.IL DIARIO.

16/10/2011
Viaggio e arrivo. Serata prima un po' agitata, tensione da pre/partenza ed un filo di inquietudine. Si lascia casa per un mese, che all'inizio sembra molto, ed alla fine sembra troppo poco.

Si abbandona lo stile di vita conosciuto, che per quanto tentiamo di rifuggire, in realta' ne siamo assuefatti come ad una droga, e come tutte le droghe che danno assuefazione ci fa sentire "tranquilli e sicuri".
Un'ora di sonno, agitato, e poi colazione con il Pellico che anche questa volta mi porta in aeroporto e mi fa compagnia fino a poco prima dell'imbarco.

Viaggio tranquillo e scalo con un'ora e mezza di fermo. Sonno potente.

Arrivo a Tel Aviv. Molta gente in fila al controllo passaporti. Troppa gente e quindi "dirottano" anche gli stranieri sui cabinotti che dovrebbero controllare solo i passaporti israeliani. Seguo il consiglio di F. e mi accodo nella fila di un operatore uomo. Un altro italiano piu' o meno della mia eta', anche lui solo, sceglie la fila di un'operatrice donna. Lui viene mandato ai controlli, io invece questa volta prendo il timbro per tre mesi dopo poche domande. Thanks F.
Trovo lo stesso autista del nasher per Gerusalemme dell'altra volta, maleducato, arrogante e che guida come un pazzo.

Dopo pochi kilometri il senso di tensione e inquietudine svanisce. Sto bene, sono felice di essere qui. E' strano, inaspettato. L'altra volta ci erano voluti alcuni giorni al villaggio per "sentirmi bene", mentre oggi e' stato quasi immediato.

Arrivo a Betlemme dove mi viene a prendere E. che domani tornera' in Italia dopo un mese in Palestina. Subito festa e gran chiacchere. Adoro questo aspetto di Operazione Colomba, la facilita' con cui si entra in confidenza con gli altri volontari, il senso di gruppo quasi istantaneo. Tonnellate di racconti sui rispettivi mesi passati e cena all'immancabile Tenda (ristorante di Betlemme vicino a casa). Si torna a casa entrambi un po' cotti, si cazzeggia un po' in rete e poi a nanna che domani ci si sveglia comunque alle 8.00.
Peccato riparta subito l'E. e' una bella persona e si sente subito a pelle, di istinto; ma penso che queste esperienze siano anche cosi', fatte di momenti magari veloci ma molto molto intensi; o forse e' questa terra a rendere tutto estremamente intenso ed immediato.

Ultime note: Tel Aviv, 27 gradi di temperatura (spettacolo!) e libro di inizio viaggio 1984 di Orwell (era ora che lo leggessi).

17/10/2011
A Gerusalemme da Betlemme in autobus (palestinese). Check/point per entrare a Gerusalemme, tutti fatti scendere dal bus, controllo dei documenti, controllo bagagli. Ai nostri zaini non hanno degnato nemmeno uno sguardo, ma ad un vecchio hanno impedito di entrare perche' aveva con se' una sporta piena di flauti di legno...chiaramente un grande pericolo per Gerusalemme ed i suoi abitanti.
Attesa del nasher che riporta E. in aeroporto, poi giro per Gerusalemme. La porta di Damasco e' sempre molto bella, come tutta la citta' vecchia del resto. Faccio un giro per il suk, colori, odori di spezie, vicoli stretti ed un sacco di persone. C'e' fermento oggi, credo che fino a mercoledi' ci sian una festa ebraica in atto, qualcosa che ha a che fare con delle capannine costruite fuori dalle case, una specie di fiore/arbusto di palma e grossi limoni.
Poi un breve giro per Gerusalemme ovest, in Jaffa Road, le Ramblas di Gerusalemme come dice F; giusto il tempo di prendere un gelato e poi si va alla stazione degli autobus per prendere il bus per tornare a Betlemme.
Piccola nota: senza rasta si passa un po' piu' inosservati.
Anche se oggi, forse per via del clima di festa, gli israeliani sembrano un po' piu' sereni (nessuno che invece di camminare a velocita' normale, praticamente corre nella parte mussulmana del suk), i soldati per le strade sono sempre tantissimi ed armati fino ai denti, uomini e donne. Per la prima volta ho visto dal vivo un MP/5.

18/10/2011
Ieri cercavamo un negozio di strumenti musicali per comprare delle corde da chitarra. Un palestinese a cui abbiamo chiesto indicazioni ci ha instradato verso suo cugino, che ci ha personalmente accompagnato al negozio perche' non ci fregassero sul prezzo. Questa e' ospitalita'!

