I Linea sono un quintetto milanese che e' gia' da un po' che va in giro e suonano (per lo meno in questo disco, che e' l'unico che ho ascoltato) una miscela di rock/punk/power-pop/ska/reggae rifacendosi quindi a gruppi come i primi Police ma soprattutto ai Clash, gruppo per cui non nascondono una grande ammirazione.
Comunque non si limitano a copiare: l'unica canzone che realmente mi fa ricordare il gruppo di Joe Strummer e compagnia (e solo in certi momenti) e' la nona. Per il resto riescono ad essere abbastanza personali nella loro proposta. Certo, ascoltandoli nascono spontanee nella mia mente le comparazioni (Banda Bassotti o i Senza Sicura di "4 Citta'" su tutti, ma a volte anche i Kina o addirittura Elio, piu' che altro per il modo di cantare) ma daltronde e' gia' stato tutto inventato nella musica, quindi quello che rimane e' saper miscelare le differenti influenze che si possono avere, o non e' cosi'?
Osserviamo la cosa nei dettagli: il disco si apre con una traccia omonima, forse la piu' potente di tutti i 50 minuti, sia per la musica che per le parole, giacche' fa riferimento ad una espropriazione di terreno ai danni delle famiglie mafiose siciliane.
La seconda canzone parte con uno ska veramente figo, grazie soprattutto al basso tarantalleggiante, per poi alternarsi a momenti piu' rock ed e' una specie di dichiarazione di amore/odio dedicata alla loro citta'.
Si segue con un momento punk, sia per la velocita' che per la brevita', con argomento working class.
Nella seguente traccia la parte piu' figa e' il reggae che ci infilano verso la meta' ma anche il teso non e' da buttare: una specie di descrizione della vita del cittadino tipo dei giorni nostri. Mi piace soprattutto quando dice "SMS per capire cosa stai diventando", bella frecciata al uomo cyborg.
Dopo quiesto ci dicono quanto poco gli piacciono i soldi per poi suonarci un reggae classico, a volte un po' distorsionato. E' uno di quei momenti in cui mi ricordano Elio. Mi sto riferendo alla sesta traccia. Ditemi che non e' vero!
E continuano cosi', con rock e reggae, ripetendosi forse un po'. Diciamo che e' uno dei loro difetti: alla larga si fanno un po' monotoni. Meno male che nella penultima canzone si riprendono grazie ad uno ska ben fatto con degli assoli di chitarra dalle atmosfere orientali che ci stanno veramente bene. Chiudono in bellezza con Red Wild Rocking Blues, il secondo momento piu' potente del disco.
Insomma, sono bravi, hanno personalita', dei bei testi politico-filosofico-esistenzialisti e dicono che dal vivo spaccano. Giudicate voi.
JoseCuervo

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