Benoit Delepine e Gustave Kervern sono una coppia di registi francesi alla ricerca di una logica antitelevisiva, due persone in cui serpeggia uno spirito anarcoide che loro stessi si divertono a definire anar per evitare politicizzazioni.
Fanno un bel botto cinematografico con l'uscita di Louise-Michel, il loro terzo lungometraggio che battezzano con il nome e cognome di una famosa anarchica francese, Louise Michel appunto.
Donna tutta d'un pezzo fu spedita in esilio dopo aver partecipato alla Comune di Parigi, fervorante organizzatrice di scuole libere per figlie di operaie, combattente e sostenitrice dei diritti delle donne.. 'nzomma, na donna co i controcojoni. Ecco, il film viene battezzato con il suo nome, diventando una piccola fiaccolata anarchica.
E' un po' la storia dei giorni nostri, con crisi economica, carenza di lavoro e licenziamenti a fiato corto. In una fabbrica tessile della Piccardia, regione francese al confine con il Belgio, si respira aria di crisi e di imminenti licenziamenti.
Il padrone, per calmare gli animi delle donne operaie e far credere che la fabbrica vada per il meglio, regala loro, il giorno prima del fallimento, camici nuovi, ognuno con ricamato il proprio nome.
Prick Up Your Ears (in gergo scurrile: "fattelo ficcare nelle orecchie") e' la storia biografica di Joe Orton (1934 Leicester), che nei primi anni '60 conobbe una straordinaria fama come commediografo, ucciso in seguito, dopo sedici anni di convivenza (9 agosto 1967), dal suo compagno e convivente Kenneth Halliwell.
La pellicola si apre con il ritrovamento di due corpi: Orton e Halliwell, nell'agosto del 1967 e si sviluppa a mo' di indagine condotta dal biografo John Lahr (Wallace Shawn) ricostruendo le vicende pubbliche, professionali e private di Orton, messe in scena dal regista Stephen Frears, attraverso una sorta di "flashback" che aggroviglia eventi "giovineschi" del protagonista, al successo nella Londra degli Anni '60.
Interprete del famoso commediografo e' un caparbio, nonche' convincente, Gary Oldman (questo e'uno dei suoi primi ruoli da protagonista); al suo fianco, nella parte di Kenneth Halliwell, spicca Alfred Molina il "benefattore-pigmalione" costretto a stare nell'ombra del successo del suo compagno, pur restandone il vero autore.
Sullo sfondo, Frears traccia un gustoso ritratto dell'allora bigotta e omofoba Inghilterra.
Sette. Sette. Sette. Sette sono i vizi capitali, sette sono le proverbiali vite di un gatto, sette sono gli anni di sfortuna quando si rompe un vetro, sette sono i simboli usati per esprimere i numeri romani, sette sono i chakra, sette furono le piaghe d'Egitto, sette sono le cinture delle arti marziali, sette i sigilli di Bergman, sette le spose e sette i fratelli, sette i samurai di Kurosawa...sette gli episodi di Der TodesKing.
Jorg Buttgereit realizza nel 1989 un film silenzioso, ovattato, meno violento del suo Nekromantik, in cui si parlava di un tema difficile quale la necrofilia, ma non per questo di minor impatto.
Suicidio. Si parla di quel tarlo misterioso che si impossessa delle menti, diventa il Principe della Morte e priva le persone della voglia di vivere.
Niente struttura unitaria per questo lungometraggio; si sviluppa invece a episodi. Sette.
I racconti sono dedicati, ognuno, a un giorno della settimana, da Lunedi' a Domenica. Sette giorni, sette storie, tutte con un unico filo conduttore, la morte.
Durante la mattina di Sabato 17 Maggio 1980 Ian Curtis annulla alcuni appuntamenti con i suoi amici e fa ritorno nella sua casa a Barton Street. Un mese prima il cantante era stato ricoverato in ospedale per un'overdose di farmaci usati per curare la sua epilessia. Quel giorno la moglie Deborah, che aveva gia' avviato le pratiche per il divorzio, si trova al lavoro nel bar dietro il disco pub di Macclesfield e ha lasciato Natalie dai genitori. Ian decide di guardare il film La Ballata Di Stroszek (1977) del suo regista preferito Werner Herzog. Quando Deborah fa ritorno a casa Ian la convince a passare la notte a casa dei suoi genitori. Rimasto da solo ascolta The Idiot di Iggy Pop e scrive una lunga lettera che ha come argomento principale la sua vita cosi' profondamente alienante. Nelle prime ore di domenica 18 Maggio 1980 Ian Curtis si toglie la vita.