Oggi abbiamo finalmente raggiunto il villaggio, ne avevo voglia. Solito viaggio di tre ore per fare poche decine di kilometri e fermarsi a fare un po' di spesa.
Al villaggio i primi saluti ai volontari americani gia' incontrati qui ad aprile; saluti chiaramente agli altri volontari italiani ed i primi re/incontri con gli abitanti del villaggio, adulti e bambini. Bello. I capelli rasati a zero hanno confuso un po' i ricordi, ma qui sono tutti concordi nel dire che sono molto meglio a zero che rasta.

Prima giornata tranquilla, a parte un piccolo allarme per via di una volante della border police che voleva arrestare uno dei membri di spicco del villaggio, senza nessun motivo. Fortunatamente tutto si e' risolto con un nulla di fatto veloce veloce. Meta' pomeriggio passato a trasportare secchi di cemento, aiutando a costruire un nuovo stalletto per capre e pecore. Faticoso ma appagante.

L'impressione del giorno dell'arrivo rimane: tutto cio' che e' fuori dal normale, assurdo, e qui ci sono molte cose che corrispondono a questa descrizione, al secondo viaggio sembrano meno sconvolgenti, tanto che la sensazione di benessere e di "casa" al villaggio e' arrivata subito.

19/10/2011
Primo incontro con un colono durante lo school patrol. Un ragazzo sui trenta, che si stava facendo una passeggiata mattutina per tra le valli e colline vicine al villaggio. Ci ha detto di essere qui in visita da Gerusalemme, per trovare sua sorella che abita nell'avamposto. Ha raccontato di essere stato in Italia e abbiamo fatto due chiacchere sul suo viaggio, sulla festa ebraica dello sukkot e sulle cacche di daino che aveva trovato e raccolto...ha detto che erano una buona cosa, perche' dimostravano che li vivevano dei daini. Era un tizio un po' stralunato, ma tranquillo.
Piu' tardi primo check/point "volante" lungo la strada. La jeep dei soldati si era rotta e quindi il check/point e' durato cinque ore e un po'...due palle. C'e' pero' da dire che quei soldati erano tranquilli.

Finalmente sta sera ho rivisto A.: quindici anni e decisamente avviato sulla via del maraglio, ma sono stato contento di rivederlo e di sentirlo suonare la chitarra e cantare (sta imparando la prima cosa, mentre nella seconda e' molto bravo).
Prima mezz'ora abbondante a giocare con i ragazzini piu' piccoli. Sempre stancante per il fisico e rinfrencante per l'animo.
Chiacchere scherzose con H., anche lui quindici anni, molto belle.

20/10/2011
Accompagnamento con un pastore sopra al villaggio. E' A. capo del comitato di resistenza non violenta, nonche' colui che ci ospita nella sua casa. Dice che uscire con le capre/pecore e' la cosa che gli ama di piu', ma puo' farlo molto raramente vista la sua posizione ed il suo lavoro (lavora presso una stazione di polizia). Mentre siamo li, lontani dalla colonia e dall'avamposto, ben al di sotto della strada che li divide dal villaggio palestinese, un colono fuori dalla sua casa ci "avvista" e si apposta tra gli alberi. E' rimasto li un buon quarantacinque minuti ad osservarci. Niente di che, e nemmeno che disturbasse, ma quello che mi colpisce e' cosa spinge questa persona a rimanere li in osservazione. Le terre sue, o meglio che lui ha rubato ai palestinesi, non sono minacciate da anni, non si ricordano atti violenti qui di palestinesi ai danni dei coloni o dell'avamposto, ne di danneggiamenti di proprieta'; cio' nonostante per circa quarantacinque minuti il colono e' stato li, nascosto tra gli alberi, ad osservare un pastore, tre internazionali ed una ventina di capre che giravano nelle terre vicine al loro villaggio.

21/10/2011
Il giorno ci sveglia con una sorpresa: oggi e' venerdi' e quindi non c'e' scuola, ma nessuno dei ragazzini e' venuto a svegliarci prima delle 8.00. Fantastico!

22/10/2011
"Follow me in the magic path of beef and love" M. dixit.

