Hebron e' un bambino che palleggia dietro una barriera di cemento.
Hebron e' le reti che proteggono dalla spazzatura, dai vetri, dagli oggetti lanciati dalle finestre delle case di quelli che ora vivono piu' in alto.
Hebron e' le inferriate alle finestre dei palestinesi che resistono, nelle strade dove non sono voluti, scudi di metallo per proteggersi dai propri vicini.
Hebron e' le insopportabili attese di una luce verde che ti permetta di superare i tornelli dei check-points.
Hebron e' ansia per le perquisizioni a giovani, donne e anziani, mentre la fila e la tensione aumentano.
Hebron e' rabbia.
Hebron e' una prigione.
Hebron e' frustrazione, odio, rassegnazione.
Hebron e' un non luogo.
Hebron e' un luogo in cui sentirsi a disagio.
Hebron e' una collezione di istantanee della miseria dell'umanita'.
Hebron e' dove devi andare, ma dove vorresti non mai aver visto.
Hebron ti segna.
Hebron ti intossica.
Hebron e' il fallimento, l'indifferenza del mondo.
Hebron e' un'ingiustizia.
Hebron e' lapidi.
Hebron e' vite spezzate, eroi, martiri e vittime allo stesso tempo.
Hebron e' la silenziosa desolazione delle strade passate sotto il controllo israeliano, e poi il chiasso dolente del mercato arabo.
Hebron e' i bambini dagli occhi vispi e freddi.
Hebron e' una ferita.
Hebron e' negli occhi lucidi di Ahmed.
Hebron puo' essere speranza.
Attraverso di nuovo l'ultimo check-point, sotto gli occhi scuri dei militari.
Poi respiro profondamente, quasi a voler cacciare fuori l'aria mista di polvere e cruda realta'.
Pier Attilio De Luca e Mauro Mondello
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Fonte: Hebron E' Una Ferita (di Yanez)
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