi i misteri che circondano ancora la figura dell'anarchico venuto dall'America, come la fantasia popolare lo aveva ribattezzato. Riguardano prevalentemente dei documenti spariti misteriosamente: non è infatti mai stata trovata la pagina 515 che descriveva il suo status di ergastolano e le circostanze della sua morte; nessuna informazione su di lui è disponibile all'Archivio di Stato di Roma; non è mai stato ritrovato – come testimonia una approfondita biografia di Arrigo Petacco – il dossier che Giovanni Giolitti scrisse sulla vicenda Bresci.

Contesto storico in cui maturò l'uccisione di Umberto I di Savoia

Nel 1898, a circa 30 anni dall'annessione della Lombardia al Regno d'Italia, la situazione economica era gravissima. Si ricorda che in questi 30 anni emigrarono circa 519 000 lombardi.[1] A Milano, a seguito dell'aumento del costo della farina e del pane, gravati dall'esosissima tassa sul macinato imposta dal regno sabaudo, il popolo affamato insorse e assaltò i forni del pane.

L'insurrezione durò vari giorni e fu repressa nel sangue con i fucili e i cannoni dai carabinieri al comando del generale piemontese Fiorenzo Bava-Beccaris, che poi per questa azione di ordine pubblico fu insignito con la Croce di grand'ufficiale dell'ordine militare di Savoia, «per rimeritare il servizio reso alle istituzioni e alla civiltà» da Umberto I re d'Italia. Nella feroce repressione militare si calcola che vi furono più di cento persone uccise (i dati non sono precisi) e centinaia di feriti. Tra le vittime i miserabili in fila per ricevere la minestra dei frati, sui quali si sparò a mitraglia.

Gaetano Bresci, secondo la filosofia di un certo anarchismo militante, intese vendicare l'eccidio e rendere giustizia, perciò uccise il re Umberto I di Savoia in quanto responsabile in capo di questi tragici avvenimenti.

Reazioni

Tutti gli amici più stretti e i parenti di Bresci vennero arrestati nel tentativo di dimostrare che Bresci non aveva agito individualmente ma aveva preso parte a un vastissimo complotto anarchico internazionale. Anche la polizia di Paterson fu mobilitata per dimostrare l'esistenza di tale complotto, ma non trovò assolutamente nessuna prova. L'Avanti, divenuto capro espiatorio nonostante non fosse affatto vicino agli anarchici, subì un'aggressione da parte dei conservatori, in seguito alla quale vennerro arrestati alcuni lavoratori del giornale e nessun aggressore. Molti anarchici in tutta Italia vennero arrestati, colpevoli di apologia di regicidio. In effetti a Bresci venivano dedicate feste e brindisi, tanto in Italia quanto a Paterson.

Curiosità

  • Gaetano Bresci e il re Vittorio Emanuele III di Savoia, figlio di Umberto I, nacquero nello stessa data (11 novembre 1869).
  • Nella città di Carrara è stato dedicato a Bresci un monumento in marmo di Carrara, opera dello scultore milanese Carlo Sergio Signori (rimasto incompiuto a causa della sua morte).
  • La città di Prato ha deciso di dedicare, nel 1976, una strada al concittadino anarchico. Si trova vicino a Piazza del Mercato Nuovo.
  • Ascanio Celestini gli ha dedicato una canzone (trasmessa nel programma Parla con me di Serena Dandini l'8 febbraio 2007) che parla di un assassino che entra «come un ladro nella casa del ladro» – cioè del padrone – per ucciderlo.

Bibliografia

  • Arrigo Petacco. L'anarchico che venne dall'America. Storia di Gaetano Bresci e del complotto per uccidere Umberto I. Milano, Oscar Mondadori, 2001. ISBN 88-044-9087-X
  • Francesco Saverio Merlino. La difesa di Gaetano Bresci alla Corte d'assise di Milano. Bologna, Casa Ed. La Controcorrente, 1912.
  • Ugoberto Alfassio Grimaldi. Il re "buono" Milano, Feltrinelli, 1970.
  • Giuseppe Galzerano. Gaetano Bresci: vita, attentato, processo, carcere e morte dell'anarchico che giustiziò Umberto I. Casalvelino Scalo, Galzerano, 2001.

Note

  1. ^ Fonte: Centro Studi sull'emigrazione, di Roma