Ieri notte a dormire a Tuba. Chiacchere un po' difficoltose con O. che non parla inglese, ma qualche discorso con il figlio che l'inglese lo parla lo si e' fatto. Cena dentro la grotta e poi tv, telegiornale di Al Jazeera e per concludere telenovelas sulla mafia turca. A letto alle 21.00 e questa volta non si dormiva in grotta, ma fuori. Molto bello dormire sotto le stelle con i rumori degli animali li attorno. Un sacco di ululati di cani, praticamente per tutta la notte, molto affascinanti da ascoltare ma che rendono difficoltoso il sonno. Sveglia ore 6.00 circa, ma ovviamente i bambini palestinesi sono gia' tutti svegli.
Accompagnamento con il figlio maggiore di O. tra le valli, al "pascolo" con le pecore. Il primo accompagnamento di questa viaggio. Tutto tranquillo. E' tutto molto secco e c'e' ben poco da mangiare anche per capre e pecore. Fa sempre strano stare ore sotto il sole appostati per vedere che non arrivino coloni ad attaccare.

Una piccola nota su ieri: mentre accompagnavo H. con le pecore, suo padre ci ha portato una bottiglia di una bibita gelata. Un bel gesto, che fa sempre piacere, in particolar modo se fatto da chi ha veramente mezzi molto molto ristretti.

23/10/2011
Giorni tranquilli. E' strano come i ritmi cambino drasticamente qui rispetto alla vita in Italia. E' strano quanto ti entrino dentro e ti sembrino molto piu' naturali. Stare ore senza avere nulla da fare in Italia mi e' quasi impossibile, mi fa andare giu' di testa e devo riempire freneticamente ogni attimo vuoto. Ora no, la prendo "in shalla", leggo un po', studio un po' di arabo (troppo poco per la verita'), e penso un sacco. Penso a questa situazione, al conflitto, ma penso tanto anche mia vita in Italia, ai miei conflitti, molto piu' insignificanti, ma per me molto piu' difficili da gestire. Qui dove tutto e' piu' estremo, dove le situazioni e le emozioni sono quasi sempre forti, qui mi e' facile rimanere nella strada che ritengo giusta. Qui comportarsi in modo corretto, fare solo quello che ritengo giusto, e' "facile", direi quasi naturale. In Italia mi perdo, so cosa e' giusto e cosa no, ma rimanere fedele a cio' che ritengo corretto e giusto mi e' molto piu' difficile; e piu' passano i giorni in Italia, piu' mi lascio travolgere dalla vita che faccio li, piu' mi allontano da cio' che ritengo corretto e giusto in quelle piccole parti della vita di tutti i giorni che in Italia in realta' sono la struttura e l'essenza stessa della mia vita. Qui la non violenza e' chiara, e' palpabile, un fatto concreto che si traduce quasi sempre nel compiere, o non compiere, un gesto concreto. Talmente alto e' il livello di violenza sia fisica che psicologica, che la non violenza nei gesti quotidiani, nei rapporti umani con chi ti sta attorno, viene naturale, come ovvia e scontata conseguenza dello scegliere la non violenza in situazioni piu' forti e all'apparenza piu' importanti. Ma in Italia dove il conflitto quotidiano non esiste, dove dovrebbe essere una passeggiata applicare il principio dell'agire in modo non violento verso persone che non ti feriscono o fanno del male, in Italia mi viene tutto piu' difficile; e mi capita di ferire persone, amici, sapendo di farlo, scegliendo di farlo pur conoscendone l'ingiustizia. E succede di pensare a risposte violente, verbali o fisiche che siano, per "ingiustizie" che viste da qui sono piccolezze nemmeno degne di un singolo pensiero.
E' questo credo uno dei motivi per cui adoro stare qui, questo luogo, le persone che ho attorno (volontari ed abitanti del villaggio) mi rendono piu' facile tentare di essere cio' che vorrei essere. Qui sto bene, sono in pace con me stesso, non mi sento fuori luogo o fuori posto. So chiaramente che non e' questo il mio posto, che la stessa sensazione dovro' riuscire a provarla in Italia, tra la mia gente e nella mia vita; ma e' strano che debba essere venuto qui, tornato qui per la seconda volta, per conoscere come ci si sente a stare veramente bene ed in pace con se stessi.
Ripeto quanto gia' scritto in passato: essere qui non e' un bel gesto compiuto, una rinuncia alla comodita' della propria vita in Italia; e' anzi un privilegio, un'inestimabile possibilita' di poter vedere la vita, e me stesso, in modo piu' chiaro e nitido.

25/10/2011
Piccolo appunto su Tolstoj: e' lui che ha dato a Gandhi la spinta verso la non violenza, soprattutto cio' che ha scritto dopo la scelta di poverta'. Questo mi racconta S., ventisei anni, arrivato oggi al villaggio e da due anni in giro per il mondo ininterrottamente.

