Il progetto dei Devon Loch parte nel 2016 da Falconara Marittima, il gruppo riesce con ottimo espressione musicale e concettuale ad attraversare varie pulsazioni e stili musicali senza risultare banale, passando dal hardcore punk, al crust, dal punk al metal, senza sbavare in nessuna copia artefatta ma dandogli un grande carattere e una propria visione nuova ma non per questo scadente. Imprimendo il tutto anche grazie ad una scrittura matura di impatto, spigolosa e rivelativa, dando la percezione all'ascoltatore di trovarsi davanti ad uno specchio. For What We Forget We Never Come Back e' il loro album di debutto uscito nel 2018, pubblicato dalla DoThe Boogie, registrato ai Dead Air Studio da Will Killingsworth, attraverso l'artwork di copertina curata da Anudariya Munkhbayar su Unsplash ci e' possibile avere una prima impressione almeno per quanto riguarda il lato ideale-concettuale di quel che andremo ad ascoltare.
L'album e' un intero viaggio attraverso generi e stili passando dal post hc, all'hardcore punk, al crust e al metal nell'accezione più classica ma e' anche grazie alla scrittura che e' un viaggio anche attraverso le parole, tutte in inglese, ma di impatto che pervadono il cuore e danno anche l'opportunita' di una nuova visione, prima di diventare carcasse marcite per terra.
L'album s'apre con "Shit Elite", brano apripista dell'album, e' una fusione furente, riff di chitarra aprono il passo al resto delle linee musicali, sopraggiunge la voce come il ruggito di un leone, feroce, tagliente. Le linee di basso e batteristiche corrono, una folle corsa incentivata dall'impostazione vocale: arrabbiata, accecante, gettando l'ascoltatore stretto in una morsa che cinge il collo e il respiro. "Torakiki", animale simbolo della cultura giapponese, il brano s'apre con un interessante intro fatto di linee accattivanti, linee di basso che fanno da ponte a cio' che sta per arrivare dietro i nostri orecchi, la voce ha un appeal screamo e procede nello stile post hc veloce, furente e folle, una veloce corsa indisponente e anti-proibitoria.
"Life Hack (How To Loose Everything)" linee di chitarra lasciano il corso a quelle di basso e batteria in questo trittico spunta l'impostazione vocale screamo che squarcia le linee musicali, il tutto procede andante verso linee precise e decise.
"Function Unsubscribe()", un suono stridulo apre il brano in un ottimo flow fluido tra hardcore punk e post hc, un misto feroce di suoni e parole dove la voce taglia la pelle come dei piccoli e frammentari tagli sgorganti di sangue e di sentimenti arrugginiti.
"You@ Graveyard.com", riff di chitarra aprono il brano, e tutto si plasma dentro ad un incessante ferocita', gettando l'ascoltatore in una presa al costato, l'ascoltatore si fa prigioniero del brano stesso, un picco estremo di ferocia e paura, una morsa letale dell'anima. "The Chance You Had Means Nothing If We Didn't Approve It Before", il brano s'apre e mostra subito la sua ferocia e violenza, un taglio scoperto sul collo che sanguina, le linee di chitarra e basso si fondono e avvolgono la voce che si fa avvolgere ma domina sempre, piu' tagliente che mai, piu' feroce che mai.
"Helpless Branch", questo brano ha un appeal hardcore punk di matrice newyorkese, tutte le linee musicali viaggiano corpose all'unisono, la voce ti entra nel cervello lo divide in due non smembrandolo, ma tagliandolo come un melograno.
"Plankton Vs Moby Dic*", riff di chitarra aprono il brano, e danno corpo ad un trittico fervente chitarra - basso - batteria in un trittico che taglia l'atmosfera in piu' parti, dove fa capolino la voce graffiata, urlata, sguisciata, particolare menzione per la batteria che procede come un carroarmato senza esitazione.
"The King", linee di basso vivido aprono il brano, proiettando l'ascoltatore in un intensa ed intima atmosfera, lasciando spazio alle linee di basso e chitarra e batteria, in pieno stile post hc, la voce segue il flow delle linee musicali, seguendo il flusso di uno stato linfatico prepotente. Conclude l'album "Me Here", il brano s'apre con un urlo che fa gelare la schiena, tutto segue il flusso facendosi portare come con un filo introspettivo alla conclusione del viaggio ed il suo epiteto alla sua massima espressione musicale - vitale, una nuova coscienza di se' rinnovata.
In conclusione, questo album porta l'ascoltatore fuori dai limiti e limitazioni, dove a volte il post hardcore viaggia facendosi scontato e di plastica. Qui i Devon Loch, - Alessandro Annini (voce), Mattia Guazzarotti (basso), Lorenzo Zandri (chitarra), Alessandro Gennari (chitarra), Amilcare Tonnarelli (batteria) - assumono il ruolo di traghettatori introspettivi dove l'ascoltatore oltre che rompere i limiti coercitivi musicali, andando oltre al solito trito e ritrito cliche' chiuso in stili musicali, portano l'ascoltatore a dargli la propria visione e apporta ad una rivelazione di se, un viaggio senza fine dove l'unico fine e' quello di chissa' se quello che ci lasciamo dietro, non lo potessimo riscrivere a dargli una nuova vita, come guardare l'altra faccia della luna, lo yang di noi stessi. Cito i brani "Shit Elite", "Life Hack (How To Loose Everything)". "Me Here", "You@ Graveyard.com", rappresentano per me la vera essenza dell'album. Consiglio agli ascoltatori di Yarostan, His Hero Is Gone, Neurosis di non perdersi assolutamente questa band e questo disco.
Ms_Antrophy
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