Appena i nostri prodi attaccano a fare quello che han sempre fatto, poi, ci si rende subito conto che Morte Di Un Microfono non deludera' neanche per un attimo, trasportandoci dentro a 6 tracce nuove di pacca che sono una piu' bella dell'altra.
Chiariamoci, i CGB mi hanno sempre emozionato e li considero una parte di me: una delle primissime recensioni che ho fatto su puNk4free e' stata quella de "I Giorni Della Merla", che hanno pubblicato nel 2005 ed ancora rimane fra i miei dischi preferiti. Pero' "Stanze", il penultimo, non mi aveva detto granche'. Questa volta, invece, mi sembra proprio che siano tornati con la spinta di una volta.
Si parte subito alla grande con "Disequilibrio Instabile", un bel pezzone che rispecchia al 100% lo stile dei mostri sacri liguri: intermezzi lenti, saltellanti, un secondo di attesa e poi la corsa, mai esagerata, e di nuovo la tregua, con la voce di Davide sempre decisa, chiara, impossibile da non riconoscere mentre recita i suoi testi, a meta' fra poesia e funambolica follia. "E' sempre calda rabbia // sotto lo strato di cenere da spegnere // immobile in disequilibrio instabile // decido presto // forse troppo in fretta // rapido e indolore // sono indifferente // pochi secondi prima del buio".
La seconda bella botta arriva con la terza traccia, "Il Vortice Delle Maledizioni", piu' violenta e diretta delle altre, con il pestare della batteria che lascia poco spazio alla melodia delle chitarre, eccezion fatta per qualche riffettone semplice ma tamugno: "Tu non sei niente // sei come aria trasparente // per me! // maledetta sia la luce // decido io // se considerarti // decido io // per me!". Un altro pezzaccio che fara' fatica a sparire dalla mia playlist.
Poi dopo queste ennesime prove del suono che meglio li contraddistingue, decidono di stupirci con due brani che, sinceramente, non mi aspettavo: "Sonny" e "P.F.S" (ovvero "Povera Fragile Sconosciuta"). La prima e' qualcosa di simile ad una "canzone d'amore", cosa particolarmente atipica, sia per il gruppo che per il genere; ed atipico e' anche il suo sviluppo, con un testo che non parla di cuori infranti o di grandi passioni, ma credo ci voglia far ragionare su tutti quegli amori desiderati, anche solo per un attimo, ma mai raggiunti, talvolta per scelta. Un po' come De Andre' (e Brassens) in "Le Passanti". Chissa' come sarebbe andata con tutte le donne che abbiamo pensato come amanti, di sfuggita o per chiodo fisso: magari, se davvero ci fossimo riusciti, sarebbero state delle amare delusioni. O forse c'avrebbero travolto, c'avrebbero fatto ammattire, per poi buttarci all'inferno. Forse abbiamo bisogno di tutti questi pensieri e di questi desideri frustrati, per tirare avanti ogni giorno, per nutrirci almeno di vane illusioni. Forse abbiamo bisogno dell'insoddisfazione. O forse, semplicemente, tutto questo rappresenta uno stupido cancro che ci rovina la vita, di cui dovremmo imparare a liberarci, perche' forse e' solo vuoto, machista e schifosamente occidentale. "Provare a baciarti // no, non l'ho fatto mai // vorrei troppo ma // non lo faro' [...] assaporando le tue labbra ad occhi chiusi // potrei provare piacere // e impazzire // cambiare il colore degli occhi e dei pensieri [...] assaporando le tue labbra ad occhi chiusi // potrei restare indifferente // e allora cadrebbero i castelli di carte // e quell'invisibile in cui credo". Anche la parte strumentale mi lascia scombussolato, con un tappeto melodico tutt'altro che sdolcinato ma attizzante ed originale, ben strutturato, un po' a reinventare il loro hardcore in chiave quasi emocore anni '90, per chi sa di cosa parlo (e con tutte le distanze del caso).
E l'infilata di belle sorprese continua, appunto, con "Povera Fragile Sconosciuta", che sembra ancora parlare d'amore (anche se non ne sono sicuro), ma di quegli amori timidi, distanti ed inconfessabili: di quelle ragazze che si sentono sfigate, brutte e ti guardano da lontano, convinte di non potersi permettere neanche l'audacia di osare una qualsiasi mossa. Di quelle che tremano quando incrociano lo sguardo dei loro desideri. E' anche un po', per certi versi, un manifesto ai nerd. "Ti ho vista nasconderti dietro ad un foglio di carta macchiato d'emozioni // t'ho vista chiudere i tuoi umidi e folli occhi // dietro spessi occhiali da vista".
Gli altri 2 pezzi che rimangono, "Una Sera D'Estate '06" e "Buio Nella Luce" ritornano tipicamente Crime Gang Banghiani e fanno da ottima cornice al resto, regalandoci un po' di sano punk hardcore ad alti livelli ed anche qualche altra bella frase per la nostra memoria: "Vulnerabile ma non inoffensivo // mansueto ma non d'animo // saro' li aggrappato ai miei nodosi rami // che le mie aride foglie vi sommergano tutti!".
Questo capolavoro di un disco si conclude con un altro, bellissimo, outro recitato, dedicato a Alexander Supertramp, al tempo Christopher McCandless, il protagonista di "Into The Wild" che mi auguro vi siate presi la briga di vedere.
Insomma, Morte Di Un Microfono dei CGB e' un altro loro disco che rimarra' negli annali. Punto e basta.
sberla54