26/10/2011
Dopo giorni di calma piatta ecco i problemi. Questa notte un gruppo di soldati israeliani ha assaltato una casa di un villaggio vicino al nostro. Hanno percosso gli abitanti della casa, hanno ucciso un agnellino, storpiato quattro pecore spezzandogli le gambe, ne hanno accecato un'altra e hanno spaventato le restanti aprendo il recinto e facendole fuggire. Hanno prelevato il figlio maggiore della famiglia accusandolo di aver rubato delle pecore ad alcuni coloni della vicina colonia di Ma'on, e dopo averlo trattenuto svariate ore lo hanno abbandonato nei pressi della stessa colonia. Quando il ragazzo tornando a casa ha raggruppato le pecore disperse ha notato che ne mancavano alcune, con grande probabilita' date ai coloni come "risarcimento" del furto immaginario.
Direi che non c'e' bisogno di un commento e l'assurdita' di questa ingiustizia e' davvero incredibile.

Sempre oggi la scorta che dovrebbe accompagnare i bambini da e per la scuola, ha deciso che la mattina i bambini dovrebbero farsi da soli quasi tutto il tragitto nella parte piu' pericolosa, vicina alla colonia e all'avamposto
Un colono questa mattina si e' fatto due ore di pascolo con le sue pecore nei campi di proprieta' dei palestinesi, e mentre noi lo filmavamo lui e sua moglie ci guardavano, come se fosse inaudito che noi fossimo li e fosse un loro diritto stare in quelle terre altrui.

Nel pomeriggio alcuni soldati sono venuti al villaggio per informarsi su quando i palestinesi raccoglieranno le olive, ufficialmente per proteggerli in quei giorni da eventuali attacchi dei coloni. Gli abitanti del villaggio ci hanno poi spiegato che tutte le volte che in passato si sono accordati con l'esercito sui giorni di raccolta, poi i soldati non si presentavano mai nei giorni prestabiliti, facendo ritardare anche di dieci giorni la raccolta. Un modo meschino non solo per creare problemi, ma anche un tentativo di creare una dipendenza, di instaurare il modo "voi dovete chiederci quando potete raccogliere". Giustamente gli abitanti del villaggio gli hanno risposto che non sanno quando raccoglieranno e di certo non gli serve l'aiuto dell'esercito israeliano per farlo.
Casualmente giusto ieri i palestinesi ci hanno detto che sabato raccoglieranno le olive e guarda caso oggi sono arrivati i soldati. Anche qui purtroppo esiste il problema dei collaborazionisti... grande tristezza per questo, anche se non capisco ancora bene appieno come facciano gli abitanti del villaggio a tollerare la cosa.

Nota positiva della giornata: parlando con M., ventitre anni e appartenente ad una famiglia molto conservatrice, abbiamo con stupore scoperto che e' laureato in teologia, ha idee decisamente progressiste sul matrimonio e considera i principi dell'islam e del buddismo estremamente simili...purtroppo e' meno obiettivo sull'ebraismo, ma viste quante ne ha passate qui tra coloni ultraortodossi e soldati israeliani (la sua casa e' la piu' vicina all'avamposto illegale di Havat Ma'on, e di conseguenza la piu' esposta), direi che sarebbe ipocrita e stupido non capirlo.

28/10/2011
Siamo andati con alcuni abitanti del villaggio a raccogliere le olive. E' sembrato un po' inutile essere li, perche' gli unici coloni a farsi vedere avevano meno di 15 anni, ma penso sia chiaro che se ci chiamano tutte le volte che devono uscire dal villaggio, i palestinesi non si sentono per nulla sicuri in questa zona.
Oggi abbiamo accompagnato anche alcuni bambini che facevano "pascolare" le pecore. Sono di un villaggio vicino al nostro e sono meno abituati ad avere gli ajaneb (stranieri in arabo) attorno. Fa sorridere vedere come la sola nostra presenza attiri l'attenzione di cosi' tanti ragazzi dai 6 ai 18 anni e diventi tutto motivo di gioco. I giorni in cui non ci siamo questi ragazzi, anche giovanissimi, escono da soli con le pecore per ore, completamente soli. Uno dei ragazzi aveva sulle braccia, a mo di scarring, un cuore su di un braccio e una lettera sull'altro. Avra' avuto sui 18 anni. Sono cose che anche da noi si fanno da adolescenti, ma mi ha colpito quanto la cicatrice fosse evidente, chiaramente e' stata fatta una ferita profonda, altro segno che qui tutto e' piu' forte e piu' crudo.