...Cancelli di una prigione che si aprono, vengono restituti dopo due anni e mezzo vestiti e oggetti personali, sbrigate le ultime formalita' e le raccomandazioni del direttore...'Stroszek, tieniti alla larga dalle birrerie..'
Una volta uscito di prigione ed essersi catapultato per strada pero', la sua prima tappa e' andare in cielo..Bier Himmel e vi incontra Eva, giovane prostituta.
Spesso succede, che nelle parole dette da qualcun altro, trovi esattamente quello che avresti voluto dire tu ma che invece non riesci ad esprimere; le idee sono ben chiare nella tua mente, ma haime', quelle parole escono cosi' confuse che capisci che stai dicendo qualcosa di diverso.. poi un giorno, ecco!! Senti ripetere lo stesso concetto in un modo migliore e allora ti illumini d'immenso.
Questo e' quello che mi e' successo guardando e facendomi trasportare da: D'Amore Si Vive di Silvano Agosti..(ringraziando sberla che me l'ha fatto conoscere ed apprezzare proponendomene la recensione).
Nel 1984, in quel di Parma e provincia, Agosti realizza una pellicola (di vere testimonianze) di ben nove ore di girato.
Questo reality-documentaristico, all'inizio fu concepito per il tubo catodico, ma risulto', in tutta l'Emilia, alquanto "sconveniente" (alcune scene furono addirittura definite pornografiche..)cosi', anche se non si riusci' a farlo sequestrare, non ebbe mai un gran "successo".
Queste ore di lavoro e di ricerca, durarono due anni e le persone interpellate e ascoltate con grande curiosita', rispetto e stupore, furono poco meno di una cinquantina.
"Chi controlla il passato controlla il futuro... Chi controlla il presente controlla il passato."
Tutti ricorderete che in televisione, nel 2000, quindi ormai ben 10 anni orsono, ebbe un successo sconvolgente ed ambiguo la prima versione de Il Grande Fratello.
Il BIG BROTHER televisivo, cosi' scrivevano a quei tempi i giornalisti sulle principali testate, era il vangelo dell'anti-utopia collettivistica, stracarico di poveri narcotici, angosce e paranoie, ma anche un'amara retorica del martirio dell'individuo.
La rappresentazione piu' celebre di questo pensiero e' lo schermo tv che appare per la prima volta in Tempi Moderni di Chaplin (1936): un operaio si nasconde in un bagno della fabbrica per fumare e viene raggiunto dall'occhio del padrone che lo controlla con una telecamera.
Nel 1994, per un attimo, la vita divento' cinema e il cinema divento' vita...
Nacque Satantango e il padre di questo capolavoro fu Bela Tarr, regista ungherese, che fin dal 1985 aveva voglia di tirar fuori dal cilindro questo bel coniglietto, ma fu impossibilitato a causa della situazione politica che, a quei tempi, imperversava in Ungheria.
Un film non per tutti, vista l'epocale durata (ben SETTE e diconsi SETTE ore e pochi bruscoletti minuti..una trentina..) una delle esperienze cine-fotografica piu' trascendentali mai provate, con effetti presentissimi, anche troppo, un bianco e nero plumbeo e grigiastro (visto che piove per quasi tutto il film e il cielo e' regolarmente triste e stanco) ben miscelata la musica, un film che va sicuramente visto secondo le indicazioni del regista, ovvero in un'unica giornata e con le pause indicate.
Alejandro Jodorowsky e' un pazzoide mezzo russo e mezzo cileno conosciuto per due filmetti niente male come "El Topo" e il piu' famoso "La Montagna Sacra".
Maestro nell'interpretazione dei tarocchi, non poteva che sfornare una pellicola magica e mistica..
Ma a noi, dei filmetti conosciuti, c'importa na sega! (come dice il mio amico Ferretti) nevvero??
Quindi oggi zia Bolla raduna le sue pecorelle, le mette intorno ai suoi piedi e apre il grande libro di "chicche"...scorre scorre scorre e si ferma li', su un titolo che e' tutta una fiaba barocca..."Santa Sangre"...ssshhh.
C'era una volta un ragazzino di nome Fenix, figlio di un lanciatore di coltelli, Orgo, e di una pazza psicolabile adoratrice del sangue di una santa vergine seviziata da due bruti, i quali non riuscendo a scalfire la sua verginita', le avevano tagliato le braccia (da qui il titolo del movie: Santa Sangre).
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