I cinque brani registrati al 16th Cellar Studio e racchiusi in una grafica essenziale ma curata elaborata da Lurido risultano subito di buona fattura, sia nella registrazione che nella tecnica. Suoni tetri e oscuri accompagnati da testi intimisti e profondi mai banali, critica sociale e rabbia li fanno da padroni seppur alle volte di difficile comprensione, per nostra fortuna arrivano in soccorso i testi opportunatamente trascritti sul loro bandcamp.
Molto interessante il concetto che sta dietro la band ed il disco espresso dai Kleptocrazia con queste parole: "Quello che vogliamo trasmettere tramite i nostri suoni e i nostri testi e' l'alienazione individuale ed emotiva del vivere nella societa' odierna, tra input sclerotici e cultura della merce che corrompe ogni rapporto, fino a far perdere malsanamente la delineazione tra singolo e ambiente, ma anche ricordandoci positivamente che noi siamo il mondo che ci circonda e la cura dell'ambiente reale e sociale e' anche cura di noi stessi, infatti il nostro logo e' un unione tra la runa hagalaz nella parte superiore, che rappresenta la crisi interiore e l'introspettivita, e il simbolo aristotelico della terra nella parte inferiore, che appunto simboleggia l'ambiente circostante."
Nel complesso l'Ep seppur cupo e dai suoni pesanti e' piu' che godibile, tutte le componenti in gioco risultano ben amalgamate e di buona qualita' e il cantanto si fa apprezzare per espressivita'. Ovviamente le sonorita' non sono nuove ma neppure scontate e ripetitive anche grazie alla miscela del genere che attraversa sentieri battuti si' ma non trafficati come una tangenziale.
Esordio che fa ben sperare nel seguito gia' in lavorazione, i Kleptocrazia meritano attenzione soprattutto da chi ama sonorita' ad i limiti della claustrofobia.
Joel
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