Magari, invece, e' semplicemente il ricordo di un'esplosione sensoriale, della quale sostanza e' impossibile da decifrare, analizzare o spiegare, ma se ne puo' ancora sentire forte e viva la rabbia? O forse non vi dice proprio niente, ma e' solo rumore, senza valore.
A me, ad esempio, al concetto di hardcore riaffiorano alla mente un po' tutte queste cose assieme, ed isolatamente nessuna in particolare. Ma da un po' di tempo a questa parte mi e' difficile incontrare band che uniscono in maniera compiuta tutti questi punti, quali collera, impegno, furore, ideali, attitudine, tenacia e, perche' no, rumore, e non quel tipo di rumore messo li' alla cazzo, ma con un minimo di logica; un rumore che sia tale perche' voluto e ben studiato dai membri della band e non perche' quest'ultimi non sono capaci di far nulla con gli strumenti e si sono messi a far hardcore.
Sapete, anche per fare hardcore ci vuole un minimo di talento.
Insomma sta di fatto che, in particolare per quanto riguarda le formazioni d'oltreoceano, i nuovi arrivi mi risultano sempre piu' scadenti o, per meglio dire, tutti uguali. Un'accozzaglia di berretti storti, bandane, X sulle mani e veganismo eccessivamente ostentati (cos'e', anche questo una moda adesso?), influenze metal troppo marcate, liriche poco impegnate, frivole o semplicemente scritte male, insignificanti ed infine, che dio ci salvi, frangettoni-paraocchi: e questo e' davvero troppo.
In questo brodo tiepido di suoni, pareri ed aspetto stereotipati, pescare una band "vera" e con carattere e' diventato un lusso; e la reale distanza tra il nostro fronte e quello capitanato da Paris Hilton varie e compagnia suonante risulta drammaticamente breve.
Quindi ora che mi sono ritrovata fra le mani loro, gli Abandon, con The Death Of Urgency, si capisce con le premesse che ho fatto che ero, inizialmente, un po' scettica, titubante, delusa, pronta al peggio. Mi preparavo gia' al solito gruppetto da quattro soldi che rincorre nostalgicamente i suoni e la vocazione del buon hardcore americano dei bei tempi che furono, mischiandolo ad assoli pseudo thrash metal inadeguati e growl a dir poco imbarazzanti.
Fortunatamente, musicalmente mi hanno sorpreso positivamente quasi da subito: furiosi, forti, tecnici, niente inserti fuori luogo per attirare chissa' quale pubblico; semplicemente sano hardcore, pur sempre nuova scuola, ma nient'altro che hardcore. Le urla disperate del vocalist s'incontrano con i riff stentorei di chitarra, la batteria martellante, il basso, spesso in alcuni passaggi lasciato camminare da solo senza la compagnia degli altri strumenti, dal suono ferroso, metallico, duro.
Un'esplosione di rabbia, a volerli descrivere in una riga.
Si presentano con "Walls": apre il basso, lento e meccanico, lo segue a ruota la chitarra leggermente piu' acuta, a seguire i piatti ed infine i tamburi, sempre piu' veloci, infine esplode il ritmo, ed i tre strumenti iniziano a creare qualcosa assieme. Come se si fossero presentati al pubblico uno alla volta, con calma al debutto ma prendendosi via via sempre piu' spazio, fino ad inondare tutto: un fiume in piena che esce dagli argini, con questo sound pieno e greve. Improvvisamente l'armonia tra i tre strumenti si spezza e lasciano andare la chitarra sola, che prepara l'entrata della voce. Con un cantato-parlato si fa spazio il vocalist, in un crescendo che passa dalle parole parlate ad alta voce ad urli sempre piu' forti, sempre piu' lunghi. Direi un ottimo debutto, carico ed energico.
"To defy", piu' lenta e ragionata agli inizi, in seguito ad intervalli schematici o pacata o veloce, da il tempo ed il modo di analizzare ed ammirare il singolo lavoro, ben fatto, di ogni strumento. Lo sprint viene sempre dato dai pesanti riff di chitarra, che regalano l'incipit alla voce ed al resto della combriccola a spingersi a velocita' piu' alte; infine allo stesso modo le sei corde elettriche rallentano e, con loro, tutta la sessione.
Sara' cosi' anche per la brevissima "Reject/Reclaim", che propone incessanti cambi di velocita' e schema, e pare fungere da apertura, stendendo il tappetino rosso per "Evolve/Maintain", che ne risulta il prosieguo tematico sia nella lirica che nell'arrangiamento. Chitarra regolare, rigida e stridente al contempo, voce veemente e ripetitiva: le due si calmano solo per pochi secondi perdendosi nel giro ferreo del basso; la chitarra diventa improvvisamente quasi malinconica, ma e' solo un breve passaggio in crescendo che prepara alla sfuriata finale. Il brano si chiude, a sorpresa, posato e tenue. Ma la "posatezza" alla Abandon maniera ha sempre un non so che di denso, irrespirabile, irrequieto, fortemente incazzato.
"Untitled", altro episodio notevole, colpisce per i cori corposi, l'ottimo screaming, la qualita' d'esecuzione sempre decisamente alta; nonostante cio' l'inserto piu' riuscito ed eclettico arriva con la name track "The death of urgency"+"Reflections of guilt".
Esordiscono accordi di chitarra acustica miscelati al violino creanti una certa atmosfera solenne ed epica nel primo brano, il quale fa tutt'uno con il secondo pezzo e prelude allo scoppio delle sue sonorita' incontenibili. Basso particolarmente crudo e aggressivo, ritmi serratissimi ancor piu' di quelli raggiunti in precedenza, il brano sembra riassumere e rafforzare il concetto dell'intero album. Si conclude con un urlo furioso, un po' come e' iniziato il lavoro.
E' stato interessante notare come, su myspace, tra le loro influenze riportano non solo quelle musicali ma bensi' anche quelle ideologiche, tra le quali spiccano nomi come quello del nostrano Errico Malatesta, insieme a molti altri egregi pensatori. Una sorpresa, ma seguendo con attenzione le liriche si puo' intuire, visto che sono serissime, di tutto rispetto, con tematiche il quale contenuto e' a tratti velato ma parecchio interessante, da approfondire.
Unico particolare deludente e' che l'album non e' una produzione Do It Yourself ma e' uscito sotto Catalyst Records, che dopotutto e' una casa abbastanza underground, per giovani band hardcore straight edge, della quale non conosco molto, ma non troppo conosciuta e "venduta" (almeno cosi' pare); ma forse adesso iniziavo a chiedere un tantino troppo.
Gli Abandon picchiano duro ed hanno talento da vendere, e va bene cosi'.
hyena01
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