Se non altro, quando il punk nasceva e si sviluppava in Italia divenendo una delle massime espressioni controculturali esistenti in circolazioni, io manco ero nato.
Tutta questa introduzione perche'?
Perche' capita spesso di snobbare, di essere quasi restii nell'ascolto di un disco, a causa di orecchie ormai sature di registrazioni che rasentano l'incomprensibilita'.
Avrei dovuto informarmi piu' su questi Dead Cities ed annotare che si presentano ai miei timpani viziati alla loro quarta registrazione, il che' sarebbe stato gia' una sorta di garanzia su una qualita' almeno discreta.
Ed infatti questo "Abitudine ed Apatia", nonostante il budget, (credo) ristretto, e' un album registrato in maniera molto accurata che fa in modo che l'intensita' e la rabbia non scemi.
Il disco in questione e' composto da 10 pezzi, comprendendo le cover di Tutti Pazzi dei torinesi "noncebisognochescrivailnome" e Fino in Fondo dei Wretched.
Abitudine ed apatia e' un album che basa la propria forza sul fattore velocita'.
Dalla buona trama ritmica emerge l'ottimo chitarrista che, sebbene non scada in virtuosismi futili o almeno ipertecnicismi dilungati, possiede un'ottica musicale in stile quasi Slayeriano, con chitarre spesso, o quasi sempre, suonate in stoppata, in plettrata alternata, resa quasi un sibilo minaccioso ed accattivante, come un calabrone impazzito.
I testi si guardano bene dall' essere costituiti da acrobazie liriche senza senso e vengono scritti dalla mano della schiettezza.
In fondo, se e' vero che l'hardcore e' comunicazione, perche' doverlo mascherare ed ostruire l'arrivo del messaggio alle orecchie della gente?
Certo, nulla di sperimentale.
Una delle tematiche che sembra piu' crucciare i giovani di Rho, e' l'argomento guerra.
Piu' volte questa avversione/sensibilita'/coscienza emerge dalla voce nevrotica ed urlata del cantante/unico chitarrista Tripudio che va a fondersi perfettamente con la base musicale, senza che le urla siano a se stanti, senza che intraprendano un proprio cammino, ma saldamente legate alla base musicale, in perfetta sintonia. Si passa dalle denuncie in "Missione Di Pace" verso quella politica colonialista mascherata da paradossale esportazione della democrazia da parte dei suini americani, alla trovata geniale di dar voce ad un invalido divenuto tale a causa di una mina antiuomo nel pezzo "Orrori-Vienili a Vedere", che parte con un tempo medio-lento per esplodere irrimediabilmente dopo i pochi secondi introduttivi.
Ovviamente, il tutto e' descritto sempre e comunque con piccole, ma importanti dosi di soggettivita'.
Il malessere, che puo' essere camuffato dalle urla di denuncia, e' comunque presente.
L'urlare contro cio' che accade non si limita ad un atto vocale, ma e' qualcosa che viene da dentro. E' amore, e' odio, ma viene dal cuore.
Schierarsi contro la guerra e le altre ingiustizie che magari non colpiscono personalmente, e' indice di grande sensibilita'.
E questi testi sono impressi di un inchiostro bagnato dalle lacrime, che siano di rabbia o di dolore. Certo, ora su, non stiamo a fare gli smielati.
A mio avviso uno dei pezzi migliori del disco e' il brano Abitudine ed Apatia dove il chitarrista riesce a dare il meglio di se' tramando giri molto peculiari ed orecchiabili, nonostante lungi dalla formula della melodia.
Se devo azzardare dei paragoni il gruppo inglese dei Discharge e' quello che piu' si accosta alle sonorita' dei Dead Cities, ma, grazie proprio alla ritmica portante fatta di plettrate alternate, anche le influenze dei brasiliani Ratos De Porao ci possono stare.
Un bel lavoro questo dei Dead Cities, ma che soffre qua e la' di alcune lacune facilmente colmabili, tra cui un basso davvero poco distorto e che perde quindi di potenza, cambiamenti di tempo troppo repentini che introducono piccoli arpeggi non molto riusciti.
Infine, alcuni cori da migliorare dal punto di vista canoro.
Fatto sta che le basi per ulteriori miglioramenti ci sono eccome.
Un bel disco da scaricare o acquistare per soli 3,50 euro
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ZaZzOmArCoTaX

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