"Tra la mente che crea e le mani che costruiscono ci deve essere qualcosa. E' il cuore che deve unire le due cose."
Anno 2027: Metropolis e 'una citta' tiranneggiata da Johann Fredersen, un uomo ricco che schiavizza gli operai costringendoli a vivere nel sottosuolo.
I proletari, spogli anche dell'ultima briciola di umanita', sono guidati alla rivolta da Maria (nome dal profondo significato simbolico, scelto non a caso da Lang), di cui si innamora il figlio del tiranno, ignaro dei piani del padre.
Fredersen, per controllare gli operai, rapisce la bella operaia e fa costruire da uno scienziato, un robot sosia di Maria, con l'intento di manipolare le loro menti e tenere a bada le rivolte.
Sudore, sangue, rumore di sofferenza, divario abissale fra ricchi e poveri, padroni e operai.
L'idea di girare Metropolis, il regista austriaco l'ebbe al ritorno da un viaggio a New York e quale citta' meglio di questa poteva dare lo spunto per descrivere un'epoca futuristica e fantasticamente disumana?
Non esistono enormi ricchezze, sfarzo, imponenti opere e splendore, senza il lavoro di milioni di uomini, milioni di bottoni premuti, ingranaggi attivati, pistoni roventi e braccia spezzate, braccia di chi, non ha mai goduto di tali ricchezze.
"Non e' che vada molto meglio, vivo solo in una prigione piu' grande..."
Old Boy, che ha fatto conoscere il sudcoreano Park Chan-Wook alle masse mondiali, fa parte di una trilogia della vendetta che comprende il precedente Sympathy for Mr. Vengeance e il successivo Sympathy for Lady Vengeance.
Dal punto di vista artistico, il film rappresenta il perfetto equilibrio fra la cupa disperazione del primo episodio e la illuminante timida redenzione del terzo.
Si e' parlato molto di analogie con Tarantino ma e' chiaro che riguardano esclusivamente il tema trattato, ovvero quello della vendetta. In Kill Bill infatti, il sentimento di rivalsa e' solo un pretesto tarantiniano di rielaborare vari generi (wuxia, spaghetti western, spada, ecc..) riproponendoli in chiave post moderna.
Al contrario invece, il nostro Chan-Wook, crea nei personaggi un certo spessore e la stessa rappresentazione della violenza, sottende comunque un significato maggiore, piu' filosofico e morale, mai fine a se stesso.
Tre sono le variabili che si amalgamano fra loro dando spinta e forza al motore della pellicola: Tempo-Ricordo-Mancanza.
Unleashed, anche conosciuto come "Danny The Dog", e' un film di azione del 2005 diretto da Louis Leterrier. La pellicola, la cui colonna sonora e' stata composta dai Massive Attack, e' per certi aspetti simile a Old Boy, anche se non certo allo stesso livello di originalita'. Ci sono le arti marziali, combattimenti a mani nude o con armi di vario genere, ci sono i buoni e i cattivi, niente di nuovo. E poi c'e' Danny.
Danny (Jet Li) e' un giovane uomo cinese, che sin da piccolo e' stato trattato e allevato esattamente come fosse un cane.
Il padrone e' un piccolo boss criminale, lo zio Bart (Bob Hoskins). Estremamente passivo, Danny indossa un collare, non parla, dorme in una gabbia metallica e obbedisce agli ordini a testa bassa. Ma quando gli viene tolto il collare, diventa una furia imbattibile. Lo zio Bart lo usa per estorcere soldi a vari negozianti, finche' un giorno Danny viene notato da un signore, che propone allo zio Bart di farlo combattere di fronte ad un pubblico. Danny sembra essere perfetto e gia' lo zio Bart intravede la possibilita' di arricchirsi, quando hanno un "incidente" e Danny si ritrova libero.
Nel 1931, mentre Tod Browning partoriva Dracula e James Whale stringeva l'ultimo chiodo in testa a Frankenstein, Fritz Lang dava l'immortalita' al suo capolavoro M - Il Mostro Di Dusseldorf.
Gia', di questi tempi e' ben difficile portarvi indietro a gustar un film stravecchio, in bianco e nero, lo ben so.. ma se sgomberate le vostre teste marce dai pregiudizi, avrete l'occasione di esser testimoni di un pezzo della storia del cinema.
Chissenefotte eh?! Nessuno, quindi zitti e leggete.
Quando si parla di titoli famosi, ci si trova a far salamelecchi cosi', in automatico, ma quelli son film di straordinario successo, opere grandiose cheannoi...nonciriguardano!
Noi parliamo di un altro capolavoro, il nostro, quello di nicchia, il capolavoro dei reietti, sisi, parlo di noi...
Un assassino pedofilo terrorizza la citta' di Dusseldorf uccidendo bambine innocenti; niente di nuovo all'ordine del giorno, vero? Gia', se non fosse che il film di Lang e' un'opera di straordinaria attualita' sì, ma che offre un'approfondita riflessione su temi difficili come la pena di morte e la condizione dell'uomo.
Stoic e' un film che vince, da subito, tanto nelle premesse quanto nello sviluppo, lontano da retoriche, paternali, cazzi e mazzi.
E' la merda, lo sputo e il vomito umano che si ingeriscono cosi' come sono, crudi e forti; un marchio a fuoco rovente che ci mostra come l'uomo possa diventare (ma lo e' gia') l'animale piu' reietto e disgustoso che esista.
