Posto che e' giusto che un figlio difenda la memoria del padre, certe affermazioni, come quella relativa all'assenza di Luigi Calabresi dalla stanza da cui cadde, il 15 Dicembre 1969, il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli - incolpato della strage di Piazza Fontana, di cui era innocente - sono piu' controverse di quanto la trasmissione facesse trasparire. Ecco, per esempio, la testimonianza resa a suo tempo dall'anarchico Pasquale Valitutti, arrestato con Pinelli. Alcune considerazioni in appendice.] (V.E.)

Io sottoscritto Pasquale Valitutti dichiaro che: giunto in questura all'ufficio politico verso le ore 11 di sabato 13 dicembre, sono rimasto due o tre ore in sala d'attesa. Spostato quindi nel salone seguente quello dove vi e' la macchina del caffe' ho visto Pinelli seduto vicino ad Eliane Vincileone.
In seguito, da informazioni datemi da Sergio Ardau e dallo stesso Pinelli ho saputo che Pinelli era stato fermato venerdi' sera e interrogato lungamente nella stessa serata di venerdi'. Nella notte di venerdi' non aveva dormito. Pinelli mi e' parso seccato e stanco, ma in condizioni normali. Mi ha parlato del suo alibi e mi e' apparso sicuro. Piu' tardi gli e' stata fatta una sfuriata da parte di un agente, che saprei riconoscere, perche' aveva gettato della cenere per terra (numerosi i testimoni) e lui si e' chinato a raccoglierla.
Piu' tardi, a sera inoltrata, per ordine di Calabresi siamo stati divisi nella stanza in tavoli diversi, mentre Pinelli e Moi sono stati fatti mettere nella stanza del caffe'.
Verso le 24 sono stati fatti andare via tutti gli altri e siamo rimasti io, l'Eliane e Lorenzo. In seguito io e Lorenzo siamo stati portati in cella di sicurezza: non ho piu' visto Pinelli fino alla domenica dopo pranzo, mi ha detto che lo avevano interrogato la notte di sabato e fatto riposare qualche ora in camera di sicurezza nella giornata di domenica. Nel frattempo io ero stato interrogato e mi avevano portato nel mio abbaino per una perquisizione. Domenica pomeriggio ho parlato con Pino e con Eliane e Pino mi ha detto che facevano difficolta' per il suo alibi, del quale si mostrava sicurissimo. Mi ha anche detto di sentirsi perseguitato da Calabresi e che aveva paura di perdere il posto alle ferrovie. Verso sera un funzionario si e' arrabbiato perche' parlavo con gli altri e mi ha fatto mettere nella segreteria che e' adiacente all'ufficio del Pagnozzi: ho avuto occasione di cogliere alcuni brani degli ordini che Pagnozzi lasciava ai suoi inferiori per la notte. Dai brani colti posso affermare che ha detto di riservare al Pinelli un trattamento speciale, di non farlo dormire e di tenerlo sotto pressione tutta la notte. Di notte il Pinelli e' stato portato in un'altra stanza e la mattina mi ha detto di essere molto stanco, che non lo avevavo fatto dormire e che continuavano a ripetergli che il suo alibi era falso. Mi e' parso molto amareggiato. Siamo rimasti tutti il giorno nella stessa stanza, quella del caffe' e abbiamo potuto scambiare solo alcune frasi, comunque molto signicative. Io gli ho detto: "Pino, perche' ce l'hanno con noi?" e lui molto amareggiato mi ha detto: "Si, ce l'hanno con me". Sempre nella serata di lunedi' gli ho chiesto se avesse firmato dei verbali e lui mi ha detto di no. Verso le otto e' stato portato via e quando ho chiesto ad una guarda dove fosse mi ha risposto che era andato a casa. Io pensavo che stesse per toccare a me di subire l'interrogatorio, certamente il piu' pesante di quelli avvenuti fino ad allora: avevo quasta precisa impressione.
Dopo un po', penso verso le 11.30, ho sentito dei rumori sospetti come di una rissa e ho pensato che Pinelli fosse ancora li e che lo stessero picchiando. Dopo un po' di tempo c'e' stato il cambio di guardia, cioe' la sostituzione del piantone di turno fino a mezzanotte. Poco dopo ho sentito come delle sedie smosse ed ho visto gente che correva nel corridoio verso l'uscita, gridando "si e' gettato". Alle mie domande hanno risposto che si era gettato il Pinelli; mi hanno anche detto che hanno cercato di trattenerlo ma non vi sono riusciti. Calabresi mi ha detto che stavano parlando scherzosamente del Pietro Valpreda, facendomi chiaramente capire che era nella stanza nel momento in cui Pinelli casco'. Inoltre mi hanno detto che Pinelli era un delinquente, aveva le mani in pasta dappertutto e sapeva molte cose degli attentati del 25 aprile. Queste cose mi sono state dette da Panessa e Calabresi mentre altri poliziotti mi tenevano fermo su una sedia pochi minuti dopo il fatto di Pinelli. Specifico inoltre che dalla posizione in cui mi trovavo potevo vedere con chiarezza il pezzo di corridoio che Calabresi avrebbe dovuto necessariamente percorrere per recarsi nello studio del dottor Allegra e che nei minuti precedenti il fatto Calabresi non e' assolutamente passato per quel pezzo di corridoio.