M. e' venuto a trovarci anche oggi ed e' gia' il terzo giorno che abbiamo modo di parlare, o in casa nostra o a cena come ieri sera, per il saluto ai CPT (Christian Peacemaker Team) che chiudono il progetto qui al villaggio. Sia M. che J. sono della famiglia la cui casa e' piu' vicina al bosco e quindi all'avamposto dei coloni, e quando li ho conosciuti sei mesi fa erano molto provati dalla serie di attacchi dei coloni, dall'accoltellamento di un palestinese del villaggio di Tuba non molto lontano da casa loro e dai seguenti 15 giorni di guardia notturna che si sono fatti sul tetto della loro casa. L'estate e' stata serena e loro oggi sembrano persone diverse, sempre sorridente ed espansivo J., sempre pronto al dialogo e a lunghe chiacchierate M. Mi ha molto impressionato vederli cosi', come sono realmente quando le violenze e le ingiustizie subite non rovinano la loro vita, avvelenandogli l'animo.

Infine un altro breve pensiero su quanto sia facile qui stringere legami. E' impressionante l'empatia che nasce veloce tra i volontari, ma anche con gli abitanti del villaggio. Qui la comunita' e' famiglia allargata e tutti si e' parte di un unico grande gruppo, unito e che si prende cura dei propri membri. Un pastore a cui hanno tagliato gli aiuti per il mangime delle pecore e' andato a lamentarsi alle autorita' competenti accompagnato da un altro pastore, con meno pecore e a cui non hanno tagliato gli aiuti. Sono andati assieme, come amici fraterni, anche se uno dei due non solo non aveva di che lamentarsi, ma rischia anche di perdere gli aiuti lui stesso esponendosi. Bisogna riuscire a ristabilire anche in Italia questo modo di pensare, di sentire la gente, perche' cosi', qui, anche nelle situazioni piu' tristi e difficili non si e' mai soli. Questa e' una fonte inesauribile di forza e coraggio.

Con S. molti discorsi, sta viaggiando il mondo e il suo slancio verso la vita e' quasi contagioso. Si parla di progetti per poter essere vicini e di aiuto in situazioni improvvise come quelle della primavera araba. Sarebbe molto bello. Ancora una volta la vicinanza con le persone mi trasmette la forte sensazione che assieme pi puo' fare ogni cosa.

Uno dei ragazzini che abbiamo accompagnato al pascolo oggi stava tremando per il vento freddo; lui era in maniche corte. Ho provato a dargli una felpa in piu' che avevo nello zaino, prestandogliela. Non ha voluto, ma nel suo atteggiamento non vi era la volonta' di fare "il fenomeno", ne' quello di chi rifiuta offeso dal gesto. Non ho capito del tutto perche' abbia preferito non accettare e rimanere al freddo, ma anche se ha solo 15 anni e ne dimostra fisicamente forse 12, mentre stoicamente tremava infreddolito era molto dignitoso, quasi a dimostrare che da solo nella sua terra lui viveva benissimo

03.15, sono nel sacco a pelo, M e M dormono nell'altra stanza e gli altri volontari sono in stacco. Giornata piena conclusa con un'ora di scherzi con due ragazzi del villaggio, 15 anni, e mezz'ora buona di lotta loro contro me. Molte risate ed un graffio sul naso. Ora sono a letto nel sacco a pelo, solo, e sono contento, sereno e appagato. E' appagato la parola giusta, che rende appieno l'idea. Dormo su un materassino steso per terra, non mi lavo da 12 giorni e sono stanco, niente di particolare e' successo oggi o nei giorni scorsi, ma questa sensazione in Italia non ce l'ho quasi mai. Qui praticamente ogni notte. Non dico che sarebbe meglio vivere qui, ma e' chiaro che devo riuscire a ricreare nella mia vita in Italia cio' che qui mi fa stare cosi' bene.

29/10/2011
Primo stacco. Saluti agli americani che non vedremo probabilmente mai piu'; gente che ha passato al villaggio dai 3 ai 7 anni. Momenti emotivamente molto intensi. Primi saluti anche a N. che e' stato qui 3 mesi; ha 22 anni e gli si legge in faccia che questa esperienza lo ha cambiato e gli ha segnato la vita. Il ritorno sara' chiaramente duro per lui come lo e' per tutti, ma se riuscira' a non perdersi nel turbine della vita italiana sono certo che tornera' qui (Nota scritta a febbraio in Italia: N. e' tornato in Palestina proprio in questi giorni)

31/10/2011
Betlemme 00.40 poco oltre il check/point da Gerusalemme, tre "scoppiati" camminano per strada in direzione di casa perche' non ci sono piu' taxi. Strano tra l'altro, forse e' la domenica sera, mah...
Per fortuna anche se questa e' una terra di tensione e di conflitto, una donna sola si ferma e decide di darci un passaggio; non per un pezzo di strada, ma ci porta direttamente a casa nostra, sebbene lei abiti in un altro quartiere.
Questa donna e' un'artista, sulla quarantina, che e' anche stata in Italia a fare uno spettacolo su Arrigoni. Chiacchere fitte, per oltre dieci minuti una volta arrivati di fronte a casa nostra. Scambio di numeri di telefono e forte la sensazione di "vicinanza" con una persona incontrata per caso, per strada, e conosciuta per non piu' di venti minuti.

