Il livello di coscienza bioetica di un Paese e di una societa' viene, infatti, percepito a partire dalla sensibilita' che si e' in grado di attivare su questioni che solo apparentemente sono di carattere marginale, come quella dell'alimentazione.

Per quel che riguarda l'ambiente scolastico qualche piccolo passo avanti e' stato fatto, con l'introduzione nelle mense scolastiche di legumi e menu' differenziati, mentre a livello di organizzazione dei servizi ospedalieri non sembra essere particolarmente complicato o costoso estendere la possibilita' di una alimentazione differenziata, gia' prevista per ragioni terapeutiche, a degenti che presentino particolari esigenze alimentari per ragioni etiche.

In carcere i problemi di ordine pubblico impediscono, tuttavia, che il soggetto possa provvedere da solo ai propri bisogni alimentari.
Il cibo, nella maggior parte dei casi, viene preparato da detenuti impiegati in cucina, secondo un menu' che varia in tradizionale, islamico e per malati. Poca verdura (per lo piu' patate) e cibo di scarsa qualita' (la cosiddetta 'sbobba').
L'ordinamento penitenziario italiano sostiene che "ai detenuti e agli internati e' assicurata una alimentazione sana e sufficiente" (art.9 Legge 26 Luglio 1975, n. 354)" ma, scrive Renato Vallanzasca: "se da qualche tempo, i mussulmani hanno la possibilita' di evitare la carne di maiale, per i vegetariani rifiutare la carne puo' significare ritrovarsi nel piatto anche 12 uova a settimana".

Chi ha famiglia, tuttavia, puo' ricevere dall'esterno un pacco, che e' pero' soggetto a limitazioni: tutti gli alimenti contenuti saranno infatti ispezionati, il che significa aperti e tagliati per controllarne l'interno. Ma anche la spesa, che i detenuti possono ordinare allo spaccio del carcere (ovviamente accessibile solo a chi ha disponibilita' economica) puo' essere l'occasione per una scelta etica come il veganesimo. Ai detenuti italiani e', infatti, consentito "nelle proprie camere, l'uso dei fornelli per riscaldare liquidi e cibi gia' cotti, nonche' per la preparazione di bevande e cibi di facile e rapido approntamento. (art.11 comma 4, d.p.r. 30 Giugno, n. 230)". Il fornello in cella rappresenta quindi, nell'alimentazione carceraria, una vera e propria rivoluzione. La possibilita' di cucinare i propri piatti, sebbene richieda uno sforzo notevole nell'arte di arrangiarsi, diviene insieme atto creativo e possibilita' di cucinare cibi "non violenti".

Ma anche all'estero qualcosa sta cambiando.
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha accolto, ad esempio, la denuncia di un prigioniero polacco che, convertitosi al buddismo, aveva chiesto gli fossero forniti solo cibi vegetariani durante la sua detenzione. La Corte di Strasburgo ha stabilito che il carcere polacco debba pagare all'uomo un risarcimento di tremila euro per danni morali, dichiarando che, servendo pasti a base di carne, il servizio penitenziario ha violato la liberta' religiosa del condannato.
Le autorita' polacche, avendo interpretato il rifiuto del prigioniero di mangiare carne come una forma di ribellione, lo avevano addirittura punito con 14 giorni in isolamento.

Dal carcere di Golden, nel Colorado, Walter Bond, arrestato il 23 Luglio a causa delle sue lotte per la liberazione animale, scrive: "... mentre il veganismo ed i diritti animali cominciano a farsi spazio sul piano collettivo delle coscienze, e' fondamentale che il messaggio non si perda nel vento.
Sono incredibilmente felice dei risultati ottenuti negli ultimi 10 anni. Anche come prigioniero, ho la possibilita' di chiedere ed ottenere cibo vegan..."

Diversa la situazione di Steve Murphy che sta scontando una condanna a cinque anni per i diritti degli animali. Steve e' un vegano, ma posside poco denaro, che gli basta appena per integrare la debole dieta vegan che riceve in carcere: e' in grado di comperare pomodori, peperoni, cetrioli e funghi, ma non sempre ha i fondi sufficienti per arricchire la sua dieta.

Sicuramente un banco di prova particolare per quanto concerne il rispetto della dignita' di ogni individuo umano, e di ogni essere vivente e' costituito dalle regole concernenti il vitto delle persone sottoposte a detenzione dove la tendenza da sempre non e' quella di "umanizzare" ma quella di reprimere ogni umanita' e ogni attenzione verso ogni creatura.
Annalisa Ruffo


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Fonte: Vegani In Carcere (di Promiseland)
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