E' cosi', poche storie, fa parte della sua (nostra) natura, inutile girarci intorno.
Quattro mura, fredde pareti di una cella, quattro uomini, una scommessa stupida ed ecco aprirsi le porte dell'inferno.
Nessuno spazio all'immaginazione...PEM! Tutto sbattuto a sangue freddo in faccia, tutto quello che immaginiamo possa accadere in quella situazione e con tali premesse, bhe accade.
Disturbante in alcuni momenti, realmente difficile da digerire, questo lungometraggio alterna la confessione del trio di carnefici con i flash-back degli eventi.
Nessun compiacimento, solo umiliazioni e violenze ripugnanti in modo insostenibile; chi e' l'artefice di tutto cio'? Lui, Boll.
Kurokurokurokuro. Kuroche??? Kurosawa!
Ahhh, come mi piace L'Akira, giagia', non v'e' che dire, Lui e' decisamente il Maestro, uno specialista dei bassifondi innamorato dei contrasti e degli estremi.
Anatomia Di Un Rapimento e' considerato il piu' americano tra i film del Sommo, senz'altro uno dei lavori meno comuni della sua filmografia (siamo nel 1963).
"Tengoku To Jigoku" ovvero "Fra Paradiso E Inferno", ecco il titolo originale del film (che prende ispirazione dal romanzo di McBain).
La trama narra di uno studente (Tsutomu Yamazaki) che erroneamente rapisce il figlio dell'autista del noto imprenditore di un calzaturificio (la National Shoes), Kingo Gondo (Toshiro Mifune), invece del suo.
Gondo, e' un industriale emerso dalla gavetta e dopo anni di sacrifici sta per realizzare il sogno di una vita: l'acquisto di un pacchetto azionario che gli permettera' di assicurarsi la maggioranza nella sua societa' neutralizzando cosi' le manovre di alcuni azionisti che vorrebbero lanciare sul mercato dei modelli scadenti.
Never let me go, 120 minuti per la regia di Mark Romanek, e' un film in chiave tragico-romantica su come l'etica in medicina, in particolare sul ricambio di organi, possa portare a un panorama distopico, disturbante per l'attuale visione occidentale dei diritti umani.
Diviso in tre parti, il film percorre la storia e la crescita di tre ragazzi: Kathy, Tommy e Ruth, compagni di classe nella scuola di Hailsham, dove e' ambientata la prima parte. Inutile raccontare nel dettaglio gli avvenimenti che segnano la loro vita: per quanto le relazioni e i sentimenti tra i tre facciano da colonna portante, i temi che rimangono impressi e che segnano il film sono altri.
Come sarebbe la nostra vita se non fossimo padroni di decidere come viverla? Come ci comporteremmo se la societa' non ci considerasse esseri umani pari agli altri, ma semplice carne, pezzi di ricambio? Se venissero ignorati i nostri sentimenti, la nostra umanita', se ci venisse imposto il sacrificio della vita a un'eta' prefissata? Saremmo capaci di ribellarci? Oppure saremmo stati cosi' ben manipolati, cosi' mentalmente plasmati da accettare fin da bambini il nostro destino artificiale?
I coniugi Kate e John Coleman, attendono il terzo figlio. Purtroppo Jessica nasce morta e tutto l'affetto e l'amore riservato alla bimba, dopo il tragico evento, si trasforma in frustrazione e rimpianto per lui e in una crescente forma di depressione per Kate.
La giovane coppia ha gia' altri due figli, la dolce e timida Maxim, sordomuta, e il piu' grandicello Danny.
Il loro legame inizia a vacillare e il matrimonio sembra non reggere il colpo della perdita della neonata entrando cosi' in una crisi da cui e' difficile uscire.
John vede la moglie in un declino depressivo che aumenta di giorno in giorno e dal canto suo Kate, continua a somatizzare la perdita attraverso incubi ed un'angoscia che ne sta minando inesorabilmente la psiche.
I due decidono cosi' di affrontare il problema adottando una bambina su cui riversare le aspettative andate perdute.
Recatisi all'orfanotrofio della citta', la scelta cade su Esther, una bambina graziosissima di nove anni con uno spiccato senso artistico e un'intelligenza al di sopra della media; la rappresentazione della perfezione, anche troppo.
"Il mio nome e' Trevor Reznik e sono magrissimo; tutti mi dicono che se fossi un po' piu' magro non esisterei nemmeno. Lavoro come macchinista in una fabbrica e l'altro giorno ho conosciuto Ivan, un mio nuovo collega...cosi' mi e' sembrato, ma non ne sono piu' tanto sicuro.. dicono che non esiste nessun Ivan. Ho avuto un deja' vu. Qualcosa mi impedisce di dormire da un anno."
Ecco, questa potrebbe essere in pochissime righe la presentazione del protagonista di El Maquinista.
Sapete, quel genere di presentazioni da gruppo di sostegno per malati gravi, o per alcolisti ("Ciao, mi chiamo Bolla e non tocco un goccio da circa 1 settimana"... una cosa cosi', insomma).
Trevor conduce un'esistenza isolata, e' un uomo arrendevole, incredibilmente magro e angosciato.
Non riesce piu' a dormire, da circa un anno e la sua condizione di larva umana lo ha allontanato da una qualsivoglia forma di vita sociale.
L'uomo senza sonno, conduce una vita buia e il tutto precipita quando al lavoro conosce Ivan, un nuovo assunto in fabbrica.
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