Avevo gia avuto modo di parlare della realta' dei WildSheep sul sito, Paint Your Life (2018) fu una delle mie prime recensioni, e pensare quante cose sono cambiate per me, per noi, per il mondo - tra perdite, pandemie, assenze e ritorni. Questo e' uno di quei ritorni che mi hanno sorpreso ed incuriosito parecchio.
Attivi dal 2012, sono una di quelle realta' della nuova generazione che ha attinto ad una vasta gamma sonora sempre col piglio diretto e senza peli sulla lingua, proponendo un allettante miscela di punk hardcore sporcato di noise e punk 77, figli degli Impact sopratutto per una questione identitaria, stilistica e sulla composizione di testi e sempre fottutamente sinceri a odiare il nostro caro stato di merda. Nel frattempo il gruppo ha modificato qualche dinamica, direi anche molto piacevolmente, e con Milza il gruppo si cimenta in lingua madre, scelta rischiosa ma che e' di tutto rispetto.
Per quanto riguarda il sound proposto se la giocano sempre su di una base punk hardcore, sporca, corrosiva e acida con venature sludge e noise molto interessanti sempre guidati da blast irriverente e una sezione ritmica molto bella che sa creare momenti profondi e bassi a sferzate nella piena accezione classica del punk.
Registrato da Tommaso Corra', il quale si e' occupato anche del mix e del mastering. Pubblicato lo scorso Maggio espone in maniera originale e profonda quello che significa oggi comporre un progetto dichiaratamente DIY dove ci metti la faccia esponendo testi molto importanti e profondi, dove i nostri con fare molto diretto sparano a zero sulla societa', sui mali di vivere, testi dove ognuno si puo' ritrovare, d'altronde una societa' dove non da' futuro, decostruisce empatia mette al mondo i suoi figli per poi ammazzarli, come si fa a sostenere che va tutto bene.
Logicamente i WildSheep mostrano appieno una certa maturita' compositiva sonora e descrittiva, di acqua sotto i ponti ne e' passata e ne hanno fatto tesoro riuscendo a descrivere appieno il mondo circostante ed interno, distribuendo un flusso sonoro in cinque tracce, che e' una derapata specchiata dentro il sistema ed i suoi dettami, dentro l'uomo moderno e le sue frustrazioni.
L'apripista
Il bello di dischi del genere sta proprio nel non essere facilmente riconducibili ad un genere solo, la forza di questo disco sta proprio nel riuscire a descrivere piu' un vissuto che urla che star li a pensare cosa suonare o non suonare. E' un disco che ti scaraventa addosso tutta la sua vena espressiva critica, brani come "Cavie Inconsapevoli", combo di riffing chiari e limpidi fanno da base ad una traccia parlata, densa e malinconica, diretta e semplice in un primo momento per poi farsi rabbiosa e truce.
O come "Figlio Mio", brano che fa da chiusa, e' una traccia che ti distrugge dentro per la sua intensita' musicale e del suo testo, poggiata su riff circolari voce screamo e linee batteristiche da sfondamento. E' un brano che oscilla tra punk hardcore e post hardcore sporco un po' alla Converge. Acida e genuina e' un masso che cade sul cuore, riesce a coinvolgere totalmente nell'ascolto che e' quasi impossibile che non vi venga un groppo in gola.
Verace ed ostinato Milza in una ventina di minuti riesce a sfondare la porta principale dello stomaco e distruggerti ma farti molto riflettere. Questo disco espone un concetto che penso da sempre, alla fine come scrittore e compositore quando mostri te stesso fregandotene di cliche' mode, riuscendo a non compromettere mai la tua natura, puoi permetterti di parlare di qualsiasi cosa, anche della confettura di marmellata. Risulterai sempre cosi' dannatamente Vero.
Un graditissimo ritorno, ma davvero.
Ms_Antrophy
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