01/11/2011
Lunga ed estenuante camminata per trovare i lavori, clandestini, che porteranno l'acqua tra due villaggi vicini a quello dove viviamo.
Alla fine al momento sono in un luogo molto imboscato e non corrono pericolo di essere visti dai soldati o dai coloni; me nelle prossime settimane bisognera' monitorare la situazione.
Oggi altre partenze, M e M staccano e poi torneranno in Italia. Parte dell'allegria e della leggerezza della casa va via con loro.
Dopo cena riflessioni serie sul conflitto e sul progetto in generale. Idee ed animi anche molto diversi compongono Operazione Colomba e questa credo che sia una grande forza se si riesce ad indirizzare nel verso giusto e non in mille direzioni diverse.

02/11/2011
Mattina vuota, mattina di riposo, di ricerca info online, un po' di studio e riflessioni. La sensazione di stare qui "senza nulla da fare" e' strana, un po' lascia l'amaro in bocca di primo acchito. Anche a me succede di provarla, ma cerco di tenermi sempre a mente che ogni giorno vuoto per me, senza nulla da fare, e' un giorno sereno per il villaggio. F. dice che e' importante anche solo essere qui, respirare quest'aria. Sono convinto abbia ragione.
Tanto tempo per pensare aiuta anche a guardare i punti deboli del progetto; alcuni ci sono, anche se credo piu' per mancanza di volontari che per intenzione o voglia. Sono curioso di vedere come gli ex/volontari prenderanno le nuove proposte che stanno per arrivare. E' un "test" di maturita' e di dinamismo che credo sia giunto il momento di fare. S. ha ragione su questo, la sua spinta puo' molto aiutare a migliorare, sperando non sia mal interpretata, o posta con troppa forza correndo il rischio di spezzare e frantumare piu' che di spingere.

03/11/2011
Giornata decisamente piena. Mattina durante lo school patrol siamo stati chiamati perche' l'esercito stava demolendo qualcosa in un villaggio vicino. Corsa per le colline sassose per arrivare a riprendere la demolizione di alcuni tralicci messi dai palestinesi per portare corrente elettrica in quel villaggio. Ovviamente Israele non concede praticamente mai i permessi di questo genere ai villaggi palestinesi. E' stato un po' triste vedere come i palestinesi siano abituati a questo genere di azioni dell'esercito. Costruiranno di nuovo tra qualche mese ci hanno detto. L'azione di per se' non e' stata tesa, solo un po' la strafottenza dei soldati, a cui non si puo' rispondere per la paura concreta di essere arrestati per un non nulla; molta la fatica di scarpinare dietro ai soldati e poi tentare di stare al passo con dei mezzi mentre si spostavano dall'altra parte del villaggio.
Come se non bastasse abbiamo dovuto seguire un gruppo di ragazzi israeliani, probabilmente una scolaresca, che mentre era in visita agli avamposti illegali dei coloni, ha attraversato il villaggio dove avevano demolito poche ore prima. Ovviamente tutta la loro gita era scortata da una jeep dell'esercito con tanto di bandiera israeliana a sventolare sul tettuccio.
Pomeriggio passato a fare il comunicato stampa e a lottare con la connessione internet che fa le bizze e con il MAC che porello non ce la fa piu'.
Serata con invito a cena dal nostro "padrone di casa". Molto bella, chiacchere abbastanza serene, clima gioviale tra maglube e televisione. E' bello vedere come i palestinesi gestiscono la loro vita privata con i figli, molto affettuosa verso i piu' giovani e piccoli.
A. Si e' fatta in entrata 6 ore e mezza di interrogatorio. Minchia poveretta. La prima volta 4 ore e mezza e ora questo.

Sono molto molto stanco ora, di conseguenza un po' irritabile per ogni cosa. Appena ci arriva l'ok del comunicato stampa me ne vado a letto.

