Il non-voto spesso non e' una strategia, ma appunto il rifiuto di partecipare al gioco della democrazia rappresentativa che toglie alla persona il suo diritto all'autodeterminazione, deresponsabilizzandola.
Il non-voto potrebbe essere considerato alla stessa stregua dell'essere vegan: non si tratta tanto di credere che diventare vegan possa essere una forma di protesta sufficiente ad abolire gli allevamenti, ma di esprimere pubblicamente, quindi politicamente, il proprio rifiuto di partecipare a un sistema che sfrutta l'individuo, poiche' lo considera per l'appunto merce, diverso o inferiore. In quanto alla "coscienza civica", ci son ben altre maniere di esprimerla che non attraverso il voto. Anzi, sovente il voto, proprio nell'automatismo della delega, fa si' che poi ci si astenga dal partecipare a determinate azioni collettive per risolvere determinati problemi, proprio nell'illusione che spetti alle persone elette svolgere e occuparsi di determinate problematiche.
Il non-voto e' proprio il rifiuto dell'attesa che arrivino altre/i a risolvere i problemi, problemi della collettivita' e che quindi non possono che riguardare ogni individuo in prima persona. Coscienza civica ad esempio e' attivarsi in prima persona per ridurre l'inquinamento e la devastazione del pianeta, senza attendere che lo Stato emani determinate leggi anti-inquinamento. Nel rifiuto di votare e' altresi' implicito il rifiuto a essere interpellati e chiamati a svolgere un ruolo all'interno di un gioco le cui regole sono pero' gia' predefinite, e che consente solo determinate mosse: votare una schieramento piuttosto che un altro sulla base di programmi e riforme che non consentono un reale cambiamento, in quanto sempre interne al sistema, incapaci, per cosi' dire, di immaginare una societa' in cui realmente la liberta' dell'individuo comincia non dove finisce quella dell'altro, ma dove anche quella dell'altro ha inizio; una societa' dove non sussistano limitazioni, prescrizioni o divieti, ma azioni sinergiche capaci di portare a compimento le potenzialita' di ognuna/o di noi. Per realizzare questa che parrebbe superficialmente un'utopia, basterebbe eliminare l'ostacolo che impedisce l'acquisizione di una vera coscienza critica, e l'ostacolo e' proprio l'attuale sistema basato su una scala di poteri: poteri istituzionali che avvolgono e incanalano le potenzialita' individuali solo in determinate direzioni (si viene formati a essere membri di uno Stato, e non individui che vivono nel mondo insieme agli altri), poteri mediatici che obnubilano le menti impedendo l'accesso a una reale conoscenza: si subissano le persone di informazioni inutili. Si castra all'origine la messa in discussione dell'attuale stato delle cose, si "normalizza" e "naturalizza" cio' che e' funzionale al mantenere la sperequazione sociale. e quindi il meccanismo che permette l'accumulo di ricchezze nelle mani di pochi grazie allo sfruttamento - psicologico e materiale - dei molti poteri di delega che, come gia' accennato sopra, deresponsabilizza l'individuo convincendolo che il mondo e le societa' siano enti astratti immodificabili nel tempo, e che non possa autodeterminarsi.
La legge del piu' forte e' frutto di questo sistema e della societa' che ne deriva. Che l'Animale umano non sia capace di autorappresentarsi in maniera diretta, e' frutto di una cultura millenaria in cui orizzonti altri sono stati appositamente e artificiosamente preclusi, proprio per impedire cio' e per mantenere il controllo di poche persone su molte. La prima mossa per decostruire cio' che non ci piace, e' smettere di alimentare cio' che la tiene in vita. Vivere secondo principi etici e non secondo ragioni di utilitarismo economico significa anche fare una cosa in vista di un certo traguardo (l'astensione del voto, per esempio), pur sapendo che inizialmente non portera' al traguardo prefisso, ma consapevoli che si tratti di una prima mossa veramente inedita.
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Fonte: I Perche' Del Non Voto. (di La Locomotiva)
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