Una ferita che inizia a sanguinare alle 17,27 del 20 Luglio 2001, quando secondo la versione ufficiale il carabiniere di leva Mario Placanica spara in aria: il proiettile incidentalmente incontra un calcinaccio o un sasso, devia ed entra sotto l'occhio sinistro di Carlo, che muore dopo che il defender da cui spara Placanica passa due volte sopra il corpo del ragazzo ferito.

Ma Carlo non e' stato solo il ragazzo con il passamontagna e l'estintore rosso davanti alla camionetta dei carabinieri, mentre a Genova nelle strade la violenza dei carabinieri colpiva donne, anziani e pacifisti, tute bianche e militanti di organizzazioni politiche. Carlo Giuliani nasce in una famiglia comune, ma che ha avuto importanza nel movimento romano: sua zia era Anna Gaggio, sorella di sua madre Haidi, fondatrice della storica Libreria Uscita di Roma, libreria che negli anni Settanta, fino alla sua chiusura negli anni Novanta, controinformera' schiere di donne e uomini, giovani e non della Capitale. Carlo Giuliani e' stato un bambino, prima di essere un ragazzo ucciso: ne parliamo con Gianluca Staderini, anche lui impegnato nei movimenti romani di lotta per il diritto all'abitare, scrittore e grafico, al suo ritorno da Genova per il Ventennale. Il secondo libro di Gianluca, Di tutti i colori. Un bambino di nome Carlo Giuliani (Edizioni Red Star Press) e' rivolto all'infanzia e a quei genitori che non vogliono dimenticare. Il libro e' stato presentato il 20 Luglio a Genova, durante le commemorazioni di quei giorni drammatici.

"Questo libro nasce dall'idea di parlare di un Carlo diverso, da come in genere viene presentato, ai bambini. Io ho due figli, uno si chiama Carlo appunto, volevo raccontare a loro e agli altri bambini la storia del G8, in particolare la storia di Carlo Giuliani". Ecco che nasce questa proposta: "Ho incontrato Haidi Giuliani al Corteo per l'anniversario della morte di Valerio Verbano il 22 Febbraio del 2020, prima del lockdown, e le ho detto che avevo l'idea di raccontare di Carlo da bambino. Poco prima della chiusura generale per il Covid 19, sono andato a Genova e sono stato ospite della mamma e della sorella di Carlo, Elena".

Gianluca si emoziona a ripensare a quei momenti: "Sono stato tre giorni da loro, mi hanno fatto 'conoscere' Carlo, hanno condiviso con me le fotografie, i video, gli scritti di Carlo, perche' lui scriveva sonetti, poesie, racconti. Ho visto la sua stanza, rimasta a com'era quando e' stato ucciso, arricchita da tutto il materiale fatto su di lui. Ho conosciuto un Carlo vivo, aldila' di quell'estintore, di quel passamontagna".

Di tutti i colori narra episodi reali dell'infanzia di Carlo. "Il libro parte da una zona bianca, in cui tutto e' proibito, anche attraversarla. Il bambino Carlo entra nella zona bianca, portando i suoi giocattoli, i suoi animali, la sua amata sorellina Elena, loro si adoravano, la zona bianca diventa di tutti i colori". Si scopre l'infanzia di questo ragazzo, diventato eccezionale con la sua morte: Carlo giocava nella squadra di calcio di Genova Solferino, ma era anche tifoso della Roma perche' era nato a Roma e ci aveva vissuto i primi due anni di vita. Carlo bambino che si identificava nel pupazzetto di un pirata, che amava l'acqua, che aveva uno spirito libero. "Haidi mi ha raccontato un episodio molto carino, di quando Carlo scappo' dall'asilo nido: si sentiva troppo piccolo per il nido, perche' era cresciuto con Elena e non voleva starci, per cui Carlo si ribello' smettendo di fare la pipi' quando era in classe. Nessuno si domando' perche' lo facesse. Un giorno Carlo trovo' la porta dell'asilo aperta e scappo', quando e' stato ritrovato spiego' il suo gesto dicendo che lui voleva andare alla scuola dei grandi, spiego' la sua ribellione. Cosi' rimase a casa fino quando inizio' la scuola materna, nella stesso istituto dove sua sorella Elena frequentava la scuola elementare". Un bambino che divento' il ragazzo che muore a piazza Alimonda: "Era un ragazzo che sceglieva tante cose, sperimentava, stava cercando la sua strada quando gli fu stroncata la vita a 23 anni. Carlo aveva avuto i suoi amori, le sue difficolta', tanti elementi che lo rendevano da una parte uguale agli altri suoi coetanei, ma mostrando sempre una grande sensibilita'. Carlo aveva amici di tutto il mondo ai Carruggi, collaborava con la Comunita' di Sant'Egidio con i senza dimora, anche Don Gallo lo conosceva".

