Queste considerazioni di Paul Goodman (La societa' vuota, Rizzoli, Milano, 1970), scritte nel lontano 1966, ci offrono lo spunto per alcune riflessioni.


Figli illegittimi della nostra storia

Perche' si diventa anarchici? Tante possono essere le ragioni, razionali e sentimentali, costruite e spontanee, lente e rapide, complesse e semplici, ma poi serve sempre un atto di volonta'. Serve pensare altro da cio' che ci circonda. Ma questo non e' facile ne' scontato. Ciascuno di noi e' figlio dapprima legittimo della sua storia, della storia del suo ambiente, delle relazioni che ha vissuto, consapevolmente e inconsapevolmente. Poi, pero', per diventare anarchico, deve diventare "illegittimo", separarsi progressivamente da questo pesante fardello che ha accompagnato la nostra esistenza e questo vale per tutti, in maniera piu' o meno radicale a seconda dell'educazione ricevuta dalla famiglia, dai pari, dal contesto storico-culturale-sociale.
La rottura con l'immaginario dominante e' necessaria, indispensabile, essenziale. Ma non basta. Serve un'altra cosa: avere cioe' la convinzione che altre relazioni tra gli esseri viventi sono possibili. Magari e' piu' immediato capire che queste sono necessarie, e' sufficiente osservare obliquamente il potere e le sue malefatte per capirlo. Essere consapevoli, invece, che la parte positiva del nostro sguardo libertario e' possibile diventa un ulteriore passaggio, non sempre cosi' facile come, talvolta ingenuamente, si da' per scontato.
Il richiamo di Goodman, cosi' ben espresso nelle parole citate, mira, a mio parere, a farci riflettere proprio sul fatto che la positivita' dell'anarchia e' una possibilita' e non una certezza. L'anarchia non puo' consistere in un atto di fede, ne' trovare giustificazione in una presunta e sterile oggettivita'. La sua possibilita' consiste soprattutto nell'assunzione di una postura diversa, che ciascuno di noi deve cucirsi addosso, rispetto a relazioni fondate sulla gerarchia del dominio, a trecentosessanta gradi.
Nello stesso tempo in cui questo processo avviene, risulta evidente che ogni cambiamento individuale non puo' trovare espressione compiuta se non in una dimensione sociale e relazionale. Senza la relazione con l'altro da se', neanche il se' puo' emanciparsi. Il cambiamento e' sempre e comunque, per essere libertario, una mutazione collettiva. Ci siano di monito le illuminanti parole di Bakunin riguardo il concetto di liberta' anarchica come liberta' sociale.
Fatte queste premesse, naturalmente qui molto schematizzate, entriamo nel merito di quelle che ciascun libertario puo' considerare come condizioni necessarie per l'affermarsi della societa' desiderata. Non possiamo fare conto, nel definire i contorni di una possibile societa' libertaria, su atti di fede circa la bonta' della natura umana, cosi' come siamo consapevoli che neanche l'opzione opposta (la malvagita') sia fondata realmente. Siamo sempre una complessita' di cose, mai un'unicita'. Questo ci porta pertanto a riaffermare la centralita' della responsabilita' collettiva nella fondazione di istituzioni e organizzazioni che possono favorire un elemento a dispetto di un altro.


Il fallimento di marxismo e liberismo

La novita' che l'anarchismo di Kropotkin, Goodman, Ward e altri, a questo riguardo, ci ha lasciato e' pero' estremamente importante. Il capovolgimento del tradizionale sguardo molto legato alla negazione (importante, ma non certamente sufficiente) a favore di un anarchismo che sappia rendersi appetibile come teoria e pratica di un'organizzazione rappresenta, a mio modo di vedere, una possibile risposta a molti problemi che gli uomini e le donne di tutte le eta' si trovano quotidianamente a dover affrontare.
Il fallimento delle opzioni marxiste e liberiste possono aprire una prospettiva di attualita' per l'anarchismo. Ma abbiamo bisogno, per essere credibili, di evidenziare sempre quanto di libertario e di solidale vi e' nei tentativi continui che vengono proposti spontaneamente ogni giorno, di risolvere i bisogni e le esigenze che abbiamo nella nostra vita sociale. Sappiamo pero' anche che non tutti potranno abbracciare queste modalita' dello stare assieme e che questa rivoluzione continua disturba non poco i potenti del mondo.
Ci suggerisce ancora Paul Goodman, molto lucidamente: "Semplicemente continuando a esistere e operare in modo naturale e libero, il libertario vince, fondando la societa'. Per lui non e' necessario sconfiggere. Quando crea, vince; quando corregge i suoi pregiudizi e le sue abitudini, vince; quando sa resistere e sopportare, vince [...]. Il libertario non cerca di influenzare i vari gruppi, ma di operare all'interno di quei gruppi naturali essenziali per lui: gran parte delle azioni umane sono infatti collettive" ("Tracciare il limite", in Individuo e comunita', Eleuthera, Milano, 1995).
Non si leggano queste considerazioni come una sorta di intimismo o di esistenzialismo fine a se stesso, un ripiegamento che rifugge dalla dimensione sociale della lotta, ma come la sottolineatura di un accento particolare che, ovviamente, ha senso e efficacia solo se diventa collettivo. Non sono sufficienti le modificazioni dei comportamenti individuali per cambiare la realta', nessuno puo' essere tanto ingenuo da pensarlo. Ma pensare di aumentare il "tasso di anarchismo" qui e ora senza attendere la risoluzione catartica di tutti i mali, mi pare, obiettivamente la strada piu' efficace e piu' necessaria per le vite di ciascuno di noi.
I nostri sforzi, le nostre azioni, le nostre riflessioni, dovrebbero indirizzarsi maggiormente a rendere consapevoli, oltreche' sempre piu' numerose, le pratiche antiautoritarie ed egualitarie che gia' esistono, nei vari ambiti della produzione, del consumo, dell'educazione, della solidarieta', dell'assistenza, ecc. e a partecipare attivamente alla nascita di altre, nei medesimi campi e in nuovi, che si potranno prefigurare nel cammino dell'emancipazione.
Possiamo, sperimentando, dimostrare con i fatti, come relazioni improntate a un modo radicalmente diverso di vivere, possono offrire soluzioni piu' efficaci e piu' eticamente coerenti al nostro vivere in comunita'. In questo modo potra' apparire ancora piu' chiaro come le logiche del dominio siano fallimentari per i molti e utili solo ai pochi che le governano.
Francesco Codello

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Fonte: Anarchici Si Diventa (di A Rivista Anarchica)
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