Nelle stesse settimane un regista francese di origine ebraica, figlio d'arte e non ancora trentenne, vince nel clamore piu' assoluto la Palma d'oro al Festival di Cannes con un'opera folgorante: un film che squarcia l'apparente quiete che regna oltralpe, ribaltando con la brutalita' di un pugno nello stomaco la percezione esterna della societa' francese, mettendola davanti alle sue storture e contraddizioni.
L'Odio mette la societa' francese di fronte alle sue contraddizioni
Senza giocare troppo con la materia filmica, scegliendo un taglio quasi documentaristico, immerso in un allucinato bianco/nero figlio della tradizione della Nouvelle Vague, l'Odio, a firma Mathieu Kassowitz, cala sulla Francia come una bomba ad orologeria pronta ad esplodere da un momento all'altro.

Le conseguenze per la Francia, le stesse citate piu' volte nel corso del film - "l'odio puo' generare solo altro odio, Vincent" - sono imprevedibili e l'impatto del film sulla societa' francese ha la stessa importanza di capolavori maledetti come Il Cacciatore o Taxi Driver (entrambi citati nel film) nella societa' americana di fine anni '70, reduce dal trauma del Vietnam.
La Francia del 1995 e' ricca, prospera e le periferie di estrema destra sostengono il governo Chirac
La Francia, pero', e' un paese prospero, a fortissima vocazione europeista, una stella polare del processo di costruzione della nuova entita' politico-economica che si sta prefigurando, ma e' un paese che, allo stesso tempo, poche settimane prima ha vissuto una svolta epocale: uscita dalla lunga stagione socialista di Mitterand, Jacques Chirac ha vinto le elezioni al secondo turno grazie soprattutto al voto delle periferie e dell'estrema destra di Le Pen, in costante crescita da anni. Uno schema che si ripresentera' in vari paesi europei anche a 20 anni di distanza.

E' la prima, enorme crepa nel modello assimilazionista di stampo francese: un tema che l'Odio, come nessun altro film, riesce a catturare, cristallizzare in un momento storico per renderlo universale grazie ad una narrazione diretta, uno stile inconfondibile, scelte di regia e montaggio iconiche e fuori dagli schemi non perdendo mai di vista l'attualita', la realta' sociale di un paese.
Nel cuore del film pulsa il fallimento del progetto francese nelle banlieu
O meglio, della sua metropoli simbolo - dimenticata da tutti e sacrificata sull'altare di una visione che pone la conformita' del 'diverso' al proprio modello dominante quale zenith sociale indiscutibile.

Il fallimento dell'assimilazionismo francese, i temi delle 'periferie' - quelle banlieu che avevano dato i primissimi sintomi di rigetto con le rivolte del 1994, immortalate in apertura del film -, la questione complessa delle differenze sociali, linguistiche e di (non) accesso all'istruzione da parte delle minoranze, perfino l'architettura urbana e i suoi orrori in cemento armato: l'Odio e' un film che riesce mirabilmente a consegnare un'istantanea nitidissima delle problematiche che stavano affiorando nell'Europa continentale a meta' degli anni '90 e che sarebbero detonate nei successivi 20 anni.
Kassowitz ci consegna scene memorabili, come quella di una Torre Eiffel cosi' lontana dalla vita dei tre protagonisti da sembrare aliena
Guardarlo oggi provoca la stessa sensazione di adrenalina e straniamento di 24 anni fa: una societa' che precipita dal 53esimo piano di un grattacielo e che ripete 'fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene' e' una societa' destinata inevitabilmente all'atterraggio piu' traumatico.

Nel confezionare questo gioiello filmico grezzo e sospinto da una forza neo-realista, Kassowitz ci consegna inoltre scene memorabili, come quella di una Torre Eiffel quasi entita' metafisica, cosi' lontana concettualmente e fisicamente dalla vita dei tre protagonisti che appare quasi come un elemento alieno, posticcio, estraneo a una Parigi ghettizzata, cupa, violenta.
Dietro le ipocrisie della societa' si staglia l'ombra oscura della diseguaglianza
O la scena-cult del Dj, scandita a ritmo di rap, Edith Piaf e skretching con una surreale panoramica che volteggia tra gli spazi delle banlieu dove si ammassano senza criterio minoranze e disoccupazione nella completa mancanza di infrastrutture e speranza.

Nelle 20 ore in cui si dispiega la storia che vede protagonisti Hubert, Vincent e Said resta evidente un concetto: oltre le prepotenze e le violenze indiscriminate della Polizia verso gli abitanti delle banlieu, oltre le falsita' della Parigi borghese che si trincera dietro capi eleganti e vernissage a'-la page ma che disprezza i propri concittadini, oltre il quieto orrore che si nasconde dietro il cittadino-medio che 'vuole vivere tranquillo' e quindi vota Le Pen come catarsi delle proprie pulsioni xenofobe, alla base di questo puzzle sociale schizofrenico destinato a non ricomporsi si staglia il concetto di disuguaglianza: sia essa economica, sociale, culturale.
Come ne L'Odio, anche la nostra societa' deve fare i conti non con la caduta, ma con l'atterraggio
E' il virus che si e' inoculato nelle periferie d'Europa in anni solo apparentemente prosperi e che e' tornato a rafforzarsi nell'ultimo decennio post-crisi finanziaria - quanto sono vicine le Torre Maura e le Casal Bruciato dei giorni nostri? - per lasciarci in eredita' una societa' che, oggi piu' che mai, deve imparare a fare i conti non piu' con la caduta, ma con l'atterraggio.
Leonardo Capanni

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Fonte: L'Odio E' Il Capolavoro Profetico Dell'Europa Di Oggi (di Videodrome)
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