Nel racconto del libro, Carlo e' un bambino vivace e felice di vivere: "Andava benissimo a scuola ma gli insegnanti gli contestavano che passasse i compiti ai compagni di scuola, suggeriva agli altri le risposte alle interrogazioni, per cui veniva ripreso. Haidi mi ha fatto un bellissimo regalo: Carlo a quattro anni raccontava delle storie alla sorella, che le scriveva perche' lui ancora non lo sapeva fare; da li' fecero un regalo ai parenti 'pubblicando' i racconti di Carlo in un quadernino, ora ne ho una copia anche io".

20 Luglio 2001: "Con la famiglia di Carlo abbiamo parlato pochissimo di quel giorno, volevo entrare in contatto con Carlo vivo. Da quando ho iniziato a lavorare a questo libro, non ho piu' riguardato le foto di lui ucciso, mi e' successo solo una volta e sono scoppiato a piangere. Carlo non e' arrivato per caso a piazza Alimonda, era sempre stato interessato alle tematiche sociali". E quel 20 Luglio il ragazzo si incuriosisce, non era previsto che fosse li', si era preparato per andare al mare. "Sicuramente era possibile che Carlo andasse alla manifestazione, con un suo amico si sentono per decidere se andare al mare o al corteo. Il passamontagna gli viene dato da qualcuno, mentre i carabinieri attaccano inspiegabilmente a Via Tolemaide, per proteggersi dai lacrimogeni. Carlo aveva una tuta perche' amava stare in tuta, era il regalo preferito dei suoi compleanni, la tuta non era nera, aveva una felpa grigia intorno alla vita, che sale nel trascinamento del corpo fatto successivamente alla sua morte. Carlo si trova negli assalti dei carabinieri perche' decide di andare alla manifestazione. Piazza Alimonda e' stata una trappola, non e' stato un incidente a un povero carabiniere assediato da pericolosi manifestanti". Gianluca ricostruisce quel terribile giorno: "Non si e' mai voluto fare un processo, non e' stata fatta una commissione d'inchiesta, il tutto venne archiviato dalla Gip D'Aloisio in base alle perizie fatte da determinati personaggi, come il perito Torre, lo stesso che ribalto' la perizia sul'omicidio di Ilaria Alpi". Per cui Carlo viene ucciso da un proiettile deviato da un sasso: "La perizia serve a dimostrare la non offensivita' del carabiniere che spara, e' il sasso che devia il proiettile sparato verso l'alto. Il perito dimostra l'innocenza dei carabinieri, la Procura di Genova archivia serenamente". Ma le dichiarazioni ufficiali potrebbero coprire quello che e' realmente accaduto, come continua a spiegare Gianluca Staderini: "A Genova c'erano delle compagnie speciali di carabinieri, i CCIR (Compagnie di Contenimento di Intervento Risolutivo), creati appositamente e provenienti in maggioranza da Battaglioni, come il Tuscania, con esperienze in zone di guerra come la Somalia, la Bosnia, il Libano. Nascono e finiscono in Italia con il G8 di Genova. A livello internazionale ogni paese aveva creato i propri in occasione dei vertici, a partire da quello di Seattle del 1999. Il primo colpo di pistola sparato in un controvertice e' a Goteborg, poco prima di Genova, ma bisogna ricordare che si addestravano a livello internazionale, in Italia si sceglie di fare un gruppo a partire dai Carabinieri". A Genova agiscono solo il 20 Luglio: "Sono cinque gruppi scelti, due rimangano praticamente inattivi, mentre gli altri si distinguono proprio il 20 Luglio: un gruppo assalta il corteo delle Tute bianche a Via Tolemaide, in contrasto con la polizia, un secondo gruppo fa l'altra carica sempre a via Tolemaide, il terzo gruppo e' a piazza Alimonda". In questo ultimo gruppo di carabinieri ci sono personaggi importanti, tra i quali il Capitano Cappello e il Tenente colonnello Truglio, che e' il vice comandante delle CCIR. "E' molto importante stabilire quello che e' successo a Piazza Alimonda: Cappello e Truglio sono in Somalia quando Ilaria Alpi investiga si' sul traffico delle armi, ma anche sulle torture dei militari italiani alla popolazione somala, c'e' un libro che mette in collegamento l'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin con l'omicidio di Carlo Giuliani (il romanzo La madre dell'uovo di Fabio Laurenti)".

