Stavolta, pero', mi sono trovata dinnanzi ad un canone di gruppo che non ero solita trattare da molto tempo, e che non ha mai trovato molto spazio nel nostro sito, ma che mai come nell'ultimo periodo si sta prendendo un piccolo spazio di tutto rispetto; una band portatrice di un punk rock altamente melodico, per di piu' straniera (londinese).
Si parla dei The Living Daylights, band della quale sinceramente non avevo mai sentito neanche parlare, e che con mio piacevole stupore ho trovato interessante ed accattivante.
Certo, le prerogative della band sono le classiche caratteristiche che si possono evincere in un album del genere, ma, nonostante cio', il lavoro si presenta con una certa "carica" in piu', come un esplosione di energia pura.
Ways To Escape e' ampiamente fortificato dalla voce intonata di prima voce e raddoppi, caricato dai cori e trova il suo punto di forza nelle soluzioni strumentali leste e rapide, nel basso sempre presente ed incisivo, pronto a ricamare note trascinanti sul gia' di per se' convincente accompagnamento.
Stop'n'go, melodia, ritornelli orecchiabili, sovrapposizioni di voci e strumenti, riffs altamente "positivi", ritmi frizzanti sono all'ordine di questo lavoro; il tutto viene impreziosito dalla costanza della batteria, martellante e ripetuta prima e sfuggente e veloce poi, solo di accompagnamento e quasi impercettibile in altri momenti.
Spezza la linearita' narrativa dell'album e sorprende l'ascoltatore la bellissima "Undertow" con le note iniziali lente e solenni di chitarra trascinate verso sonorita' leggermente piu' veloci dal ritmo in crescendo della batteria e poi dei riffs, che portano ad un assolo lungo ed armonico, accompagnato dalla voce dolce e sognante del cantante Sam Cook.
Paragonabili ad una ventata d'aria fresca i restanti brani, tra i quali spiccano: "Carve It Out", quasi totalmente corale e strettamente collegata alla seguente "Dead As Mine", che funge da prosequio della precedente, colma di continue accelerazioni; di tutt'altro tipo e', invece, "Searching For Disaster", in cui vi e' la commistione tra alcuni elementi pop e le solite chitarre distorte ed immediate.
Tra le sezioni musicali piu' lente, pacate ed armoniche c'e' da citare anche "My Return", contornata dal coro robusto ed energico e dall'ottima prova canora della prima voce, che sembra trovarsi pienamente a proprio agio anche nelle tonalita' alte, che avanzano al terminare del brano, accanto alle note di chitarra malinconiche ma allo stesso tempo serratissime.
Dai toni piu' spensierati, conferitegli da chitarra sola e prima voce ed i loro ritmi alti e prolungati, ai quali si contrappongono le sonorita' piu' cupe di basso e batteria, e' "Wasted On The Rain".
Nel complesso la band non ci regala nuovi spunti ma si lascia ascoltare serenamente e l'album scorre via che e' una bellezza.
Hyena01

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