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Potete richiedere l'album contattando i CGB dalla loro home page oppure all'email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
In alternativa, vista l'enorme lista dei coproduttori, non vi dovrebbe essere difficile trovare il disco in un qualsiasi banchetto ad un concerto. Io, personalmente, l'ho comprato cosi' e l'ho pagato soltanto 6 euro. Ovviamente potete anche contattare una delle etichette/distro che hanno partecipato alla coproduzione, tramite i loro siti o le loro email, elencate in fondo alla recensione.
Prezzo: circa 6 euro (piu' 2 di spedizione).

.VIDEOCLIP.
CGB - Live In Finlandia
CGB - Brucia (Live at United Club, To, 03.02.07)
CGB - Prevalenza Di Nero (Live at United Club, To, 03.02.07)
CGB - Scatole (Live at United Club, To, 03.02.07)
CGB - Direzioni Mutevoli (Live at United Club, To, 03.02.07)

.INTRO.
Ed eccoci qua, ancora una volta, a voler lasciare ancora un piccolo segno, passeggiando senza fretta in questi anni che bruciano, spettatori inermi, a volte carnefici e artefici allo stesso tempo del proprio destino, forzando sempre di piu' le lancette, per fermare attimi.
Gli specchi non mentono, ci dicono sempre a che punto e' il tempo attorno ai nostri occhi.
Ma noi caparbi, su corde che si arrugginiscono, aste che si spezzano, microfoni stanchi in enormi e lerci stanzoni, eccheggiano accordi e parole sparati vorticosamente, che ti si stampano dentro, o passano inosservati. Noi sempre li, a non capire perche' voler continuare ad esserci.
Le loro ruspe stanno mutando tutto, cancellano colline, deviano i fiumi, estinguono le specie, sradicano alberi. Noi, in mezzo alla polvere, che si posa sulle nostre coscienze, che chiude i nostri pori e ci soffoca nel nome del regresso. Li, intrappolati nei nostri cavi, che ci legano le mani, che zittiscono gli ampli, nell'inutilita' dei nostri cd, nell'ipocrisia delle nostre macchinette digitali, nella stupidata degli iPod, vuoti e senza emozioni.
Trascinati cosi', a volte sbattuti sulle rocce per poter assaporare il nostro sangue e riflettere sulla prossima mossa, leccandosi le ferite che diverranno cicatrici, che verranno ricoperte da inchiosto, per fermare la storia, per fermare noi stessi.
Ingoiamo manciate di cocci di vetro, che lacerano e fanno male, per poter dire ancora qualcosa di sensato, su palchi di legno marcio che a volte e' meglio stare coi piedi per terra.
A che serve la visibilita' se quello che dici e' trasparente?
E le loro ruspe son sempre di piu' e piu' forti, e inquinano l'aria, cancellano i ricordi, fanno sanguinare anche la dura roccia.
Ti ricordi quella vecchia casa dove andavamo a strimpellare la chitarra, che fregavamo a mio nonno, e a fumare le prime canne? Bhe...ora li non c'e' piu' niente. C'e' un gigantesco pilastro di cemento armato, con il nome di una ditta spagnola, e la nuova linea ferroviaria, che sta passando, su tutto, anche sulle vite della gente, e forse non ce n'era bisogno.
Ma si sa, per loro tutto deve andare veloce, rapido, ogni singolo secondo dev'essere produttivo e l'ozio e' stato bandito, il voler osservare e' un concetto retrogrado ed obsoleto.
Dai, siediti e dai sto quattro.
E che stanotte i microfoni tacciano per sempre!
(Lunedi 23 febbraio 2009, CGB, Imperia)

.OUTRO.
Penso a te.
Penso a te quando credo di avere bisogno di cose, cose, cose e poi invece tutto quello di cui ho bisogno gia' ce l'ho.
Penso a te quando cerco la bellezza altrove, senza rendermi conto che e' tutta attorno a me.
Penso a te quando sorrido di piccole cose che piccole in realta' non sono. Putroppo, quello che hanno costruito attorno le nasconde ad occhi poco curiosi, che non vogliono vedere.
Penso a te quando mi scoraggio e se di notte non riesco a dormire, perche' a volte l'idiozia mi soffoca.
Penso a te se guardo una mela e quando i miei due pini iniziano a mettere le foglie.
Penso a te quando aggrappato ad una roccia, in fondo al mare, trattengo il respiro piu' a lungo possibile.
Invisibile, mi godo il silenzio.
Penso a te quando guardo il mio zaino e penso di andar via per sempre.
Penso a te quando credo che loro non hanno bisogno di me, ne' io di loro.
Penso a te quando viene sera. Ruspe e trivelle si fermano e sul tetto di casa ascolto i merli e la notte che arriva.
Penso a te che mi accompagnerai per sempre.

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