Perche' un giovane si fa il primo buco di eroina? Perche' continua dopo aver sperperato un patrimonio familiare diventando ladro, rapinatore, scippatore oltre che spacciatore? Perche' continua a bucarsi anche dopo aver visto morire donne e uomini che amava? E infine perche' dopo venti anni di buchi, decide di raccontare la sua storia senza pudori e bugie? Le risposte sono scritte nelle pagine di questo romanzo senza finale ne' finti sorrisi.
Una storia di molte dipendenze, quella di Andrea: non solo quella dalla "signora", ma anche dal carcere, e poi dalle medicine, perche' si ammala di Aids. E tutte queste dipendenze, ovviamente, non nascono separate: inevitabilmente si fomentano a vicenda e sono l'una la causa dell'altra. Una spirale di decadenza affossa sempre piu' il Nostro e suscita sentimenti contrastanti. Simpatia, solidarieta'? Compassione, forse. Disgusto, probabilmente. Indifferenza, no.
Col senno di poi, molte sono le critiche che e' possibile rivolgergli: l'autore, che scrittore non e', racconta dal carcere la sua esperienza di tossicodipendente, e lo fa con tutta la crudezza di cui e' capace. Non c'e' la poesia di un Radiofreccia (poesia? va beh), non c'e' una sceneggiatura dietro a rassicurarci col colpo di scena buonista, non c'e' un filo conduttore che guidi il lettore tenendolo entro binari conosciuti. Quello che c'e' e' un insieme di lettere scritte dal carcere che parlano di degrado e decadenza. Non e' Gramsci, non e' Trainspotting. Somiglia invece a Jack Folla di Alcatraz, perche' ha un problema: e' autocompiacente e autocommiserante insieme. Chi scrive gode del racconto della sua vita, guarda il lettore dall'alto in basso, come chi ha vissuto la vita come nessun altro. Poi ci ripensa e non la augura a nessuno, la sua vita. Racconta episodi sparsi, glissa su altri, accenna a situazioni scabrose e sa come farsi desiderare, ma sempre talmente sopra le righe da non lasciare un attimo di tregua al lettore.
Eppure, la sua narrazione nasce da un'esigenza, dalla speranza che attraverso il creare, il narrare, il raccontare la propria vita, si possa lasciare un segno positivo della propria venuta. Perche' leggerlo? Perche', nonostante si faccia prendere la mano, racconta storie vere, non edulcorate, incontaminate da quegli elementi di fiction cui siamo abituati. E' un ottimo motivo.
Nzo

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