Capiscono anche il linguaggio dei glabri. E gli alberi ogni tanto si confidano con i gufi, perche' hanno un contorto senso dell'umorismo, simile al loro. Ma i gufi se le tengono sempre per loro le informazioni piu' ghiotte, poi quando gli chiedi qualcosa iniziano a socchiudere gli occhi guardandosi tra loro, e fanno quel versetto...quel versetto li' che fan loro tra di loro, se la ridono a becco chiuso quelli. E dopo averla presa larga sparlando di difetti e pregi dei gufi, i merli vuotarono il sacco:
"Il pipistrello fu mandato a fare il danno, ma la beffa sapete a chi fu affidata?" dissero loro, "A un pangolino!! Dicono che il pipistrello prigioniero l'ha passata a un pangolino, anche lui prigioniero. E questo pangolino ha cagato in faccia a uno di quei glabri di merda!" E Crak! Giu' tutti a ridere tutto il di'! Dappertutto, dai grilli alle nutrie, ma tutti. Anche gli invertebrati a quella notizia non si trattenevano dal contorcersi. Ma cos'e' un pangolino? Chiese ai merli una rondine, come e' fatto questo mito di pangolino? Gli facciamo una statua di rametti gli facciamo. Le tartarughe si interrogarono profondamente scrutando ogni loro ricordo in cerca di un fortuito passato incontro con un pangolino, ma non se lo visualizzavano proprio. I gatti fingevano indifferenza con miagolii sottili come se nulla di interessante fosse successo o stesse succedendo.
"E perche' i gufi lo avrebbero dovuto raccontare proprio a voi?...dite merli, dite...".
Li' allora il brusio si sospese, e di botto tutti girarono lo sguardo verso una piccola lucertola che, uscita da dietro un sasso, insinuo'- il dubbio nella folla che si era accalcata intorno ai merli. Poi tutti gli sguardi riconversero su quei pennuti neri dal becco arancione, tutti in attesa della risposta. Anche i gatti che sembravano indifferenti a quel punto alzarono le orecchie.
"...beh, che ti credi lucertolina...noi siamo considerati dai gufi, per loro non siamo mica prede come te... ma che ne vuoi sapere tu di ste cose..." ribatte un po' balbettante uno dei merli.
Non convinte le lumache rincarano la dose di miscredenza: "Si vabbe', una settimana fa sostenevate che i glabri si stanno estinguendo..."
"E perche', non e' possibile?" chiese fiduciosa una cinciallegra.
"Ah si? E quella per esempio, come te la spieghi quella, eh?"
"Quella chi?"
"Quella! E' li' immobile da un'oretta. Ma mi pare viva e verticale!" Il regno animale circostante sposto' di scatto lo sguardo: in mezzo alla strada c'era una glabra di taglia abbastanza minuta, scalza e mezza nuda, trasandata, con una folta chioma di capelli boccolosi a coprirle quasi del tutto il muso.
Se ne stava li' fissa con gli occhi persi a guardare la luna bianca, che si vedeva ancora, in mezzo al cielo terso di quel mattino.
Alle sinapsi dell'umana il cielo si presentava come un immenso mosaico in via di implosione, e tutto ne veniva inghiottito. Vedeva nitidamente la luna che si stava sciogliendo lenta in mezzo ai tasselli del grande mosaico, e finiva per colare sopra i tetti delle casette a schiera, dentro i comignoli e tra le antenne.
Lenta e densa come miele che cola da un vasetto. Ne era incantata. Non riusciva a spostarsi tanto era spettacolare cio' che stava ammirando.
Ed ecco che le si affianca una jeep dell'esercito, con a bordo due militari bardati con berretto e mascherina.
"Scusi lei dove sta andando?" le chiedono in tono intimidatorio. La donna minuta, poco piu' di una bimba, fu costretta a distogliere i grandi occhi da quello spettacolo. Giro' lo sguardo verso i soldati e poi appena sopra le loro teste. Percepiva distintamente appollaiati sopra il tettuccio della jeep due grandi mostri. Erano i mostri accompagnatori di quei due poveri militari tonti e ciechi. Anche lei era in compagnia del suo mostro - ma loro non lo vedono sicuramente - penso'.
"Io...abito...qui." Si limito' a sbiascicare questo.
Il suo mostro era alto quattro metri almeno, stava sgranocchiando biscotti al cioccolato, e tutte le briciole cadevano sulla testa dei loro mostri, ma i militari non se accorsero.
"Su', allora torna a casa e alla svelta", dissero sbrigativamente i soldati, e ripartirono a pattugliare le strade. Mentre il mezzo militare si allontanava i due mostri sul tettuccio le mostravano oscenamente i genitali tra risate grottesche.
Lei alzo' leggermente la mano per salutarli a sua volta.
"Beh...i cuccioli dei glabri non lo so, ma vi assicuro che gli adulti dove abita quella piccola stronza non ci sono piu'!"
"E vero!" confermo' una mosca. Io gironzolo spesso in casa sua attratta dal tanfo organico dei suoi genitori. Sono stesi, immobili nel loro letto, con le palpebre chiuse, ormai da giorni e giorni."
"Vedete che non diciamo stronzate!" se la cantarono i merli. "Dai ragazzi, andiamo a cagare in testa a quella glabra!"
La minuta donna umana forse poco piu' che bambina rimase ancora un po' a guardare il cosmo implodere, completamente affascinata. Tanto che manco si accorse di quegli schizzi di merdina bianca sulla sua spalla. Solo dopo un'altra mezz'oretta, desiderosa di non far scemare l'effetto della sostanza che le circolava in corpo dalla punta dei piedi fino a quella dei capelli, si diresse sul viottolo che dava verso l'ingresso di casa, tenendosi aggrappata forte forte alla mano gigantesca del suo mostro.
Modi

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Racconto apparso sul numero Speciale Quarantena #01 della fanzine accidentalmente punk Lungi Da Me, per informazioni, collaborazioni o procurarvi la 'zine consultate il sito di Lungi Da Me.

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