La ricostruzione di quei momenti drammatici e' inquietante: "Placanica finisce sul defender perche' stappando i lacrimogeni si intossica e proprio Cappello lo fa salire sul defender, ma rimane per molto tempo sulla camionetta, nonostante la permanenza di diverse ambulanze nella zona. Bisogna ricordare che Placanica ha dichiarato in una intervista di non saper praticamente sparare, aveva pochissima esperienza, e per colpire Carlo nell'unica parte visibile con il passamontagna, cioe' sotto gli occhi, serve un cecchino. Chi c'era veramente sul defender? Quello che manca all'appello, secondo alcuni, sembra essere Nicola Mirante, anche lui facente parte de CCIR, anche lui in Somalia nel 1993/1994, molto somigliante a Mario Placanica: sarebbe interessante ricostruire dove si trovasse quando qualcuno spara a Carlo. L'altra cosa strana e' la tempistica della morte di Carlo, tra l'attacco dei dieci manifestanti alla camionetta, Carlo che raccoglie l'estintore e lo alza, il colpo che parte e lo uccidera' (la pistola era gia' fuori prima che Carlo raccogliesse l'estintore, nda), il defender che passa due volte sul corpo di Carlo e se ne va, il tutto accade in venti secondi, non c'era stato un assedio di ore al defender". Placanica dopo un'ora arriva al Pronto Soccorso, viene imbottito di psicofarmaci, rimane in stato confusionale e dichiara successivamente di non essersi reso conto di quello che era successo a piazza Alimonda. "Bisogna dire che Placanica e' un'altra vittima di Piazza Alimonda, a un certo punto dichiarera' che il colpo sparato a Carlo e' stato sparato dal III° piano di un palazzo di Via Caffa dove si trovava Truglio, con un fucile. Nella realta' oltre a un bossolo di pistola poi sequestrato dalla polizia verra' effettivamente mostrato un bossolo di fucile da un giornalista di Porta a Porta. Chiaramente non ha sparato un fucile, perche' la pistola spunta dal defender ed e' ben visibile mentre punta la testa di Carlo, sembra quasi che la storia del fucile sia un linguaggio tra loro per comunicarsi un messaggio, che noi non possiamo capire...". Dopo, la polizia impedisce a chiunque di avvicinarsi al corpo di Carlo che viene preso a calci, un sasso viene usato per sfondare la fronte di Carlo, parte la sceneggiata del sasso con l'urlo del vicequestore Adriano Lauro Sei stato tu con il sasso, c'e' l'inseguimento a un manifestante che riesce a scappare. Nessuno ha voluto approfondire cosa sia veramente successo. "Erano presenti li' due giornalisti Toni Capuozzo e l'agente del Sismi "Betulla" Renato Farina e un fotografo Eligio Paoni, questo, minacciato e picchiato dalla polizia, non vorra' mai parlare con la famiglia di Carlo per raccontare cosa ha visto". A Genova si e' voluto spezzare il movimento che probabilmente faceva molto paura ai potenti del mondo, un movimento che era a livello mondiale e interagiva positivamente nonostante le tante anime diverse: "A Genova c'erano tutti, dai cattolici agli anarchici, ed eravamo uniti. Dopo Genova, si tende a dividere il movimento in buoni e cattivi, si ferma la comunicazione tra i diversi gruppi politici, si e' voluto interrompere la relazione, il legame tra di noi, e niente e' stato piu' come prima".

Gianluca non era a Genova quel giorno, in quanto impegnato in un viaggio in Romania per un progetto sociale "All'epoca avevo diciannove anni, facevo gia' politica ma sembrava fosse un gioco, c'e' un prima e dopo la morte di Carlo, perche' potevo essere io, poteva essere un mio fratello. Ma Carlo e' stato ammazzato tante volte anche dopo, con tutto quello che e' successo...". Presentare il suo libro e' stato emozionante per lui e per la famiglia di Carlo: "A Genova, la famiglia di Carlo ci ha fatto il regalo di offrire a chi comprava il libro li' la pubblicazione dei sonetti di Carlo e altre sue storie, per loro e' stato bellissimo parlare di Carlo da vivo, hanno scritto anche poche ma profonde righe di introduzione per il mio libro, l'hanno scritta Haidi e Elena insieme. Io ho fatto la tesi di laurea su Carlo Giuliani, ma in una dimensione piu' simbolica, qui Carlo e' umano, la dimensione e' umana".

Gianluca Staderini e' al suo secondo libro, anche il primo e' rivolto ai bambini e alle bambine, Salam e i bambini che volevano giocare, e parla di una bambina palestinese e della sua vita sotto l'oppressione israeliana (Edizioni Red Stars Press): "Nel caso del libro di Carlo, abbiamo sempre detto dopo Genova che la memoria e' un ingranaggio collettivo, bisogna sempre oliarlo, mettere nuovi pezzi. I bambini sono parte fondamentale di questo ingranaggio, sono il futuro; quando i bambini fanno delle domande, bisogna sempre dire la verita', con i termini adatti a loro, ma bisogna essere sinceri. Oggi, c'e' carenza di verita', i miei libri vogliono essere uno strumento per raccontare ai propri figli, oltre a dare questo strumento ai genitori per dire la verita'. Il mio primo libro e' stato scritto per mia figlia Irene, poi la Red Star ha deciso di pubblicarlo, volevo che sapesse cosa succedeva ai bambini come lei in Palestina. I protagonisti dei miei libri sono bambini perche' possono parlarsi meglio tra di loro. Mia figlia ha letto questo nuovo libro da sola, io l'ho letto a mio figlio Carlo, non ha capito tutto ma e' molto orgoglioso che il protagonista si chiami come lui. Ho messo anche un suo disegno nel libro, l'ha riconosciuto subito".
Cristina Formica

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Fonte: Un Bambino Di Nome Carlo (di Comune-Info)
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