05/11/2011
Ieri notte a dormire da O nella grotta. Cena a base di riso avvolto in foglie di vite, pane e the. Il the piu' spettacolare che abbia mai bevuto qui, fatto con la menta e con ogni bicchiere con un rametto di menta dentro. Straordinario!
La mattina colazione a base di pane, olio, zatar e leban nella versione piu' secca, che adoro. Poi accompagnato H. con le pecore, questa volta un giro lungo visto che finalmente ieri pomeriggio e ieri sera ha un po' piovuto. Subito le piante, cespugli di mezzi rovi, si sono reinverdite e i primi steli d'erba sono spuntati. Questa terra quando riceve acqua, restituisce subito i suoi frutti. E' una bella rappresentazione di come e' tutta questa terra e la sua gente in generale.
Durante l'accompagnamento una donna colona ci ha intravisto lontani, noi il pastore e le pecore, e ha subito chiamato i soldati. Questa gente sta male.
Prima di tornare al villaggio giro per le famiglie e i the', impossibili da rifiutare, sono stati tipo almeno sette.

06/11/2011
Uccisione della vacca per la festa di oggi. Svegliati dalle preghiere della mattina, almeno un'ora intorno alle 5.30. Dovevamo andare alle 7.30 a fare foto dell'uccisione, ma un'ora e mezza prima ci hanno chiamato perche' la stavano gia' uccidendo. Purtroppo siamo arrivati pochi minuti dopo...damn! Poi un paio d'ore di macellazione collettiva di tutto l'animale. Una bella scena, tanta gente, bambini, donne a guardare dal tetto della casa. Mi hanno proposto di partecipare alla macellazione, ma non avendolo mai fatto non me la sono sentita...mi sono un po' pentito ora, la prossima volta non mi tirero' indietro. E' bello vedere che momento di gioia e condivisione e'. Vogliono le foto.
Ci hanno invitato ad andare tra un'oretta a mangiare, dopo che avevano fatto "kebab" o spiedi della carne macellata.
Nora particolare, da meta' della macellazione la madre dei capofamiglia, tipo un po' la nonna di tutti i 23 bambini della casa, e' uscita e si e' unita agli uomini, unica donna. Alle madri, soprattutto se il marito e' morto, spesso viene lasciato a cena o in queste occasioni un posto "maschile".

07/11/2011
Oggi uccisione della capra, altro invito sia alla "cerimonia" che al pranzo a seguire. Tutto ancora molto bello con un sacco da mangiare e posti "di prestigio" a tavola e cose cosi'. E' pero' sempre strano stare a ritrovi sociali dove non conosci la lingua e le convenzioni sociali sono molto diverse dalle tue di origine. Oggi per esempio ci hanno spiegato che per il the la tazzina piu' grande e' per l'ospite piu' importante.
Con i ragazzi piu' giovani e i bambini e facile socializzare, i gesti e cose simili abbattono le barriere linguistiche. Ma con gli adulti non e' cosi', non si possono fare molti gesti in situazioni "sociali" con anche ospiti e parenti non del villaggio. Cosi' finisci che stai piu' "del dovuto" con i ragazzini e fai un po' la figura del ragazzino anche tu. Pazienza pero', siamo ajaneb e ci e' quasi tutto perdonato.
Stavolta pero' quando torno voglio imparare l'arabo.

Il giorno del rientro si avvicina. Un mese e' sempre molto poco e torni a riallacciare seriamente i rapporti e poi bum, scompari per almeno altri 6 mesi. E' dura e ora la voglia di stare molto piu' a lungo e' veramente forte.

08/11/2011
Condivisione tra volontari. E' stato qualcosa di intenso. Si leggono a volte brani di persone grandiose, da Gandhi ai diari dei condannati a morte durante la resistenza in Italia, ai diari di un'ebrea poi internata ad Auschwitz. Sono brani che richiamano sempre ad aspetti della propria vita e con cui e' sempre difficile rapportarsi e confrontarsi. Mi piacerebbe anche in Italia importare momenti come questi, penso siano arricchenti e che permettano di ragionare sulla propria vita e sulle proprie scelte.
Queste letture, questi momenti di riflessione e di condivisione, in un certo modo ti costringono a renderti conto di cosa fai, di quanto scegli di non/vedere, ignorare senza reagire. Stare qui ti fa capire che quello che fai, o che sei disposto a fare qui, puo' essere esportato in Italia. Qui ci si sente, e forse si e', persone migliori e ancora devo capire perche' in Italia non riesco e mi areno.
Le persone che sono qui con me come volontari non credo siano persone migliori di altre; sono persone molto diverse tra loro. Storie e caratteri molto differenti. Ma e' proprio questa eterogeneita' che mi convince che mi convince sempre di piu' che l'unica differenza tra chi si impegna a lottare contro cio' che ingiusto, qui come in Italia, e' solo il coraggio e la fortuna di fare il primo passo verso l'impegno e la resistenza ad un mondo pieno di ingiustizie. Vorrei portare con me in questo primo passo, e nella strada che ne segue, le persone che mi sono vicine nella vita. Per quanto qui ci si sente uniti e a casa con persone sconosciute, tanto ci si sente soli e isolati in Italia. Si sente per l'impegno sociale, come si sente per la vita in generale. Qui in un altro paese tra persone di cultura molto diversa dalla nostra, qui noi stranieri internazionali siamo parte della comunita', siamo parte delle feste, ci portano ogni tanto pane e altro cibo, giochiamo con i bambini che sono del villaggio e quando la mattina sono i loro schiamazzi a svegliarci all'alba, non ti incazzi poi cosi' tanto, perche' non sono i bambini rompicoglioni dell'appartamento vicino al tuo in Italia, cosi' vicino fisicamente ma lontano da te in ogni altro aspetto percepito, ma sono i bambini del villaggio e della comunita' di cui tu fai parte e quindi sono anche un po' i "tuoi bambini".