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[Perche' alla testimonianza di Valitutti - ribadita anche di recente dallo stesso Valitutti in un intervento al centro sociale Leoncavallo di Milano, non fu dato peso? In sede processuale fu contrastata da quelle degli altri poliziotti presenti nell'ufficio di Luigi Calabresi: non esattamente testi "neutri", e tuttavia dotati di un peso istituzionale che un semplice anarchico non poteva avere. Sia questi poliziotti che il commissario Calabresi sostennero, finche' fu possibile, che Pinelli si era suicidato, gettandosi dalla finestra al grido di "E' morta l'anarchia!". In pratica un'ammissione di colpa.
Uno dei poliziotti disse persino di avere cercato di trattenerlo, e che una scarpa gli era rimasta in mano. Versione che dovette essere ritrattata quando si scopri' che Pinelli aveva tutte e due le scarpe ai piedi; che era caduto non per un salto, ma rasente alla parete, rimbalzando addirittura sul frontone; e, infine, quando risulto' chiaro che era perfettamente innocente.
Al processo il giudice D'Ambrosio concluse per una morte da "malore attivo". Prendiamo la versione per buona (sorvolando sul fatto che Pinelli era basso di statura, e che la balaustra della questura di Milano era piu' alta del suo baricentro; per cui uno svenimento non sarebbe bastato a squilibrarlo).
Proprio il "malore attivo" inficia una delle tesi di Mario Calabresi a favore del padre. Mario Calabresi dice che il commissario Luigi e Pinelli erano quasi amici, si scambiavano libri. Be', una certa familiarita' poteva instaurarsi, a quei tempi, tra forze dell'ordine e contestatori. Pero' dovette essere una ben strana amicizia, se l' "amico" poliziotto trattenne (per affetto?) illegalmente un innocente per tre giorni, se fu l'ultimo a interrogarlo, e se il "malore attivo" si manifesto' immediatamente dopo. Secondo D'Ambrosio il misterioso malore fu dovuto al prolungato digiuno, alla mancanza di sonno e alle troppe sigarette fumate a stomaco vuoto. Ma come? L'amico Calabresi teneva a digiuno il suo vecchio compare?
Mario Calabresi dice che il padre fu il capro espiatorio scelto dai superiori. Puo' darsi, non e' difficile credergli. E senz'altro fu un ingranaggio di un sistema. Cio' lo rese bersaglio di un delitto ingiustificabile.
Ma Mario Calabresi si spinge oltre, accusando di complicita' oggettiva una serie di intellettuali, da Dario Fo, a Umberto Eco, ad Alberto Moravia, a Elio Petri. Nella trasmissione e' stato omesso un nome, quello di Camilla Cederna. Accorsa sul luogo in cui si sfracello' Pinelli e tra le prime a contestare la versione fornita dalla polizia. Autrice di un libro, Una finestra sulla strage, oggi scomodissimo. Non e' "militante" quanto la controinchiesta La strage di Stato, ma proprio per questo ebbe peso maggiore nell'ambito culturale italiano.
Quanto alla campagna di Lotta Continua contro Calabresi (il commissario), fu forsennata perche' eccessivamente personalizzata. Grave vizio di LC e di altri groupuscules, come la Gauche Proletarienne in Francia. Tuttavia forse cercava di spezzare l'immunita' totale di cui gode da sempre, in questo paese, chi uccida o conduca alla morte un militante di sinistra. Potrei partire dai braccianti di Avola e Battipaglia, ma chi li ricorda piu'? Mi limito a dire che, negli anni di piombo, le vittime del terrorismo di sinistra furono circa 130. I colpevoli furono colpiti con ogni rigore. Invece i militanti di sinistra uccisi - includendo terroristi, non terroristi, gente che non c'entrava nulla - furono una sessantina. Nessuno di coloro che li uccisero e' mai stato punito. E qui tralascio le varie stragi, da Piazza Fontana in poi. E le violenze sui no global di Genova o Napoli.
Spero in un futuro "Ballaro' Speciale" che intervisti le figlie di Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico, innocente delle accuse, trattenuto illegalmente in questura dal suo amico Calabresi, colto da "malore attivo", caduto come un peso morto da una balaustra che gli arrivava quasi al petto.
Spero, ma una vocina mi dice che un "Ballaro'" cosi' non lo faranno mai.](V.E.)