"Alla vostra societa' preferisco la solitudine // Ho solo odio per voi e voi l'avete voluto"
Prendo spunto citando un brano degli Impact, descrivendo come le cose che succedono in Italia non si risolvono mai, cadono sempre ciclicamente, e ciclicamente da sempre cresce il dissenso verso una classe politica,la medesima da piu' di trent'anni inetta e qualunquista, dove i sindaci assorbono i comandi come servi lobotomizzati in giacca e cravatta.
Il sottobosco controcultutale da tempo immemore cerca di distruggere quelle dinamiche limitanti, coercitive creando un serio fenomeno inclusivo che non ceda ai fascismi dei servi all'ombra di Marco Aurelio. Stavolta posizioniamo il nostro sguardo sul panorama underground romano che da sempre si fa scudo contro i servi del potere nelle loro divise marchiate di sangue, prenderemo in causa una tra le tante realta' propulsive nate sotto il manto della lupa capitolina, che allatta i suoi figli tra una carezza e un pugno allo sterno. Un panorama quello underground che vive di contatti sociali inclusivi, l'attitudine diy come vaso comunicante per canalizzare la propria rabbia, il proprio dissenso.
I Mind/Knot sono una realta' di recente formazione vibrante e dinamica, plasmano il loro progetto musicale alla fine del 2018, hanno improntato il loro sound dentro invettive punk hardcore degli anni '80 con venature thrash old school incentivato da liriche taglienti, che descrivono un esigenza umana ed espressiva nell'atto di ribellione primordiale agli schemi sociali e politici instillati del consumo e capitalismo statunitense, contro le logiche del potere, contro i servi affamati dei salotti di regime.
Il loro sound vive di un flusso sonoro, primitivo e accattivante, hardcore punk fisico e tirato sulla scia di gruppi come i Black Flag o Minor Threat, ricordandone molto la medesima intensita' volitiva e l'esplosione dinamica sonora.
Dopo una demo uscita nel 2019, la formazione romana si misura sul full length ed a Giugno scorso pubblica il proprio album di debutto Eat The Leaf, che vede una cospirazione di etichette indipendenti in fase di coproduzione (Dinomite Records, Mastice Produzioni, Fresh Outbreak Records), la grafica di copertina e' affidata al batterista del gruppo, da un quadro attorno al quale ruota tutto l'artwork riproponendo la primordialita' dell'uomo, la medesima che si trova nell'album musicalmente e sul fronte concettuale. Registrato ad Ottobre 2020 da Andrea Kikazaru (Disorder Officina Musicale, Roma) missato e masterizzato da Fabio Banfio (Rake-Off, Taste The Floor, Sect Mark).
Eat The Leaf e' un concept album che si incentra attorno ad un monito preciso quello di non abboccare a cio' che la societa' odierna e i suoi vassalli tentano di inocularci fittizie credenze, una realta' circostante dove vince il manipolatore, dove si schiaccia il fragile, dove il diverso e' carne da macello dentro macchine capitaliste che diventano schermi piatti dove si traffica ogni giorno. I testi descrivono le neoplasie sociali, tra modelli consumistici, capitalisti di una vita volta all'arroganza, passando descrivendo realta' sociali che tutti viviamo, dai rapporti sociali fittizi, all'autodistruzione per colpa di fragili attitudini fino agli episodi di abusi d'ufficio delle forze dell'ordine verso i civili, il tutto raccontato in modo tagliente e senza tanti giri di parole. Nell'atto di esorcizzare il male sociale ed estirparlo e' un album che stuzzichera' i fan del genere e chiunque abbia a cuore questi temi.
Tredici brani dalla scrittura autentica, costruiti su riff scavezzacollo e ombrosi, blast saturo, voce old fashioned punk tagliente e schizzata in un flusso sonoro volitivo e pregno di sferzanti atmosfere. "I Don't Care", una succulenta apripista fascinosa ed imponente, in meno di due minuti riff pungenti creano un compendio sonoro fluido duro e compatto assieme all'unione di voce e blast, un gioiellino diretto a muso duro.
Un evoluzione sonora attraverso dinamiche sferzanti e momenti di riflessione brani come "Hate The Cops" e "Self Destruct", esaltano e asseriscono il carisma e il tono delle liriche che si fanno esplosive riuscendo a descrivere a perfezione certe emozioni per nulla semplici, dove "Hate The Cops" trascinato da linee di basso ombroso e sonico pompano un suono elettrizzante che enfatizza i concetti in modo tagliente e senza mezze misure e "Self Destruct", trainato da blast ciclico, un brano corale e caparbio.
Riuscendo ad esternare un dissenso comune e farne veicolo sano di un attitudine espressiva che nel punk hardcore trova la sua piu' completa sublimazione, e' sul fronte del live che i Mind/Knot riescono a tergiversare questa rabbia propulsiva che si percepisce sul long playing, vomitando addosso un veleno e farne forza dinamica che riesce a catalizzare e trasformare, attraverso rumore e potenza, uno stato di coscienza che cerca di esternare un male, che come ogni male va distrutto lottando.
Contro le imposizioni del potere. Contro ogni abuso sociale. Che ci trovino sempre in piedi dinanzi ai soprusi capitalisti. Punkhardcore at his best.
Ms_Antrophy

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