Non mi serviva l'ennesima "divisa" per distinguermi dagli altri; ero un ragazzetto che usciva da anni di comportamenti dettati dall'appartenenza ad una famiglia della borghesia medio-alta, buono e bravo a scuola, molta attivita' sportiva e di vario tipo, lo studio di chitarra classica da un "facoltoso" professionista della musica aulica e membro probabilmente di qualche lobby massonica di provincia, vacanze al mare e in montagna con i genitori ecc. ecc. Il punk hardcore, l'incontro con i primi punk e l'anarchia mi ha cambiato le prospettive di vita e ho cominciato a farmi delle domande, per alcune ho trovato risposta, per alcune invece no... Ma fa lo stesso. Io mi sento un fortunato, lo ammetto, perche' di domande me ne sto facendo ancora... Altri hanno smesso di farsele in vari modi; c'e' chi non ha trovato risposte e ha preferito togliersi di torno (in tutti i sensi) e c'e' invece chi ha deciso di farsi i soldi con le domande degli altri. Niente di nuovo sotto il sole. Quello che piu' mi apri' la mente furono i discorsi sull'autogestione della propria musica, l'antimilitarismo, l'antiautoritarismo, la mancanza di capi e capetti e la lontananza dalle logiche "normali" di diffusione anche e soprattutto da quelle che la prima ondata punk nel '76-'77 porto'. Anche perche', diciamocelo chiaro, nessun gruppo di quel periodo, ne' all'estero ne' in Italia, fece un discorso veramente coerente con quello che avrebbe potuto dire... I Pistols erano in realta' niente di piu' che un operazione commerciale, i Clash sarebbero poi diventati un gruppo "medio-progressista" (per dirla alla Fantozzi), i Buzzcocks e i mille altri gruppi non si sono mai posti il problema dell'autogestione e dell'autoproduzione della loro musica... In quel periodo alcuni produttori piu' furbi sfruttarono l'ondata e semplicemente l'hanno venduta; la gioventu' era incazzata, bisognava dar loro qualcosa di diverso... Penso che l'affermazione che piu' calza a quella situazione e' la frase di Timothy Leary, l'infame: "bisogna vendere la roba nuova ai ragazzi...", oppure quello che poi disse qualcuno verso la meta' degli anni '90: "teenage angst has paid off well", e c'e' chi c'e' cascato. Per questo non ho dato molta importanza al punk, era certamente per me piu' interessante l'ondata incazzata di gruppi a fine anni '60, come ad esempio gli Stooges, gli MC5... Assolutamente imprevedibili, invendibili per la media di gruppi di musica "del consenso" per quel periodo.
Tornando a noi, fatte queste premesse, passiamo a capire che cosa successe qui da noi. Per tornare all'articolo "Punk's Not" vengono citati i CCCP. Io penso di averli visti gia' malvolentieri circa nell' '82, e poi nell' '85 ebbi la conferma che quello non era altro che il solito gruppo che per necessita' s'attacca a situazioni di comodo; perche' questa fu la mia prima impressione.
Puo' darmi fastidio? Assolutamente no, non erano "compagni" miei, ne' di viaggio ne' di lotta, li ho identificati subito e cosi' li ho trattati; non li ritengo assolutamente in alcun modo rappresentativi del periodo punk in Italia come non ho dato particolare importanza ne' a Philopat ne' a Jumpy Velena ne' a Gomma. Il bello di quel periodo e' forse questo, che ognuno all'interno di quella realta' ha vissuto cose intensissime e differenti perche' questa era la caratteristica di quel "movimento". Puo' darmi fastidio che chi sventagliava la "autogestione delle proprie vite" ora sia una serena e pacificata "trama del domino del potere"? Assolutamente no... Non mi interessa. L'unica domanda che posso fare e': "che cosa ho fatto io?". E non solo durante quel periodo, ma anche e soprattutto dopo. Certamente questi personaggi si sono esposti di piu', ma rappresentano un area, quella delle "controculture", dell' "alternativo a tutti i costi" che non mi appartengono. Purtroppo per me la cultura, la storia che ho vissuto e' questa, e non la vedo come alternativa a niente... E' questa, e' la mia. Non voglio mettere la bandierina su alcun periodo e non vivo come mie le esperienze di altri. A ben guardare, era evidente che alcuni personaggi finissero in realta' "mediaticamente" piu' esposte, e infatti vengono citati, recensiti, analizzati, quasi vivisezionati, dalle aree piu' vicine alla disobbedienza che ad aree antiautoritarie ed autogestite.
Il perche' e' presto detto: passata la buriana degli anni'80 chi li ha piu' visti? Le case occupate, i concerti, i gruppi hardcore punk, i punk, l'autogestione, l'autoproduzione, l'anarchia, ci sono stati anche dopo ma qualcuno ha ben pensato di levarsi di torno. Ora, il problema principale (per chi lo vuole vivere come un problema) e' che questi nomi girino ancora in ambienti autogestiti; questo puo' andare bene, anche a me a dato fastidio, ad esempio, vedere al Boccaccio la presentazione di "American Hardcore", edito della Shake, e "conferenza sul punk italiano anni '80", con organizzato un concerto hardcore punk di contorno, non mi e' piaciuto e non ci sono andato. Avrei potuto presentarmi, rovinare la serata e la festa a qualcuno, perche' di quello e solo di quello si sarebbe trattato, di rovinare una festa. Il punk in Italia non e' di proprieta' della Shake o di Marco Philopat, di Mungo, di altri che hanno scritto libri (e anche raccontato fandonie, intendiamoci) o di chi ora avanza pretese di purezza ideologica e ideale, non e' di proprieta' di nessuno ma solo chi l'ha vissuto profondamente e con sincerita' e passione puo' comprenderne la mutazione.
L'aspetto "amarcord" di chi rientra nei posti liberati dopo 20 anni solo perche' ora dopo la pubblicazione di alcune compilation e alcune ristampe "va di moda" il punk hardcore italiano anni '80, non mi piace, lo ritengo cosa da vecchi rincoglioniti; niente di diverso poi dal comportamento che avevano gli ex sessantottini con noi nei primi anni '80, quindi... La storia si ripete.
Non mi piace pero' alla pari chi sta sempre seduto in seconda fila e sputa sentenze sul "modus operandi" delle nuove situazioni del punk hardcore, sulle ritornate assemblee sull'autogestione/autoproduzione, che le guarda (da lontano) con sufficienza come chi queste cose le ha gia' fatte e anche molto meglio. E' vero, l'iniziale spinta propulsiva del punk hardcore e' morta e sepolta, ma per fortuna! Siamo nel 2008, stiamo parlando di 28 anni fa, se le spinte, le motivazioni fossero ancora li ferme ci sarebbe puzza di stantio... E a questo punto la cosa migliore pare essere la sola scelta del tipo di fetore... O puzza di marcio o puzza di morto.

Un hardcore punk, ancora anarchico...
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. dei Ludd.

.NOTA.
Grazie ancora a Green che continua a segnalarmi queste cose.