11/11/2011
F. e E. arrivano. Sono oltre 6 anni che vengono qui e sono stati a Gaza 4 anni prima. Persone che hanno un anno meno di me e un bagaglio enorme sulle spalle. Mille chiacchere sul passato, consigli sul presente e per il futuro. Grandissimo rispetto per loro e fortissima la voglia di imitarli e di compiere il passo in piu' per seguire la voce che sento dentro e che mi porta a essere qui, a volerci tornare e a voler stare per molto piu' tempo...credo che sara' ancora piu' duro il ritorno questa volta, anche se i progetti di impegno anche in Italia saranno un contentino in patria.

12/11/2011
Non e' passato e per 10 anni non potra' tornare. La delusione per la sfortuna, negli occhi di chi lo ha conosciuto bene e ha condiviso molto con lui. Vedere negli occhi di H. il dispiacere e la delusione di chi comunque si aspettava che prima o poi sarebbe successo.
La sera a cena dai R. Mille risate fino a che non si e' parlato di F. e della sua assenza per i prossimi 10 anni a venire.

Ogni tanto con gente venuta da fuori e' dura. Cugino di uno dei ragazzi di qui entra in casa, a momenti fa star buoni i bambini, poi pero' si comporta a cazzo di cane. Mette su musica, si attacca a collo alla bottiglia dell'acqua e via dicendo. Diciamo che verso sera queste cose ti fanno un po' girare il cazzo

15/11/2011
Giorno del ritorno in Italia.
Peo

.NOTA.
Come si vede dalla data di caricamento di questa parte del diario, la sua trascrizione e' sta decisamente piu' ardua del previsto.
Alle difficolta' iniziali per la fatica di non sentirsi coerenti al 100% con la spinta di partenza sentita al ritorno dalla Palestina e nei primi giorni a seguire, si e' aggiunto altro, che non e' facile da spiegare.
Nuovamente la vita in Italia mi ha riassorbito, e questa volta in un modo che mi ha stupito, mi ha colto impreparato e mi ha fatto seriamente pensare di abbandonare un lungo progetto all'estero per dedicarsi a progetti in Italia che mi permettessero di "godermi" cio' che avevo ritrovato e che speravo di coltivare qui. Ma come si sa il destino e' beffardo e decisamente un po' figlio di troia, percui quando nuovamente pensavo di aver trovato delle certezze di intenti tutto e' nuovamente improvvisamente mutato, ritornando a gettare trambusto e confusione nei miei pensieri. Ritornero' sicuramente in Palestina tra poco, pochi mesi di numero reale ma decisamente un tempo che mi sembra troppo lungo ora. Durante questo tempo bisognera' ragionare su quale tra le contrastanti, ed in parte opposte, forti passioni di questi ultimi 7 mesi vorro' far diventare la mia strada. Cosciente del fatto di essere legato alla mia terra ed ad un'idea di vita in Italia molto piu' di quanto fossi pronto ad ammettere mesi fa, ma al contempo spinto ad intraprendere la strada dell'impegno di lotta contro le ingiustizie, che ritengo oramai non solo giusta ma anche doverosa

Il primo diario: https://www.punk4free.org/articoli/12-racconti/2130-diario-di-un-mese-in-palestina-con-operazione-colomba-di-peo.html

Il terzo diario: https://www.punk4free.org/articoli/12-racconti/3479-terzo-diario-di-un-mese-in-palestina-con-operazione-colomba-di-peo.html

Il quarto diario: https://www.punk4free.org/articoli/12-racconti/3806-quarto-diario-di-un-mese-in-palestina-con-operazione-colomba-di-peo.html

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