Per Gaber, invece, non c'era neanche bisogno di scomodare la Triste Mietitrice, bastava solo una notte alcolica in un bar senza nome tracannando Barbera e Champagne. Perche' tanto l'amore - o, se sei in uno stadio, anche la Roma - t'incula sia in giacca e cravatta che in tuta da meccanico e bere e' spesso la cura migliore, che poi sia Amarone o Tavernello e' un dettaglio trascurabile.
E' questo modo vagamente romantico e violento di mandare un po' a fanculo le tragedie della vita, insomma, che caratterizza il cantautorato italiano, gli ultra' e, soprattutto, i Barbera & Champagne, nati da una costola degli Automatica Aggregazione, con Puccio alla chitarra e alla voce, David al basso e alla voce e Gianluca alla batteria. Poi oh, di tragedie nella vita ne abbiamo cosi' tante che in questo album si spazia dai Millennial con l'alienazione digitale ("Essi Vero" e "Strade Vuote") ai temi proletari di denuncia e lotta all'ingiustizia ("Gattabuia", "Take Away", "Luminarie") cosi' cari alle band di provincia.
In realta', la cosa veramente figa di questi gruppi - e nel mucchio metto anche Gli Ultimi (si sente la collaborazione di Pat Atho in quest'album) i Dalton i Klaxon e, fortunatamente, molti altri - e' la capacita' di essere tanto rudi quanto malinconici: cosi', se da un lato le sonorita' sono armoniche ma incazzate e la voce urla il rancore profondo di chi cresce per strada, dall'altro i testi svelano delicatamente l'intimo tormento che tutti abbiamo dentro ("Nel Mio Inferno" e "Borderline").
Adesso pero' basta con gli spoiler, neanche mi pagassero per fare le sinossi di Netflix.
P.S. In questo viaggio emotivo-musicale devo per forza mettere un grandino sopra tutto "Federico": un prepotente requiem punk che violenta le coscienze di chi, 13 anni fa, ha strappato via Federico Aldrovandi a una vita che, per inciso, e' l'unica ad avere il diritto di prenderci a botte.
krizia

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